Report incontro col Rettore

Oggi, come Collettivo Universitario Refresh, abbiamo deciso di presentarci in rettorato per ottenere un incontro con il rettore Collini e chiedergli spiegazioni in merito al debito della Provincia nei confronti dell’Ateneo. Come abbiamo appreso anche dai giornali locali infatti la PAT da anni non rispetta il suo ruolo di maggior finanziatore dell’università trentina, come stabilito dal contenuto dell’accordo di Milano e dalla conseguente provincializzazione dell’ateneo. Ciò che più ci premeva capire è come sia possibile che le istituzioni universitarie abbiano potuto accettare il mancato versamento di 200 milioni di euro e abbiano preferito indebitarsi con le banche o andare a toccare i fondi delle borse di merito piuttosto che fare pressioni, chiedendo la restituzione di questi fondi. Ci sorgevano dunque dubbi anche sui fondi utilizzati per finanziare la costruzione della Nuova Biblioteca Centrale alle Albere, sui tagli alle borse di studio e sull’aumento delle tasse universitarie. Per tutti questi motivi quindi oggi ci siamo presentat* in rettorato pretendendo di essere accolt* dal rettore. Vista l’impossibilità del rettore a riceverci sul momento, abbiamo deciso di occupare il cortile per tutta la mattina, provando a creare un momento di discussione e confronto aperto a tutti e tutte, in attesa dell’appuntamento con Collini. Alle 13.00 finalmente siamo riuscit*, grazie alle nostre pressioni, a farci ricevere tutt* nell’ufficio del rettore, al quale abbiamo riportato tutte le nostre perplessità . Siamo riuscit* a rivendicare alcuni diritti per noi fondamentali e a esporre quali sono i problemi che attanagliano la nostra università. Per noi questa giornata è stata solo un primo passo, sicuramente continueremo a tenere monitorata la situazione e continueremo nella nostra mobilitazione. Per continuare a confrontarci su queste tematiche, per noi di primaria importanza, vi invitiamo a partecipare alla nostra assemblea settimanale ogni mercoledì alle 18.00 in atrio di Sociologia.

E’ tempo di RISCATTO! Assemblea pubblica

Vivere l’università al giorno d’oggi significa un sacco di cose. Significa vivere un contesto in cui vieni giudicato solo in base al numero di CFU registrati nel tuo libretto, dalla media dei tuoi voti, da quanti anni sei fuori corso. Significa vivere in un’università vetrina, che mira a raggiungere i primi posti nelle classifiche, all’efficienza, ma che si dimentica degli studenti e delle studentesse che ogni giorno la attraversano. Significa non avere spazi per la socialità, per il dibattito, per l’aggregazione. Significa anche non lasciare spazio al pensiero critico, alle forme di dissenso e di rivendicazione dal basso. Significa vedere la celere che entra nelle biblioteche o nelle facoltà, come a Bologna e a Roma. Ma non serve andare lontano per vedere esempi di questa situazione critica che sta vivendo il mondo universitario. L’ateneo trentino, con la provincializzazione, con le biblioteche in vetro e bambù, con i tagli alle borse di studio, con un debito da parte della Provincia di 200 milioni, con le aule studio chiuse è un chiaro esempio del fatto che gli studenti e le studentesse universitari della nostra generazione non sono minimamente considerati come parte attiva dei propri atenei. Non possiamo di certo accettare che delle guardie giurate entrino in ogni facoltà della città, soprattutto mentre la Provincia ha un debito di 200 milioni con l’ateneo. Vogliamo che i fondi vengano utilizzati per fornire più aule studio, più borse di studio, per garantire una formazione completa, che incentivi il pensiero critico. Non possiamo stare zitt* di fronte alle speculazioni della Provincia, allo sperpero di denaro, non possiamo accettare le istituzioni politiche all’interno del CDA.

