Festival della Famiglia a Sociologia: sui fatti del 29/11

Il 28 novembre a Trento è iniziato il Festival della Famiglia che, arrivato all’undicesima edizione, si è contraddistinto, soprattutto negli ultimi anni, come cavallo di troia per il mondo dei pro-vita, o meglio anti-scelta, family day e della destra ultracattolica. Un festival che dietro alla celebrazione delle politiche di incentivo alla natalità, promosse dalla Provincia Autonoma di Trento, ha sempre nascosto – più o meno velatamente – discorsi misogini e contro la comunità LGBTQIA+. Tra questi non possiamo dimenticare la partecipazione dell’ex ministro della famiglia, e attuale presidente della camera Lorenzo Fontana, e del senatore leghista Simone Pillon, la quale è sempre stata duramente contestata dalle realtà di movimento trentine.

 

 

Martedì 29 novembre, il Festival della Famiglia è entrato per la prima volta nell’Università di Trento, nel dipartimento di Sociologia, ospitando – cosa che, purtroppo, non ci sorprende più – esponenti politici e associazioni della destra-cattolica e legate ai movimenti pro-vita.

Appena saputo dell’organizzazione del convegno, moltissimə studentə, ricercatorə e dottorandə di tutta l’università hanno iniziato a organizzarsi spontaneamente per contestarlo con un messaggio chiaro: “Fuori pro-vita, razzisti e sessisti dalle università”.
Così, a seguito di un diffuso e capillare passaparola, un centinaio di studentə si sono riunitə spontaneamente nell’atrio in contemporanea allo svolgimento della conferenza, in modo da poter far sentire la propria voce contro i presupposti sessisti, razzisti, anti abortisti e queer fobici che stanno alla base di questo Festival.

La conferenza di ieri ha portato direttamente all’interno del dipartimento delle dubbie personalità a discutere della “crisi demografica del popolo italiano”, utilizzando strumentalmente la cornice di Sociologia e la presenza della prof. Agnese Vitali – professoressa del dipartimento ed esperta di demografia – per dare una parvenza di scientificità alle idee reazionarie dei 5 relatori . Tra questi ricordiamo lo statistico Roberto Volpi, sostenitore della superiorità della coppia eterosessuale e del concetto di sostituzione etnica, autore del libro “Gli ultimi italiani: come si estingue un popolo”; Alfredo Caltabiano, presidente dell’associazione Famiglie Numerose, sostenitore dell’”italia del terzo figlio”; il giornalista di Famiglia Cristiana, Alberto Laggia, che più volte si è esposto a favore dei movimenti pro-vita. E tra i saluti istituzionali l’Assessora Rosolen e l’Assessora Segnana, pioniere della difesa dei bambini dalla famigerata “teoria gender” e vicine alle idee del family day, con annesso antiabortismo. Quest’ultime, forse per “motivi di ordine pubblico”, non si sono presentate al convegno.

 

Appena ritrovatesi in atrio interno, a pochi passi dall’aula della conferenza, lə studentə si sono espressə con interventi contrari alle idee promosse dal festival, sviscerando le retoriche intrinsecamente retrograde e violente di concetti come quello di famiglia tradizionale o di crisi demografica del “popolo italiano”. I diversi interventi hanno decostruito i diversi aspetti di questo tipo di retoriche, così come la necessità di rompere i modelli cis-etero-patriarcali che stanno alla base del concetto di famiglia (al singolare) tradizionale.

 

L’organizzazione della conferenza all’interno del dipartimento dimostra ancora una volta l’inferenza della Provincia a trazione leghista all’interno dell’Ateneo trentino, minando la supposta indipendenza che questo dovrebbe avere. Ma non ci sorprende che le mani di chi risiede nel palazzo di piazza Dante arrivino dove vogliono. Follow the money. Ricordiamo inoltre come l’assessora leghista Segnana si sia sempre contraddistinta nel promulgare le sue illuminanti posizioni: come l’opposizione alla presunta Teoria Gender che indottrina i poveri pargoli trentini, oppure l’abolizione per sua mano dei corsi all’educazione all’identità di genere nelle scuole, così come il suo coinvolgimento e sostegno al mondo antiabortista ultracattolico.

