Solidarietà agli/lle student* marocchin* in lotta!

Pochi giorni fa abbiamo appreso la notizia della volontà da parte del governo marocchino di confiscare la sede dell’UNEM, l’Unione Nazionale degli Studenti Marocchini, per trasferirla nelle mani del Ministero della Gioventù e dello Sport. L’UNEM è il sindacato del dissenso studentesco di sinistra marocchino e dal 1956, anno della sua fondazione, è obiettivo di continui episodi di repressione governativa: nel 1973 infatti l’organizzazione viene dichiarata illegale e vietata, i suoi membri vengono arrestati. Il livello di repressione è cresciuto negli anni: i militanti di questa associazione sindacale hanno subito numerosi arresti, torture e misure cautelari. Non a caso gli studenti dell’UNEM stanno portando avanti le loro politiche in maniera frammentaria, sfruttando strutture e spazi provvisori all’interno delle facoltà, senza la possibilità di darsi una struttura unitaria a livello nazionale.
La decisione della confisca della sede dell’UNEM è stata vista dagli studenti marocchini come l’ennesimo tentativo di limitare la loro libertà e i loro diritti. La maggior parte delle forze studentesche di sinistra hanno espresso il loro dissenso in merito a questo fatto e si sono schierati dalla parte dell’Unione Nazionale degli Studenti Marocchini.
Questa mossa si inserisce in un sistema, quello marocchino, dove sorveglianza e militarizzazione si insidiano all’interno degli atenei, dove gli studenti sono bersaglio di repressione e limitazione della libertà di espressione. Un sistema fatto di privazione dei diritti minimi: arresti, torture, misure cautelari a livello penale contro ragazzi e ragazze il cui unico “crimine” è quello di alzare la testa per rivendicare un’istruzione e un’università libera e accessibile, sono all’ordine del giorno.
La risposta che viene data in seguito alla confisca della sede dell’UNEM è una manifestazione lanciata, in occasione del 60esimo anniversario dalla fondazione del sindacato studentesco, il 25 dicembre a Rabat.
Come Collettivo Refresh da anni ci battiamo per un’università che sia libera, aperta al sapere critico  e accessibile a tutt*. Un’ università dove i diritti vengono garantiti e dove gli studenti e le studentesse possano essere liber* di ritrovarsi in assemblea, di manifestare il dissenso, di organizzarsi e confrontarsi.
Per questo sottoscriviamo l’appello in solidarietà ai compagni e delle compagne marocchin*, che il 25 Dicembre scenderanno nelle strade e nelle piazze per chiedere al governo la liberazione dei loro compagn* incarcerati e la fine delle misure repressive di cui sono vittime da ormai troppo tempo.

Qui il link dell’appello da firmare: http://www.ipetitions.com/petition/solidarity-with-the-moroccan-students-union

In calce l’appello di lancio della manifestazione tradotto in Italiano:

Ai Ministri degli Interni, dell’Istruzione e al ministro della Gioventù e dello Sport marocchini.
I sottoscritti scrivono, in quanto sindacalisti e studenti, per dichiarare il nostro supporto a sindacati liberi, e associazioni studentesche indipendenti e per la libertà di riunione come principio universale. Siamo molto preoccupati per il tentativo del Governo Marocchino di imporre il controllo statale sull’Associazione Studentesca marocchina, compreso il sequestro della loro sede per sottoporla al controllo del Ministero per la Gioventù e lo Sport.
Esprimiamo la nostra solidarietà alla mobilitazione prevista per il 25 Dicembre e chiediamo al Governo marocchino il riilascio gli studenti incarcerati per protestepiù che legittime  e la fine  delle misure repressive e legali intraprese nei confronti dei sindacati e dei corpi studenteschi.