Ci siamo interrogat* e confrontat*, anche partecipando a momenti di confronto a livello nazionale, e siamo giunti alla conclusione che siamo la generazione figlia della crisi, stiamo pagando gli errori che non abbiamo commesso, ma trovandoci di fronte a questo scenario possiamo e dobbiamo essere anche la generazione del riscatto, che si assuma la responsabilità di organizzarsi, di creare dissenso, di provare a cambiare lo stato di cose esistente. Abbiamo una grossa responsabilità e non possiamo tapparci gli occhi e non agire in un momento come questo. Vogliamo e, in qualche modo, dobbiamo trovare il modo di rientrare all’interno delle nostre università, riprendercele dal basso e renderle accessibili e aperte a tutti e tutte.

Per tutti i motivi elencati e per interrogarci su come costruire e ottenere il nostro riscatto vi invitiamo a un’assemblea pubblica il 21 marzo alle 18.00 nell’atrio interno di sociologia. Discutiamo insieme sui problemi dell’università di Trento e capiamo come ripartire da noi stess* per costruire dal basso l’università che vogliamo.

ISEE: 23.000 NON possono bastare. Facciamo chiarezza

Le scorse settimane sono state particolarmente dense: le assemblee, i confronti, l’elaborazione di informazioni sempre nuove, le piazze, i blitz, persino la pioggia scrosciante sui nostri cappucci mentre qualcuno si permetteva di brindare ai propri loschi affari con fiumi di Ferrari. Sono ancora giornate dense per noi e lo saranno a lungo. Ma ci prendiamo un momento per mettere i puntini sulle i. Perché la chiarezza è importante, almeno per noi.
Tempo fa, leggendo la delibera provinciale sul cambio da ICEF a ISEE, abbiamo scoperto l’ennesima maglia della trama fasulla tessuta dalla narrativa della Provincia circa questa “riforma”. Accanto all’assicurazione, scritta nero su bianco, che la PAT avrebbe fatto il possibile per garantire il maggior numero di borse di studio possibile, il decreto ministeriale che stabilisce quel limite massimo ISEE utile all’accesso alle borse di studio fissato a 23.000. Come è nostra abitudine, abbiamo condiviso questa informazione rendendo palese la contraddizione (e non è l’unica) in cui la PAT è caduta (e continua a cadere).
Resa pubblica questa notizia, altri gruppi studenteschi che “stanno lavorando per noi” hanno immediatamente rilanciato il nuovo obbiettivo del secolo: quella soglia deve arrivare a 23.000. Come se non fossero già a conoscenza da mesi (visto che da mesi si occupano di nuovo ISEE) di questa opportunità (o forse non lo sapevano davvero… chi osa contraddire la Provincia? Lei sa. Per tutto il resto, c’è solo da allinearsi al pensiero dominante). In questo contesto, la notizia improvvisa, proprio il giorno prima della manifestazione del 17 novembre, della decisione della Ferrari di aumentare la soglia già prevista: da 20.000 a 21.500. Qualche organo di stampa, interpretando male le nostre intenzioni, senza nemmeno interpellarci sulla questione, ha deciso che questa era una vittoria anche per noi. Vittoria conquistata grazie al lavoro di UDU e alle pressioni del Collettivo Refresh.
Ed è qui che scatta la nostra voglia di mettere i famosi puntini sulle i.