L’organizzazione del convegno da parte della PAT a sociologia fa ancora più sorridere per il fatto che sia stato organizzato pochi giorni dopo la conferenza Gender R-evolution, che ha visto centinaia di ricercatorə e attivistə confluire a sociologia e che ha generato tanta indignazione dagli amici di lunga data della Lega, con la paranoica “protesta” (non sappiamo nemmeno come definirla) di Casapound. La PAT e il rettorato, hanno così calpestato la dignità e il lavoro dellə moltə ricercatorə  che si impegnano quotidianamente per combattere questo tipo di idee tossiche, presenti nel mondo politico come nell’accademia.
Inoltre si è sottolineato come il festival della famiglia sia stato patrocinato dall’ordine degli assistenti sociali trentini, a dimostrazione della “neutralità” del suddetto ordine.

Gli interventi sono continuati decostruendo la narrazione della crisi demografica fatta propria dal festival. Infatti, come dimostrano i lavori del relatore Roberto Volpi, tutta la conferenza si è basata su dei presupposti razzisti e paranoici riguardo la presunta scomparsa del “popolo italiano”. Questo si traduce in una propaganda nazionalista e anti-migratoria, nonchè in un confinamento delle donne al ruolo di madri gestanti e nell’oggettificazione del loro corpo come sforna figli per la nazione. Questa narrazione sulla crisi demografica nasconde dietro di sè le problematiche più ampie e profonde di questa situazione, come le disuguaglianze economiche e di genere (vedi gender gap, generation gap), come l’assenza di un vero sistema di welfare, non solo per le famiglie, ma per tutte le persone impoverite da 40 anni di politiche classiste liberali.
L’elefante nella stanza, mai citato nel corso della conferenza, è quello della crisi ecologica e climatica, la cui causa risiede proprio nell’idea di crescita continua, economica, produttiva, e infine anche demografica, in quanto il capitalismo vede i corpi delle donne come fonte ri-produttiva di forza lavoro.

Interessante far notare come nel corso della protesta abbiamo riscontrato la solidarietà, sia dellə lavoratorə dell’università (docenti, dottorandə, personale di segreteria) sia di chi lavorava ai banchetti della conferenza, mostrando ancora più fortemente come la PAT e il Rettorato, imponendo questo evento, abbiano calpestato il pensiero e la pubblica decenza dei più.

Nel corso della protesta le lavoratrici dei banchetti hanno abbandonato le loro postazioni, lasciando i gadget della conferenza a nostra completa disposizione. Così la copia di famiglia cristiana, le borse di tela del festival, gli opuscoli della PAT, da mero materiale di propaganda sono divenuti oggetti a disposizione della creatività dei più: fogli su cui disegnare, aeroplanini di carta, coriandoli, palle da lanciare, in un meraviglioso momento di liberazione creatrice.

 

Se inizialmente la porta dell’aula kessler era stata chiusa per non permettere l’entrata allə contestatorə, successivamente è arrivato l’invito dei relatori del convegno a farci parlare dentro l’aula, cosa che è accaduta verso la fine della conferenza, dove alcunə  (non tuttə se la son sentita di sentire le baggianate dei relatori né di legittimare la loro presenza) sono entratə – riempiendo lì sì, effettivamente, l’aula – per fare un intervento al microfono.

Il nostro intervento ha riscosso molto successo tra la platea, nonostante ancora prima che avessimo la possibilità di parlare siamo statə interrottə più volte dai relatori. Tra questi c’è stato chi mentre parlavamo leggeva il giornale per poi andarsene subito dopo, chi, messo davanti a posizioni espresse in passato, ha negato tenacemente le proprie posizioni (quando basta una veloce ricerca su internet per capire le idee di questa gente) e chi si è infervorato di rabbia blaterando e urlando frasi senza senso logico.

Martedì eravamo marea. Non ci fermeremo finchè la nostra Università sarà veramente uno spazio di sapere critico e libero, in cui creare spazi di rottura e non il contenitore per la promulgazione di idee e dello status quo; finchè la promozione di studi di genere e politiche di inclusione smetterà di essere una bella copertina, sotto cui celare la vera natura reazionaria dell’Ateneo. Martedì si è dato un segnale forte a chi pensa che lə studentə accettino passivamente che la loro università diventi una passere   lla per leghisti, ultracattolici, razzisti, pro-vita e fascisti di ogni genere.

