Solidarietà agli antifascisti e alle antifasciste roman@!

A pochi giorni dalla manifestazione del 25 marzo, in cui all’incirca 150 compagn* di diverse regioni furono sequestrat* dalle forze dell’ordine, la mattina del 30 marzo la Questura di Roma ha riacceso la macchina repressiva. Ieri mattina un’operazione di polizia ha colpito 13 compagne e compagni antifascist*, elargendo 9 obblighi di firma giornalieri e 4 arresti domiciliari. Cotanta generosità da parte della Questura si deve ai fatti relativi al corteo CASAPOUND NOT WELCOME avvenuta il 21 maggio 2016. In quella giornata migliaia di persone scesero in piazza per opporsi con coraggio e determinazione alla sfilata dei fascisti di Casapound Italia e di altri gruppi neofascisti giunti da tutta Europa.

In quella giornata Roma vide il dispiegamento di un ingente apparato di polizia che non solo ha permesso a Casapound di portare i suoi contenuti razzisti e xenofobi nella più totale tranquillità, ma che ha anche protetto le continue provocazioni della feccia fascista che hanno costellato tutto il percorso del corteo antifascista. L’unica colpa dei compagni e delle compagne antifascist* è stata quella di essersi autodifes* respingendo le provocazioni al mittente affermando in modo limpido e inequivocabile che i fascisti, di qualsiasi colore, forma o provenienza essi siano, non possono circolare impunemente per le strade.

A chi è stato colpito da queste misure repressive va tutta la nostra solidarietà e complicità. Noi, come Collettivo Universitario Refresh, rigettiamo la logica secondo la quale è illegittimo contestare un’organizzazione dichiaratamente fascista per il semplice fatto che si presenti al teatrino delle elezioni. Noi non siamo disposti a lasciare che organizzazioni di questo genere possano parlare ed esistere liberamente siano all’interno o all’esterno dell’università. Nonostante il periodo storico che viviamo veda la concessione di sempre maggiore spazio a forze fasciste, razziste e xenofobe per noi vale ancora la promessa contenuta nello slogan “fascisti carogne tornate nelle fogne” e faremo di tutto perché ciò avvenga. L’antifascismo non si arresta

LIBER* TUTT*, LIBER* SUBITO

Con i territori che resistono: solidarietà ai NoTAP

In questi giorni in Puglia , vicino San Foca, si sta consumando una violenza inaudita su un territorio e la sua intera popolazione. È infatti proprio a San Foca e nei territori limitrofi che dovrebbe passare una parte del TAP (Trans Adriatic Pipeline), mega condotto di gas, in parte sotterraneo, che dal Mar Caspio dovrebbe portare il gas in Europa. Le ragioni dei comitati notap che si oppongono alla grande opera, sono varie e riguardano vari temi, da quelli ambientali a quelli più strettamente economici.
In questi giorni, nonostante l’assenza delle perizie ambientali richieste, le ruspe della ditta incaricata di iniziare i lavori sono state scortate dalla polizia per sradicare centinaia di ulivi, in modo da liberare il campo per i lavori di costruzione del condotto. Student@, lavorat@, contadin@ e persino i sindaci della zona hanno provato ad impedire alle ruspe di entrare nelle terre preposte all’opera. I presidio però è stato violentemente strattonato e anche manganellato dalla polizia, che ha così permesso alle ruspe di iniziare lo sradicamento.
In quanto student@ riteniamo anche nostra la responsabilità di prendere posizione. Ci schieriamo contro chi devasta e saccheggia i territori per proprio profitto, ci schieriamo contro un modello di sviluppo che svilisce le bellezze naturali, ci schieriamo contro la logica dello sfruttamento delle risorse a tutti i costi. Stiamo dalla parte dei salentini e delle salentine, che hanno e continuano a mostrarci la forza di un corpo collettivo che si prende cura dei propri territori. Le barricate costruite questa notte atte a bloccare i lavori ci dimostrano che resistere è possibile, nonostante la bruta violenza poliziesca.
NO TAP, SIAMO CON VOI!