Se proprio vogliamo parlare di obbiettivi (visto che, a quanto pare, non si può fare altro in questo momento), 21.500 non sono una vittoria e anche 23.000 non sarebbero abbastanza. Quello che noi vogliamo non assomiglia a “quello che passa il convento” o “il meno peggio”. Lo abbiamo detto più volte: vogliamo tutto. Tutto quello che ci spetta. E dire che “lo studio è un nostro diritto” per noi non include anche “se le condizioni lo permettono e non scombiniamo troppe carte in tavola”. Se lo studio è un diritto, come noi pensiamo che sia, allora tutti e tutte devono avere l’opportunità di accedervi. Questo significa creare le condizioni affinché questo sia possibile. E non è questa la direzione verso cui va il nuovo ISEE. Ribadiamo: per noi questa riforma parla di una università classista, esclusiva, elitaria, a portata di pochi. E fa schifo, detto francamente e fuori dai denti. E fa ancora più schifo se pensiamo a quanti soldi sono stati spesi per la nuova BUC, non una struttura utile per gli/le student*, ma una struttura utile alla Provincia per rimediare ad un flop finanziario epocale che fa storcere nasi e stomaci a molta gente. In questo quadro, denunciare che la Ferrari, UDU e compagnia bella ci prendono in giro ha per noi un senso diverso da quello vertenziale. Significa certamente fare controinformazione. Significa anche, e soprattutto, svelare quelle contraddizioni del nostro sistema-università che è bene avere chiare in mente.
Ci permettiamo ancora uno slancio di chiarezza, questa volta sui metodi. Perché è vero che è importante dove vuoi arrivare, ma il come fa la differenza molte volte.
Non siamo quelli che si presentano dicendo “abbi fiducia in me. Cagami una volta l’anno e per il resto ci penso io”. Eh no. Perché se ci sono delle questioni che riguardano tutti e tutte allora noi vogliamo prendere parola, vogliamo discuterne, vogliamo prendere posizione. Insieme. Non siamo quelli che utilizzano un gruppo universitario per fare carriera politica: per noi l’università non è gavetta verso un futuro che porterà a chissà quale poltrona promessa dal PD o dalla CGIL (o CL, o Fratelli d’Italia, o qualsiasi sia il padrino politico che sta dietro ad un, apparentemente sterile, logo studentesco). L’università è quello che ci caratterizza come studenti e studentesse, è il punto che troviamo in comune nelle mille specificità che caratterizzano le nostre assemblee. Viviamo questo nostro ambiente a 360°: le lezioni, gli esami, lo studio, ma anche l’informazione, la coscienza critica, il confronto, immaginari che si creano nelle nostre teste, la voglia di renderli reali. E questo lo facciamo incontrandoci settimanalmente o più in spazi aperti, accessibili, nelle nostre facoltà. Parliamo, tanto. Proviamo a trovare quadre comuni. Comunichiamo con l’esterno, anche se la gente non vuole ascoltarci. L’assemblea per tanti sarà una pratica a tratti noiosa, ma questo siamo. Quando scendiamo in piazza quello che facciamo lo facciamo insieme. Non vedrete mai delle delegazioni staccarsi da un corteo o alcuni di noi a andare a cena col Rettore per discutere di cose che poi, solo per metà, verranno riportate indietro. Se vengono raccontate. Se qualcuno vuole dialogare con noi, Ferrari, Collini, Rossi compresi, che vengano loro dagli studenti e dalle studentesse. Quello che hanno da dire possiamo sentirlo tutte e tutti, senza esclusioni.
Ancora una volta ribadiamo: è ormai palese che Università, Provincia, le stesse associazioni studentesche come UDU fanno parte di uno stesso sistema, un sistema che si siede a grossi tavoli e preferisce un pareggio di bilancio o una vittoria da rivendersi in campagna elettorale rispetto a quello che è giusto. Tipo finanziare le borse di studio. Tipo rendere l’università un posto accessibile ed aperto. Certi sistemi sono formati e alimentati anche da chi si presenta come amico/a, o addirittura come “granello nell’ingranaggio” pronto a far saltare tutto il sistema. Qualsiasi cosa faccia parte di un sistema il cui obbiettivo è un’università classista, esclusiva e per pochi/e non ci sta simpatico/a. Anzi, è proprio nostro/a nemico/a.