La solidarietà a chi la merita

In questi giorni tutti si stringono attorno ad uno degli esponenti della lista Atreju, “vittima” di una scritta su una delle porte dei bagni del Dipartimento di Sociologia. Persino il Direttore del Dipartimento, prof. Sciortino, ha inoltrato una lettera alle studentesse e agli studenti di Sociologia per condannare l’episodio e fare appello ad un modo di fare politica in cui lo scambio di vedute sia, sebbene accesso, comunque democratico.
È quanto meno interessante vedere come, nel giro di poche ore, tale esponente sia diventato l’agnellino di turno da difendere. Sì, perché la persona presa oggi di mira, è la stessa che fa parte di Atreju Trento, una lista studentesca vicina, anzi vicinissima, a Fratelli d’Italia e a quei bravi ragazzi di Casa Pound. Attori politici ,questi,che della mancanza di dialogo e della violenza fisica hanno fatto una pratica, per dare spazio all’omofobia, al razzismo e al pregiudizio di basso stampo fascista.
E a proposito di fascismi, nelle ultime settimane è stato proprio questa stesso esponente di Atreju a chiedere al Consiglio di Dipartimento di inserire all’interno dell’agenda una discussione sull’aula autogestita del Dipartimento, aula che a suo dire andrebbe chiusa all’istante.
La richiesta della chiusura immediata di uno spazio di aggregazione e socializzazione certamente non può essere che condannata da noi, soprattutto se questo tipo di spazio si trova all’interno di un’università. Infatti, da studentesse e studenti universitari viviamo ogni giorni un sistema universitario fortemente competitivo, frenetico, che rende spesso gli studenti dei “cavalli da corsa” incapaci di socializzare, riflettere, aggregarsi e creare comunità. Uno spazio autogestito, luogo di socializzazione per tante e tanti, può essere uno dei modi per rompere quella quotidianità universitaria che ci vuole produttivi a tutti i costi. Per noi gli spazi sociali autogestiti sono dunque importanti.
Mentre tutti sono concentrati a rendere questo rappresentate di Atreju quello che non è, una specie di povera vittima che può essere salvata solo dal buon senso e da un modo di fare politica democratico e ragionevole, a noi piacerebbe che il focus della discussione si spostasse sulla presenza di un gruppo fin troppo vicino alla destra fascista all’interno dell’università. Anche perché, con molta franchezza, ragionare su una scritta su una porta certamente non è far politica e certamente non ci interessa più di tanto.
Da parte nostra quindi non può arrivare nessuna solidarietà per questa persone non solo perché non condividiamo né mai potremmo condividere la sua politica, ma anche perché, con tutta onestà, ci sono ben altre cose di cui discutere all’università e sul mondo della formazione più in generale.

Contro ogni sgombero, 10 100 1.000 occupazioni!

In questa mattinata di mercoledì 13 maggio, esattamente a 3 giorni dalle elezioni che hanno riconfermato a sindaco di Trento l’esponente del PD Andreatta, è avvenuto lo sgombero dell’Assillo Occupato, un’esperienza di occupazione iniziata poco più di un mese fa e che ha visto la liberazione dal degrado di uno spazio rimasto inutilizzato, ed altrimenti destinato a rimanere in tale stato, per diversi anni.

Il fatto che lo sgombero, acclamato sia dagli esponenti del centro-sinistra, usciti vincitori dalle recentissime comunali, che dalla destra, in particolare da Fugatti che lo osanna come il trionfo del cosiddetto “effetto Lega” a Trento, sia avvenuto così a ridosso delle elezioni la dice lunga sul tipo di amministrazione che la giunta appena insediata intende seguire. E’ evidente infatti che la campagna di “lotta al degrado” che vuole essere perpetrata va nella direzione opposta a quella che il buon senso suggerirebbe, a partire innanzitutto dalla demonizzazione e mutazione della parola stessa “degrado”. Come collettivo Refresh vogliamo ribadire, per l’ennesima volta, che il degrado, in una città come Trento, non è certo rappresentato dalla rivitalizzazione di uno stabile abbandonato attraverso un’occupazione, la quale ha il solo scopo di restituirlo alla città e di farlo appunto rivivere, ma è piuttosto l’abbandono di decine e decine di immobili simili, che sono soggetti essi stessi e fonte di vero degrado. Basti pensare al recente tragico episodio che ha visto la morte di Rauf nell’ex mensa santa chiara, occupata più di una volta dal collettivo Refresh per denunciarne il totale stato di abbandono in cui versava, e versa tutt’oggi.

Per questi motivi riteniamo che la riappropriazione degli spazi abbandonati in città non solo sia giusta ma sia anche essenziale, infatti è questo uno dei modi più concreti ed immediati per riuscire concretamente a fare politica genuina e dal basso. L’autogestione di luoghi pubblici che sono stati abbandonati per diversi motivi, che solitamente sono imputabili più a mancanza di convenienza ed interesse che alla mancanza di disponibilità nella gestione degli stessi, consistente nella cooperazione e nell’organizzazione collettiva tra i singoli, è la risposta logica alle politiche che ci vuole vedere sempre più competitivi e disorganizzati.

Contro ogni sgombero, 10 100 1000 occupazioni!