 

Doveva essere una triste conferenza, l’abbiamo trasformata in un’insurrezione gioiosa.

 

Collettivo Universitario Refresh

 

 

Ora, Sempre…

“Le Marie antoniette che volevano il fascista come scimmietta in gabbia da mostrare al popolino per distrarlo, sono rimaste sopraffatte e ampiamente superate dal loro stesso giocattolo, dal mostro che hanno creato. In questo senso, gli sproloqui allarmati e liberali perdono tutta la loro ragion d’essere. il fascismo non è il contrario della democrazia ma ne è l’intimo complemento. i cosidetti giovani sovranisti non sono che l’espressione ultima e compiuta, di una torsione esplicitamente autoritaria della macchina statale, tutto a vantaggio del libero mercato”

(Aurora dice…)

 

Se ci guardiamo intorno è facile farsi prendere dallo sconforto, dalla volontà di lasciar perdere, o ancor più di ritirarsi ad uno stoico snobismo verso le classi che 40 anni fa riempivano le nostre fila. Tuttavia lo sappiamo e lo dobbiamo tenere bene a mente: qui ci vogliono distruggere. Padroni, politici e fascisti bramano la nostra messa a tacere forse più di quanto noi bramiamo la loro. Il revisionismo storico non è contingente, ma organico, il suo obiettivo è chiaro. E noialtri? Abbiamo un’idea del nostro obiettivo? di chi sono i nostri nemici, i nostri oppressori? Per far fronte ad un fascismo istituzionale e diffuso, solubilizzato all’interno del senso comune, abbiamo bisogno di farci noi stessi organizzati, obiettivi. Per questo abbiamo deciso di chiederci chi è l’oppressore che oggi siamo destinati a combattere: porsi le domande giuste può portare a traguardi ben lontani dal nostro orizzonte.

Ce lo siamo chiesti per ricordare ancora a noi stessi quei motivi che ci spingono a rifiutare ciò che ci circonda, quell’inquietudine che non ci permettere di guardare fino alla fine un telegiornale per la rabbia che c’assale. Quelle verità etiche che sentiamo dentro e che sono in assoluto disaccordo con l’esistente: come gli ideali della Resistenza. L’odio per i prepotenti e non l’esaltazione della forza, la ribellione di chi non ce la fa più contrapposta ad una vita di soprusi, la cura degli altri piuttosto che l’indifferenza, il “si parte e si torna insieme” invece della competizione. Tutto ciò è totalmente incompatibile col mondo di merda che ci troviamo a vivere ogni giorno e contro cui lottiamo. Perchè in fondo, ciò che si dice è vero, noi lottiamo contro il mondo ma anche contro noi stessi, contro quella parte di barbarie quotidiana che si è incarnata in noi e che riproduciamo nei nostri modi di vita. 

Lottiamo, come ci è solito fare, ognuno secondo le proprie modalità, insistentemente, a volte disorganizzati e stanchi, rifiutando, calpestando il terreno in cui vorrebbero tumularci. Determinati sì, a volte con rabbia, eppure ne siamo certi, mai mossi da odio, ma da amore. 

Nell’estate del 1944 l’area di confine tra le province di Belluno, Bolzano e Trento fu contraddistinta da un’intensa attività partigiana.  e, soprattutto, la sicurezza dei cantieri che di lì a poco avrebbero avviato i poderosi lavori di costruzione della Blaue linie. L’offensiva partigiana fu presto perseguita delle autorità militari nazifasciste: dall’agosto all’ottobre 1944, si susseguì una serie di operazioni antipartigiane volte a reprimere l’insorgenza dei «ribelli» e a riportare sotto Le azioni di guerriglia, con attacchi, imboscate e sabotaggi, intraprese dai partigiani delle formazioni veneto-trentine misero in crisi il sistema di comunicazione tedesco. Dopo aver colpito una prima volta il Battaglione Gherlenda (Brigata Garibaldi Gramsci) in settembre, le forze tedesche e gli uomini del Secondo Battaglione CST (Corpo di sicurezza del Trentino) guidati dal capitano delle SS Karl Julius Hegenbart condussero, tra l’8 e il 12 ottobre 1944, un altro rastrellamento. All’operazione parteciparono non meno di 500 uomini. In tutta l’area, furono rastrellate circa 140 persone, poi arruolate nei cantieri della Todt di Pergine e Trento. Durante l’azione, i militari catturarono Clorinda Menguzzato, partigiana di 18 anni conosciuta con il nome di battaglia Veglia. La giovane fu seviziata, violentata dai militi del CST  e uccisa, il suo corpo abbandonato lungo la strada in direzione di Pieve Tesino l’11 ottobre, come monito per tutta la cittadinanza. 