Cacciat* dall’inaugurazione della nuova biblioteca

Oggi si è svolta in pompa magna l’inaugurazione della nuova Biblioteca Universitaria Centrale (BUC), situata nel quartiere delle Albere. A questa inaugurazione erano presenti le più alte cariche d’ateneo e della Provincia, persino l’archistar Renzo Piano.
Un grande evento dunque, spacciato come un momento di incontro tra la città e l’università. Tant’è che l’ingresso era aperto a tutti, comunità universitaria e cittadina, “fino a che la capienza dell’edificio lo consente” recita la locandina dell’evento. E di capienza questa mattina ce n’era abbastanza anche per noi, che siamo entrati all’interno della biblioteca per assistere alla cerimonia di inaugurazione. Assistere, certo. Ma non solo. Perché di cose da dire ne avevamo tante e avremmo anche voluto farlo se non fossimo stati immediatamente strattonat* e buttat* fuori, scortat* dalla polizia, non appena abbiamo lanciato dei soldi finti e dei coriandoli, per dimostrare la nostra contrarietà all’opera. E mentre dentro il rettore Collini e il Presidente della Provincia Rossi presentavano la BUC come un regalo che la Provincia ha generosamente fatto all’università e alla città, noi eravamo fuori, sotto la pioggia, e venivamo identificat* dalla polizia.
A quanto pare, in questo ateneo così fintamente aperto al confronto, non c’è spazio per chi ha un’opinione diversa da quella dominante. Perché per noi quella biblioteca non è un “regalo” della PAT, ma una speculazione economico-politica. Speculazione che riguarda un quartiere che ancora oggi è mezzo deserto, di una Provincia e dei suoi amici e amichetti che rischiano di perderci un sacco di soldi investiti, di un’Università utilizzata strumentalmente dalla PAT per cercare di “riempire” il quartiere fantasma della Albere, facendole spendere 75 milioni di euro per una biblioteca che aveva progettato altrove, con costi più bassi e persino più grande. Questo il regalo della PAT. Questi gli effetti della provincializzazione dell’Ateneo. E che non si stupisca nessuno se non ce ne stiamo zitti e buoni a guardare finte inaugurazioni (infatti la BUC non aprirà prima di dicembre perché… mancano dei bagni!). Perché se da un lato c’è una Provincia che spende 75 milioni di euro per un biblioteca utile a sanare solo i suoi investimenti sbagliati, dall’altra c’è la stessa Provincia che taglia le borse di studio. E questo non può starci bene. Cosa ce ne facciamo di una biblioteca all’avanguardia, in un quartiere moderno, se poi ci tolgono le borse di studio? Chi ci studierà lì dentro? I pochi eletti che potranno permettersi di studiare a Trento senza borsa?
Questa mattina sono state svelate molte carte. Perché dopo oggi non si potrà dire che Trento è un ateneo aperto al confronto, un’isola felice, un buon esempio per le altre università. Perché oggi degli studenti e delle studentesse sono stat* buttat* fuori da un luogo che, almeno in teoria, a loro appartiene. Perché oggi si sono viste le conseguenze che paga chi non è allineato al pensiero unico, dominante, prodotto nelle stanze del rettorato, dell’assessorato all’istruzione, della provincia: polizia, identificazioni, censura. Delle scene tremende di questa mattina dovranno prendersene la responsabilità in molti. Primo fra tutti il rettore Collini, che manda avanti la polizia a buttare fuori e sbarrare l’accesso di un luogo universitario a gli studenti e alle studentesse che dovrebbero animarlo e viverlo.
Non hanno voluto ascoltarci oggi, ma dovranno farlo molto presto perché non siamo dispost* a fermarci qui. Abbiamo iniziato questo percorso di #sgancialaborsa e abbiamo tutte le intenzioni di portarlo avanti.

Rilanciamo infatti un’assemblea pubblica a sociologia il 24 novembre alle 18.00 per parlare e organizzarci con tutt* gli studenti e le studentesse che vogliono lottare con noi per il diritto allo studio!

#17N: vogliamo tutto… fino all’ultima borsa!