#25M: solidarietà ai/alle fermat@

Oggi in occasione del 60 anniversario dalla firma dei Trattati di Roma è successo e sta succedendo qualcosa di incredibile. Questa mattina compagni/e, sces* per portare un’idea diversa di Europa, lontana da quell’Europa delle banche, dei fili spinati, dell’austerity e dei muri a cui siamo abituat*, sono stat* perquisit*, portat* in questura e trattenut* per ore senza nessun motivo. Già a inizio giornata si sarebbe potuto intuire il forte clima di repressione che si poteva respirare nella capitale: sono stati infatti dati 7 fogli di via ad alcun* attivist* già arrivat* a Roma. Successivamente 150 persone provenienti da tutta Italia sono state fermate su pullman e auto e dirottate nella questura di Tor Cervara, impedendo la loro partecipazione al corteo, con la scusa di una semplice procedura di identificazione. Non da ultimo, il corteo autorizzato nel centro di Roma è stato fermato e accerchiato dalle forze dell’ordine e non ha potuto concludere il corteo nel luogo previsto e concordato. Quello che è successo oggi è un fatto gravissimo perchè si sono andati a chiudere spazi di democrazia fondamentali, quali la libertà di manifestare e di scendere in piazza, sulla base di qualche felpa con il cappuccio e di alcuni k-way. Oggi a Roma è stato dato un segnale chiaro: quello di non poter manifestare, di non poter esprimere dissenso liberamente, nei confronti dei capi di stato e di governo, i quali negli ultimi anni sono stati i principali colpevoli dell’impoverimento e della crisi che stiamo vivendo, soprattutto chi come noi fa parte di quella che abbiamo chiamato la generazione del riscatto.
Esprimiamo dunque la nostra solidarietà ai/alle compagni/e provenienti dal Nord-Est, da Torino, dalla Toscana e dalle Marche, ma esprimiamo anche la nostra rabbia per la privazione di democrazia alla quale abbiamo dovuto assistere in questa giornata.

#roadtobelgrado – terzo giorno


Riportiamo ancora oggi un breve report del terzo giorno a 
Belgrado dei compagni e delle compagne.


Oggi abbiamo passato tutta la mattina al campo. Abbiamo finito di ripulire e scavare le canalette per la zona doccia iniziate ieri. Abbiamo poi passato la pittura impermeabile sul fondo di cemento. Finiti i lavori al campo abbiamo deciso di spostarci da Belgrado.
Col furgone abbiamo raggiunto Subotica, una città qualche centinaio di chilometri più a nord di Belgrado. Subotica è una città abbastanza importante perché relativamente vicina al confine ungherese (circa 10 km di distanza) e dunque zona di passaggio per i migranti che provano a superare il confine con l’Ungheria. Sempre utilizzando i fondi di One Bridge to Idomeni, abbiamo portato in città diversi litri di latte e salviettine. Infatti, in città ci sono diversi gruppi di volontari e volontarie che distribuiscono “beni” di necessità a quei migranti che si fermano o passano da Subotica prima di provare ad attraversare il confine.
Purtroppo siamo arrivat@ a Subotica verso le 20.00, con scarsa luce a disposizione. La nostra intenzione era quella di andare proprio verso il confine, per avere un’idea reale di quella immaginaria linea che costituisce il confine serbo-ungherese. Abbiamo alla fine deciso di non avventurarci oltre per vari motivi. Alcuni di natura prettamente logistica (insomma, orientarsi al buio fra le campagne serbe non è proprio il massimo), inoltre appena scende la sera chi si è avvicinato al confine prova a superarlo spargendosi per la campagna. Il buio infatti è proprio una di quelle condizioni che spingono alcuni migranti a provare a superare la frontiere, sperando di non essere beccati dalla polizia di frontiera ungherese. Anche se fossimo riuscit@ a non perderci e fossimo riuscit@ ad arrivare,  forse avremmo creato un certo tipo di movimento non proprio d’aiuto. Ad ogni modo i volontari a cui abbiamo portate le scorte di latte e salviette ci hanno detto che vicino al confine c’è effettivamente un certo tipo di controllo del territorio che rende la situazione più tesa rispetto a Belgrado. Ci sono comunque dei volontari e delle volontarie presenti, soprattutto medici, che distribuiscono medicinali o medicano chi ha bisogno. Consegnati i viveri e parlato un po’ coi volontari e con le volontarie, ci siamo rimess@ in cammino per tornare a Belgrado.
Domani sarà per noi l’ultimo giorno e intendiamo passare delle ore al campo senza fare altro che passare del tempo coi ragazzi che stanno lì da mesi. Già dal primo giorno abbiamo notato qualche talento a pallone… magari domani ci scappa una bella partita.

PS. abbiamo incontrato molte persone in questi giorni, tra volontar@ e migranti che ci hanno raccontato le loro storie e le loro impressioni. Dateci tempo e ve le racconteremo per bene!

#roadtobelgrado – secondo giorno


Riportiamo ancora oggi il report delle compagne e dei compagni che 
si trovano a Belgrado che ci raccontano la loro seconda giornata al 
campo. Tempi e connessione permettendo, continueremo a dare seguito 
ai loro preziosi racconti.