Qualche mese dopo, nel febbraio 1945, venne uccisa dai Nazisti una compagna di Veglia della Brigata Garibaldi Gramsci, Ancilla Marighetto. La partigiana Trentina conosciuta come Ora, anche lei di 18 anni, venne fucilata brutalmente dai nazifascisti , insieme ai suoi compagni e alle sue compagne, presso Castel Tesino.  Ora, insieme al resto del gruppo, venne catturata durante un agguato delle truppe naziste capitanate da Hegenbart, e uccisa, dopo essere stata torturata nel castello del Buonconsiglio, poiché aveva risposto con il silenzio alle domande del capitano sull’organizzazione delle truppe partigiane. 

Ora e Veglia pagarono con la vita il loro coraggio, il loro non voler abbassare la testa dinanzi alle barbarie nazifasciste. 

Il loro carnefice Karl Julius Hegenbart  venne condannato all’ergastolo, senza tuttavia scontare nemmeno un giorno della sua pena in quanto non fu mai estradato dall’Austria, dove morì nel 1990, al termine di un’esistenza vissuta nel segno della vigliaccheria.  

 

Abbiamo deciso di raccontare i sacrifici di Ora e Veglia perchè la loro è la storia di due giovanissime donne che decisero di parteggiare per la causa della resistenza, perchè credevano in un modo migliore. Perché con il loro coraggio hanno deciso di non abbassare la testa dinanzi alle barbarie nazifasciste. Perchè hanno deciso di stare dalla parte giusta della storia. 

Ma anche perché i loro carnefici sono rimasti impuniti per i crimini efferati  dei quali si sono macchiati. Perché da una parte la Repubblica Italiana istituiva la festa della liberazione e portava avanti la memoria di una resistenza deconfluttualizzata nelle sue istanze più radicali e pacificata, dall’altra ha perseguito i partigiani e le partigiane compagni e compagne di Ora e Veglia. Mentre veniva concessa l’amnistia per chi massacrava civili inermi che non si erano voluti piegare all’oppressione fascista, venivano reinserite negli ambienti di potere le elite economiche complici del fascismo. Mentre con il codice penale fascista veniva perseguit* chi lottava per l’uguaglianza, venivano riciclati  i “camerati” per compiere stragi contro le rivendicazioni studentesche e operaie.

E oggi ci troviamo a dover sentire da politicanti, pseudogiornalisti e pseudostorici, che valgono meno di un capello di chi combatteva per la libertà, attuare un revisionismo storico che mette sullo stesso piano gli oppressi e gli oppressori. Dobbiamo sorbirci il teatrino della celebrazione delle vittime delle foibe, in cui cameratini di casapound, protetti dai loro amici della polizia, provano a riabilitarsi e uscire dalle fogne in cui la storia gli aveva confinati. Ancor più abietto (e perdente) è l’utilizzo strumentale, da parte della sinistra, di un antifascismo da salotto, tenuto buono come spauracchio contro i sovranisti brutti e cattivi e da sbandierare in campagna elettorale o durante le commemorazioni istituzionali.

Questo avviene perché la memoria della Resistenza e degli ideali che animavano partigiane e partigiani fanno ancora paura ai padroni e ai governanti. La potenza del popolo insorto, costruita con pazienza, tenacia e tempismo storico, che si libera degli oppressori va ricordata e studiata. Ma non per celebrarla come un feticcio museale, ma per decidere da che parte stare, per essere ogni giorno partigiani. Per vivificarla come vivi sono i legami, le emozioni, i rapporti nelle lotte di resistenza. 

E quindi viva la Resistenza e viva i partigiani e le partigiane. Che ci liberi quello stesso vento dai fascisti e dai liberali che gli fanno da portieri. Dai servi e dai padroni. Che liberi la vita.

