Sull’ipocrisia dei destroidi riguardo la Trap

Se le polemiche che hanno scaturito intorno al Festival di Sanremo di sicuro non sono (fortunatamente, aggiungo io) al centro dell’interesse della mia generazione, dall’altra mi sento di poter aggiungere alcune cose riguardo la particolare polemica suscitata intorno al brano di Achille Lauro “Rolls Royce”. E questo per il semplice motivo che Achille Lauro e il suo producer Boss Dooms li conosco e li seguo da anni. Ma soprattutto conosco bene il substrato (sub)culturale dal quale sono emersi e cresciuti, fin da quando Boss Dooms era un semplice DJ dubstep dell’CS Brancaleone e Achille Lauro uno dei tanti sconosciuti MC di una crew di coatti di Roma.

La (sub)cultura a cui facevo riferimento pocanzi, è lo stesso substrato da cui è emersa tutta la nuova scuola Trap italiana, da Bello Figo fino a Young Signorino, passando per Ghali e Sfera Ebbasta. Non a caso mi sento di accostare le ultime polemiche sanremesi a quelle un po’ meno recenti intorno a Sfera, dopo il tragico incidente nel locale dove si sarebbe dovuto esibire.

È proprio sull’atteggiamento “scandalizzato” di un certo giornalismo e di una certa classe politica (principalmente di destra) che vorrei concentrarmi.

La strage della discoteca aveva fatto puntare i riflettori sui testi di Sfera e sembrava che fino ad allora i genitori fossero stati completamente sordi rispetto ai testi delle canzoni di cui i loro giovani figli vanno matti e improvvisamente, dopo la tragedia, si fossero decisi a scandagliarli e analizzarli. Ed ecco scoperchiato il vaso di Pandora: “i nostri figli ascoltano musica senza valori, in cui si parla liberamente o addirittura con esaltazione di consumo di droga e sesso disordinato!”

È vero. Peccato che non sia questa la vera novità tematica introdotta dalla Trap. La vera cifra tematica ricorrente, in praticamente ogni pezzo Trap, è l’esaltazione del denaro e del consumo (droga e sesso sono solo due sottoinsiemi del maxi insieme dell’edonismo consumistico).

Temi quali la droga, soldi e sesso, trattati con schietto realismo, sono stati introdotti nel rap (soprattutto un certo tipo, il “gangster rap”) da alcuni decenni, ma tutto ciò veniva considerato, in primis dagli stessi rapper, come qualcosa di contro-culturale, in una scena musicale mainstream egemonizzata dal “sole cuore amore”.

Oggi i trapper, che sono praticamente tutti della generazione 90s, cresciuti nel crogiuolo del berlusconismo, trattano gli stessi temi con la stessa schiettezza dei gangster rapper, ma pretendendo al contempo – e riuscendoci! – ad essere mainstream.

Tutto ciò è perfettamente logico se si concorda con me sul fatto che l’ideologia di questi trapper (non tutti, ma la stragrande maggioranza di quelli che hanno fatto successo) non è affatto antitetica a quella dominante, anzi! Droga, soldi e sesso sono, ribadisco, aspetti inclusi nel generale edonismo consumista nichilisteggiante che caratterizza l’odierna cultura del liberismo globale.

Se infatti pensassi che l’intenzione dei trapper fosse effettivamente quella di “dare scandalo”, allora questo articolo non l’avrei scritto e avrei usato il termine “controcultura” invece di “subcultura”. Ma se si trattasse controcultura in aperto contrasto con quella mainstream allora come spiegare il fatto che praticamente tutti, tra i trapper, non solo non si sottraggono all’integrazione nei circuiti mainstream dello spettacolo (come si addice a un ribelle), ma addirittura (l’integrazione) la richiedono esplicitamente?! Bello Figo, DPG, Sfera Ebbasta, Achille Lauro, Young Signorino e co., non si son mai fatti mancare l’occasione di partecipare ai programmi classici della Televisione italiana e non hanno mai espresso nessuna intenzione – se non di rottura – nemmeno accennatamene di critica alla società. Dunque laddove i vecchi democristiani vedono un affronto alla cultura italiana, gli stessi autori non la riconoscono.