Oggi, 17 novembre, giornata internazionale del diritto allo studio, abbiamo deciso di mobilitarci anche a Trento. I motivi per cui siamo scesi in piazza in questa giornata dal significato importante sono legati principalmente ai tagli introdotti sul nostro diritto allo studio dalla Provincia Autonoma di Trento (PAT). Recentemente infatti è stata approvata dalla PAT una “riforma” che introduce il nuovo ISEE come criterio di assegnazione per alloggi e borse di studio. La narrazione messa a punto dall’assessora Ferrari, consiglieri provinciali e alcune rappresentanze studentesche ha parlato della riforma con toni entusiastici, presentandola come un mezzo per aumentare gli importi delle stesse borse. Ma se è vero che tali importi aumenteranno, è soprattutto vero che il numero delle borse erogate diminuirà. Il cambio di questi parametri comporterà infatti una riduzione drastica del numero degli idonei alle borse di studio: secondo i calcoli della stessa Provincia, i beneficiari diminuiranno di più di un terzo rispetto gli anni scorsi. A tale narrazione si è poi aggiunta la notizia di un investimento di un milione di euro in più della PAT sul diritto allo studio. In realtà, l’Opera Universitaria l’anno scorso aveva previsto una riduzione di più di due milioni di euro per l’erogazione di borse di studio a seguito di una sensibile riduzione dei finanziamenti della PAT allo stesso ente. Un milione di euro in più genericamente investiti in diritto allo studio non solo non saneranno il buco di più di due milioni di euro previsti, ma servirà solo a finanziare meno borse di studio anche se più “pesanti”. La stessa decisione presa a poche ore dalla manifestazione odierna, cioè quella di aumentare da 20.000 euro a 21.500 la soglia massima per accedere alle borse di studio fa parte di questa narrazione assolutamente falsa e strumentale. Quello che infatti continua a tacere l’assessora Ferrari è che il MIUR consente agli atenei di estendere la soglia massima per accedere alle borse di studio fino a 23.000. Questa decisione sembra quindi avere un valore più strumentale che sostanziale: un tentativo di spegnere i focolai di dissenso che si stanno accendendo attorno alla questione dell’ISEE, o forse quello di favorire certe rappresentanze studentesche amiche che affrontano proprio in questi giorni l’ennesima campagna elettorale in ateneo.

La manifestazione di oggi ha avuto l’intenzione di scoprire le carte che PAT, rappresentanze studentesche, Opera Universitaria e Ateneo vorrebbero non mostrare, con silenzi imbarazzanti e narrative fasulle. La manifestazione, quindi, partita con un presidio davanti lettere, si è poi trasformata in un corteo per le vie centrali della città, fino ad arrivare sotto il palazzo della Provincia in Piazza Dante. Qui, sono stati lasciati all’entrata dei sacchi a simboleggiare i soldi tagliati alle borse di studio e gli sprechi perpetrati dalla Provincia a danno della componente studentesca. Con questo, ci riferiamo soprattutto alla Biblioteca delle Albere, che verrà inaugurata a breve. Biblioteca questa costata più di 70 milioni di euro e imposta dalla PAT all’Università, nel tentativo di dare linfa vitale ad un quartiere come quello delle Albere, che oltre ad essere disabitato si è rivelato un vero e proprio flop economico.

Con questa manifestazione quindi abbiamo voluto dimostrare che esiste all’interno dell’Ateneo trentino una parte della componente studentesca che non è disposta ad accettare passivamente delle decisioni prese in palazzi troppo lontani dalle aule universitarie, che è stanca di dover subire e pagare prezzi troppo alti per le politiche economiche e gli investimenti sbagliati della PAT.

La giornata di oggi ci ha riempiti di soddisfazioni: da tanto gli studenti e le studentesse dell’università di questa città non scendevano in piazza. Vogliamo però che sia chiaro che non finisce qui. Vogliamo tutto, tutto. Fino all’ultima borsa, fino all’ultimo diritto negato, senza se e senza ma.