Ora e sempre.

 

DALL’ALTRA PARTE DELLA BARRICATA. La nostra versione dei fatti.

Abbiamo visto Biloslavo scuro in volto frignare tramite i soliti giornalacci che gli danno spazio. Abbiamo visto ragazze e ragazzi sbraitare a vuoto, per qualcosa che sapevano sarebbe accaduto da diversi giorni. Abbiamo visto le varie magnificenze universitarie andare in tilt e colpire l’aria. L’importante, come al solito, è non rimetterci la faccia, a qualsiasi prezzo.
Invece abbiamo visto bei faccioni sorridenti cadere in mille cocci. E noi non siamo l’aria, siamo il vento che la agita.
Essere tirat* in ballo, a noi che piace ballare, ci fa solo piacere. Ma il nostro ballo si fa per le strade, all’aria aperta. Dove la vista è completamente diversa lontano dalle luci del vostro palcoscenico.
Ogni commento alle parole di Biloslavo è vano. Non parliamo con i fascisti. E lui fascista lo è: nella retorica, nella biografia, nel “lavoro”. Come ci conferma l’ondata di solidarietà nazionale provenuta della galassia neofascista Italiana, dalla Meloni a La Russa passando per il nostro caro assessore Bisesti. Il suo frignare sul giornale fondato da uno, Montanelli, che è partito con le truppe fasciste a conquistare l’Etiopia (madamato e schiave pre-adolescenti incluse) ci fa solo salire il vomito. Nel caso vorrà (o verrà invitato a) ritornare a sociologia ci troverà più compatt* e determinat* di prima nella nostra protesta.

Ci teniamo poi a ribadire ancora una volta chi e che cosa sia il Collettivo Universitario Refresh, visto che in questi ultimi giorni ne abbiamo lette e sentite tante. Il CUR è un collettivo composto esclusivamente da studenti e studentesse dell’università, ci identifichiamo nei valori dell’antifascismo, dell’antirazzismo e dell’antisessismo e crediamo nella pratica dell’autogestione e dell’auto-organizzazione. Utilizziamo il metodo assembleare orizzontale per prendere tutte le nostre decisioni (assemblee che sono pubbliche e aperte a tutt* gli e le student*), e tutto ciò che facciamo parte dal nostro libero pensiero, il quale la maggior parte delle volte si pone in modo critico e dissidente. Partendo da questi presupposti per noi è stato necessario diffondere le nostre criticità nei confronti di Fausto Biloslavo, per far riflettere tutta la componente studentesca su ciò che significa antifascismo oggi.

Quanto a UDU, non siamo intenzionat* a misurarci son il vostro complesso del sono-abbastanza-a-sinistra. Non ci interessa. Avete dimostrato, ancora una volta, di essere l’appendice arrossata del sistema che noi vogliamo abbattere. L’antifascismo è una pratica che non appartiene alla bandiere. Siamo antidemocratic*? Forse. La nostra democrazia non appartiene a questo grigiore decrepito. Si basa su altre idee e al fascismo, in quanto negazione di essa, non è permesso entrare. Quando, causa di un giramento di testa, guarderete oltre la luce del palcoscenico, vedrete le nostre differenze. E capirete che siamo dall’altra parte della barricata.

L’ANTIFASCISMO E’ PRATICA QUOTIDIANA. NO AI FASCISTI IN UNIVERSITA’!

In queste settimane si sta tenendo in università la kermesse di incontri “gli occhi della guerra” organizzata da UDU Trento. Portiamo all’attenzione il secondo incontro del ciclo: “L’Odissea libica – Fra il conflitto civile, i lager e la disperazione dei migranti” che il 15 Ottobre in aula Kessler avrebbe dovuto avere come relatori i giornalisti Fausto Biloslavo e Francesco Floris.