Questo è dovuto – a mio avviso – a un semplicissimo equivoco: i destroidi ci credono stupidi (o meglio, ci vorrebbero stupidi). Pretendono in poche parole che la nostra generazione, cresciuta lungo il ventennio berlusconiano, possa ancora “bersi” la favoletta dei “Vecchi valori”. Parafrasando, pretendono che noi crediamo ancora al fatto che Berlusconi fosse convinto che Ruby fosse la nipote di Mubarak e che le sue cene si svolgessero in modo sobrio ed elegante. Ma la stragrande maggioranza degli italiani non ha bisogno di queste frottole, per il semplice fatto che dei “vecchi valori” non sa più che farsene. I giovani questo non solo l’hanno capito, ma lo vivono nella loro quotidianità, a differenza dei loro genitori, che spesso vivono costretti dalle gabbie dell’ipocrisia morale. Lo hanno sempre vissuto, essendo nati in quel degli anni ‘90, esaltati da tutti i narratori mainstream come gli anni della fine delle “ideologie”. E se i trapper, di questa “fine delle ideologie”, ne fanno la loro unica vera bandiera, i loro testi sembrano dire tutti all’unisono: “Silvio, noi ti amiamo per quello che sei. Puttaniere, manigoldo e senza scrupoli”. È questo atteggiamento semplicemente sincero, più che i valori che ne sono alla basa, a sconvolgere i destroidi. Alle accuse di essere “cattivi educatori”, i trapper non possono che rispondere con un incredulo “ma come? La pensiamo esattamente come i nostri genitori, solo lo stile espressivo è diverso”.

Eppure di tale novità stilistica apportata dai testi trap non ne ha parlato quasi nessuno, se non Morgan, in un simpatico articolo diviso in tre parti sul suo blog, che accosta Achille Lauro al dadaismo (cosa che io scherzosamente facevo già 4 anni fa, ma vabbè).

Ma senza aprire una parentesi di critica estetica, concludo il mio ragionamento riguardo ai temi, arrivando dunque alla questione “più fresca”.

Achille Lauro, come Sfera Ebbasta, si fa portavoce dell’ideologia della “non-ideologia” (in realtà, i marxisti come me sanno che “non-ideologia” è sempre un sinonimo scorretto di “ideologia dominante”, che in questo caso è l’individualismo consumistico) muovendosi su un terreno neutro, trasversale: quello della sfera della (direi da psicologo) “decisionalità” individuale. La sua “Rolls Royce” è un inno al coraggio, alla grinta di chi si mette in moto, contro la routine della vita mediocre per una vita alla rincorsa dei propri sogni. “Che grande novità!” – esclamerei se mi trovassi negli Stati Uniti di inizio anni ‘40. Ma ormai con il mercato del lavoro “flessibilizzato”, la non-monotonia è più una condizione obbligata che una scelta individuale.

Al di là di questo, per concludere appunto sul trend topic: se canale 5 ha attaccato Achille Lauro non è certo perché la canzone rischiava di portare i giovani sulla “cattiva strada” della droga. La droga non c’entra, di per sé, perché anche loro sanno bene che se si facesse un test antidroga all’entrata del Festival resterebbero praticamente solo Baglioni e Arisa. Semmai è la mancanza di ipocrisia con il quale Achille Lauro aveva trattato in passato la tematica della droga (sul quale tra l’altro ha ritrattato nelle ultimissime interviste). Ma come dicevo prima i trapper e i giovani in generale non comprendono proprio la necessità di mascherarsi dietro a un dito. Perché sono più svegli dei loro nonni e meno ipocriti dei loro genitori. I vecchi poltronieri televisivi di questo Paese dovrebbero prendere esempio da questi brani se vogliono cominciare ad occuparsi di una piaga sociale come la droga in modo serio, guardandone alle cause con atteggiamento medico anziché moralisteggiante.

Ma quello che essi davvero non riescono a tollerare è di vedere sé stessi smascherati, spogliati delle loro ipocrisie. Quello che gli ha fatto rodere il culo è in generale l’esaltazione senza maschere e quasi ingenua dei mezzi “scorretti” per arrivare al successo o almeno al godimento. Pretendevano che mentre i miti televisivi si vantavano di quanti soldi avessero guadagnato in modo facilissimo, il popolino continuasse a osservare ossequiosamente il valore del lavoro “per bene”, dei soldi “guadagnati onestamente”, della “famiglia tradizionale” e de’ “la salute prima di tutto”.

Purtroppo per loro, le contraddizioni esplodono da sole, e ai bordi delle strade di tutte le periferie italiane chiunque può riuscire ad ascoltare tredicenni che cantano appassionati versi come i seguenti:

“Gonfia sto pacco di soldi – sì come un gommista / Come un culturista / Non sono inglese / Dentro una cartina ho un abete / Dovevo stare in galera e invece / Volevo avere…” (Achille Lauro – Ulalala feat. Gemitaiz (Prod. Boss Doms).

 

di MC