Per questo invitiamo tutte e tutti mercoledì 24 novembre, alle 18.00 in assemblea a Sociologia, in modo da continuare questa mobilitazione che non abbiamo intenzione di smettere così presto.

#sgancialaborsa verso il 17N – blitz all’Opera Universitaria

Dall’inizio del semestre come studenti e studentesse dell’Università di Trento ci stiamo INFORMANDO, CONFRONTANDO E ORGANIZZANDO sul tema della riforma del diritto allo studio. Ci siamo ritrovati a smascherare le menzogne propinate mezzo stampa dalla Provincia Autonoma di Trento & co., riassumibili in pochi punti:

  • Il passaggio dall’ICEF al nuovo ISEE aumenterà gli importi minimi e massimi delle borse di studio ma abbatterà sensibilmente in numero degli aventi diritto alla borsa di studio (circa un terzo in meno rispetto agli attuali aventi diritto), come ammesso sottovoce dalla stessa PAT;
  • Non è vero che si è fatto il possibile per garantire il maggior numero di borse, poiché secondo i limiti stabiliti dal D.M. 174 del 23 marzo 2016 il limite massimo per usufruire di borsa di studio stabilito dalla delibera provinciale 1765 del 7/10/2016 (reddito non superiore ai 20.000 euro) potrebbe essere aumentato di altri 3.000 euro, permettendo ad altri studenti di poter ricevere una borsa di studio;
  • La Provincia investirà un milione di euro in più per finanziare meno borse di studio, ma l’Opera Universitaria l’anno scorso già prevedeva più di due milioni di euro di tagli per l’erogazione di borse di studio.

Questi punti ci parlano di una riforma e un piano politico che mirano a tagliare gli aventi diritto alle borse di studio ma anche a tagliare sensibilmente le risorse finanziarie per le stesse borse. Eppure i SOLDI ci sono, sebbene vengano spesi male. La nuova Biblioteca Centrale delle Albere, che verrà inaugurata a breve, è uno degli esempi di speculazione politico-economica della Provincia Autonomia di Trento che si ripercuote pesantemente sull’Ateneo trentitno. A giorni infatti aprirà una biblioteca più piccola rispetto alle esigenze dell’Università, che complessivamente è costata circa 70 milioni di euro.

L’assessora all’Università Ferrari e i politici locali vorrebbero trasformare l’università in un’istituzione formativa elitaria, classista, accessibile solo a coloro che hanno propri mezzi economici per farlo. Noi al contrario vogliamo che l’università continui ad essere un luogo di accessibile a tutt*, indipendentemente dal reddito familiare.

Abbiamo quindi deciso di intraprendere un percorso DAL BASSO, poiché siamo fermamente convint* che solo in questo modo la VOCE DEGLI STUDENTI può essere ascoltata senza filtri, senza giochini o compromessi. Una delle prime tappe di questo percorso ci porta oggi agli uffici dell’Opera Universitaria, ente preposto alla tutela per il diritto allo studio universitario, che non ha proferito parola in questi mesi di grossi sconvolgimenti. Ente che, in barba a tutte le normative sull’amministrazione trasparente, a quasi un anno dalla sua approvazione non ha ancora reso pubblico il suo bilancio 2016. Ente che col suo assordante silenzio si è reso complice della Provincia Autonoma di Trento di questa riforma che taglia il nostro diritto allo studio.

Dopo oggi, CONTINUEREMO AD ANDARE sotto i palazzi dove sono state prese queste decisioni sulla nostra pelle e nelle nostre tasche. Rilanciamo quindi la manifestazione di GIOVEDI’ 17 NOVEMBRE, organizzata in occasione della GIORNATA INTERNAZIONALE DEGLI STUDENTI, con ritrovo alle ore 09:30 DAVANTI ALLA FACOLTA’ DI LETTERE!

ANDIAMO A RECLAMARE I NOSTRI DIRITTI E DIMOSTRIAMO CHE NON SIAMO DISPOSTI A VEDERLI TAGLIATI E CALPESTATI.