Qual è il problema? Direte voi.
Fausto Biloslavo è un ex militante di Fronte della gioventù, gruppo giovanile del partito fascista dell’MSI dell’ex gerarca della repubblica di Salò Giorgio Almirante. Idee che, come risulta dalle sue “opere” e dalle sue uscite pubbliche, non ha mai rinnegato.
Biloslavo ha infatti diverse pubblicazioni per le case editrici fasciste Ferro Gallico e Altaforte, legata a doppio filo a Casa Pound. Biloslavo risulta essere tra gli pseudo-storici revisionisti sui fatti dell’espansione dell’Italia fascista nei balcani e la successiva cacciata da parte delle truppe partigiane. In questo modo egli ha contribuito alla soffocante narrazione degli “italiani brava gente” sui crimini atroci commessi dalle truppe fasciste in Slovenia ribaltando la dialettica oppressi-oppressori e appiattendo la storia sui fatti quantomeno oscuri riguardanti le foibe. Non a caso è uno dei più grandi sostenitori del film revisionista “Rosso istria”.
Pare inoltre sia avvezzo a frequentare i peggiori personaggi della politica veronese. Qualche mese fa lo ritroviamo a sedere in un incontro a fianco di Andrea Bacciga, consigliere comunale divenuto celebre alle cronache per aver eseguito il saluto romano in comune durante la protesta di Non una di Meno contro l’approvazione della delibera antiabortista “Verona città della vita”.
Questo in aggiunta alle molteplici dichiarazioni contro l’operato delle ong che agiscono nel mediterraneo.

Riteniamo inaccettabile che questi personaggi siano invitati dentro l’università. E’ ancora più inaccettabile che associazioni studentesche che si riempiono la bocca di retorica antifascista gli stendano il tappeto rosso. Adesso che la sbornia antifascista causata dall’antisalvinismo pare sia giunta al termine (peccato che i due decreti sicurezza siano ancora lì) è necessario prendere posizione: nessuna agibilità ai fascisti nelle città!
Il fascismo è la negazione di tutte le libertà, è la cementificazione del potere costituito: misogninia, razzismo, trans-omo-lesbonegatività e classismo. E da questo paese non se n’è mai andato via. Esso continua ad esistere nelle idee, nelle politiche, nei media. Accettare – o favorire- la presenza del fascismo, e di persone che si richiamano ad esso nelle sue varie forme, significa assecondare le infiltrazioni culturali di esso nella nostra società. Ed in un periodo storico come questo, in cui il revival nero lotta per essere egemone, non essere partigiani è complicità. Invitare queste persone in dibattiti pubblici mascherando la realtà tramite il format mediatico “parte e controparte” è illusione. Perché è questo format che ha permesso alle idee fasciste di trovarsi uno spazio nel dibattito pubblico, è questo format, sul quale da anni si appiattisce la politica, che sta contribuendo alla sua lacerazione.
Noi non lasceremo che i fascisti si prendano ulteriore spazio!

 

 

Abbiamo lanciato un presidio universitario per contestare la presenza di Biloslavo in Università e grazie alla nostra determinazione insieme a quella di student* antifascist* l’incontro è stato annullato poche ore prima dell’inizio. 

Il dissenso non si sgombera. Riflessioni sui fatti del 22 marzo.

Ieri alle 18.00 presso sala Belli della provincia, su iniziativa dell’assessore all’istruzione Mirko Bisesti e dell’assessore alle politiche sociali Segnana, si è svolto un incontro dal titolo “Donne e Uomini, solo stereotipi di genere o bellezza della differenza?”
Come studenti e studentesse dell’università di Trento abbiamo deciso di partecipare all’incontro perché aperto al pubblico e secondo noi privo di qualsiasi validità scientifica.
I relatori erano Emiliano Lambiase, psicologo clinico e psicoterapeuta che ha collaborato più volte con l’avvocato Amato (uno dei più ferventi animatori del movimento “anti gender” co-organizzatore del family day e fondatore di “Giuristi per la vita”) Maristella Paiar avvocata e consigliera nazionale di “Giuristi per la vita” e Maria Cristina del Poggetto, medico-chirurgo specializzata in psichiatria, autrice di diversi articoli per la rivista Notizie Pro-vita (antiabortisti, difensori della famiglia tradizionale).
Un incontro “militante” di partito organizzato all’interno del palazzo della Provincia, che arriva dopo i tagli ai corsi di educazione al genere nelle scuole e una settimana prima del “world congress of families”, congresso che ospiterà a Verona diversi personaggi della destra ultra-cattolica e reazionaria.
Un convegno politico ideologico e privo di confronto a cui la cittadinanza non ha potuto partecipare.

Dalle 17.00 infatti si è riunito un gruppo di persone di fronte al Palazzo per entrare ed esporre il proprio dissenso, cosa che non è potuta accadere a causa della selezione effettuata all’ingresso, per la quale non è stata data nessuna giustificazione se non la scusante del numero limitato di posti. Un convegno che sarebbe dovuto essere pubblico, per lo più patrocinato dall’assessorato alla cultura e alle pari opportunità, si è rivelato essere una discussione antiscientifica avvenuta tra un pubblico di intim* e selezionat* in cui la voce critica è rimasta tagliata fuori.
Un insieme di soggettività critiche, costituite da studenti e studentesse (anche minorenni), insegnati, ricercatori, ricercatrici e società civile si sono ritrovate, quindi, di fronte alla chiusura totale delle istituzioni e hanno deciso di non rimanere in silenzio. E’ stato infatti occupato il corridoio del palazzo della provincia (che ricordiamo pubblico di tutti e di tutte) per chiedere spiegazioni rispetto a quanto stava succedendo. Consapevoli della vergogna che accadeva di fronte ai nostri occhi, si è improvvisato un presidio durante il quale sono susseguiti diversi interventi e sono stati intonati cori di protesta, mentre un numero spropositato di forse dell’ordine in tenuta antisommossa raggiungeva il presidio auto-organizzatosi nei corridoi. Ad un certo punto, davanti agli occhi increduli di molti e di molte, la polizia ha risposto al dissenso caricando senza preavviso le persone costrette fuori dalla sala. La risposta ai nostri contenuti è stata la forza e la repressione attraverso l’impiego delle forze del disordine che hanno illegittimamente e violentemente spinto fuori chi chiedeva a gran voce una spiegazione e un confronto (tra le quali anzian*, minori e una donna incinta) nella totale incapacità di gestire la situazione che la stessa polizia ha generato.

Nel trambusto creatosi in seguito alla carica, durante la quale molte persone sono rimaste contuse e cinque ferite, sono state trattenute circa trenta persone all’interno dell’edificio, delle quali, nonostante le nostre pressioni, per un lungo periodo di tempo non si hanno avuto notizie. In seguito siamo stati informat* di diversi abusi da parte della polizia, tra le quali molestie e insulti sessisti rivolti ad una studentessa minorenne. Una volta rilasciate si è andato a creare spontaneamente un nuovo presidio di fronte alla provincia, durante il quale si ha avuto modo di realizzare quanto accaduto, dando vita a ulteriori interventi e momenti di confronto. Nonostante il visibile shock emotivo delle persone caricate, sottolineiamo il vergognoso comportamento delle forze dell’ordine che non hanno nemmeno avuto la decenza di nascondere la loro soddisfazione per quanto accaduto e ci indigniamo per le indecenti provocazioni del consigliere comunale Cia, che ha insultato i manifestanti dando loro dei “Democratici di merda”, e per il comportamento del ragazzino che si improvvisa assessore, Mirko Bisesti, il quale ha avuto la faccia tosta di accusare i manifestanti di essere “nazisti rossi” e, non contento, si è permesso l’inaccettabile provocazione di uscire col sorriso, scortato dalla polizia, causando un’ulteriore carica.

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Per noi ciò che è successo ieri è inaccettabile e intollerabile sia per i contenuti fascisti e autoreferenziali dell’incontro, sia per la pericolosa e imprevedibile gestione dell’ordine pubblico.
A questo punto riteniamo necessario e urgente auto-convocarci in assemblea per discutere collettivamente dei fatti gravissimi successi ieri e di come reagire di fronte a tanta arroganza.
Vogliono dividerci e spaventarci, rispondiamo alzando la testa senza farci intimidire. Se pensano che una carica di polizia, carabinieri e guardia di finanza possa fermare i nostri corpi ribelli si sbagliano, noi rimaniamo ai nostri posti sempre più determinat*.

Vi aspettiamo tutti e tutte a Sociologia martedì 26/03/2019 alle ore 18.00
Loro si barricano dentro le stanze noi ne parliamo alla luce del sole.
Siamo nel giusto, consapevol* che la vera differenza la fanno i corpi che resistono!