Le nostra giornata oggi, al contrario di ieri, si è svolta interamente all’interno del campo. Infatti, questa mattina siamo arrivat@ al campo abbastanza presto, alle 9.00 del mattino. A gruppi di due, abbiamo girato le strutture della vecchia stazione, oggi dormitori “improvvisati” per circa 700 persone, per distribuire 1.000 saponette comprate grazie ai fondi di One Bridge to Idomeni. Il fatto di essere arrivat@ abbastanza presto al campo ci ha permesso di rintracciare e raggiungere un po’ tutte le persone che sono presenti al campo e dar loro il sapone. In questo modo non solo siamo riuscit@ a fare un po’ una stima di quanta gente c’è al momento ferma alla vecchia stazione ma anche di girare e vedere i dormitori improvvisati che “ospitano” alcuni di loro da mesi ormai. “Cosa ci faranno con le saponette?” vi chiederete “solo ieri ci raccontavate che persino la legna non è una cosa così scontata per il campo!”. L’acquisto e la distribuzione delle saponette è legato al fatto che, sempre nella giornata di ieri, siamo venut@ a conoscenza dell’intento di SoulWelders di adibire all’interno del campo una zona attrezzata per le docce, oggi mancante. Allettat@ dall’idea di poter contribuire a migliorare un po’ la vita di chi vive al campo da diversi mesi e di poter dotare il campo stesso di qualcosa di mancante e che rimarrà lì anche dopo la nostra partenza, ci ha spint@ a proporci come “forza lavoro” per la realizzazione del progetto. Dopo la distribuzione, quindi, ci siamo munit@ di pala e… abbiamo iniziato a spalare. Si tratta di un’area interna al campo, con base in cemento, ricoperta fino a questa mattina da strati e strati di rifiuti e terra. A fine giornata siamo riuscit@ a pulire una bella porzione di area del campo (circa 4mx4m) e a scavare delle canalette di scolo e buche di raccolta per l’acqua, grazie anche all’aiuto degli attivisti e delle attiviste di Over the Fortress giunt@ oggi al campo e che si sono offerti di aiutarci. Domani l’intento è quello di pitturare la base di cemento finalmente libera dai rifiuti e di pittarla con della pittura idrofobica. Insomma, giornata decisamente diversa rispetto a quella di ieri, un po’ faticosa ma soddisfacente.

#roadtobelgrado – primo giorno


Riportiamo un primo report dai compagni e dalle compagne che si trovano a 
Belgrado da questa mattina. Se i tempi lo permetteranno, così come anche la 
connessione ad internet, proveremo ad aggiornare il report giornalmente, 
condividendo foto e impressioni.

Dopo la notte di viaggio, siamo arrivat@ alla mattina a Belgrado, e siamo andat@ quasi subito alla cucina che prepara e distribuisce giornalmente i pasti per chi si trova al campo, così da aiutare e renderci utili nella preparazione dei pasti. All’ora di pranzo quindi, finita la preparazione, siamo andat@ al campo insieme agli/alle altr@ volontar@ e solidal@ presenti per aiutare nella distribuzione del cibo. La scena che ci siamo trovat@ davanti è un po’ quella vista nelle foto che circolano sul web: un lunga fila, che attraversa una parte del campo, di persone che aspettano il proprio turno per ricevere un pasto caldo. Dopo la distribuzione del pasto, abbiamo fatto un giro al campo e abbiamo trovato una cucina situata proprio all’interno del campo stesso, attivata da un gruppo di solidali spagnoli e da qualche settimana. Abbiamo scambiato qualche parola con loro, che ci hanno detto che alcuni migranti presenti al campo contribuiscono all’autogestione della cucina, aiutando nella preparazione e nella distribuzione dei pasti. Preparazione e distribuzione che, visti i numeri alti di migranti presenti, abbiamo constatato che possono durare anche delle ore. Dopo questo primo giro, abbiamo quindi aiutato a tagliare della legna e a metterla al riparo dalla pioggia, attività questa apparentemente sciocca ma molto importante per la situazione del campo.
Abbiamo notato fin da subito che le presenze al campo sono tutte maschili, e l’età dei presenti va dai dodici anni in su, più o meno. Lo stato del campo si può un po’ intuire dalle foto. Infatti, la neve non c’è più e il freddo non è rigido come a gennaio o febbraio. Ad ogni modo la pioggia e le temperature certamente non calde portano molte persone a dover accendere dei fuochi anche all’interno delle baracche, diventate dei dormitori, creando una cappa interna abbastanza pesante. Ci siamo quindi res@ conto che l’attività di tagliare e mettere al riparo la legna è estremamente importante in queste condizioni: avere della legna tagliata e asciutta permette a chi dorme nelle baracche della stazione di accendere dei fuochi bruciando quella piuttosto che altri materiali, magari anche nocivi.
Nell’attesa della distribuzione dei pasti e anche durante il pomeriggio abbiamo avuto modo di scambiare qualche parola con qualcuno dei migranti presenti al campo. La sensazione che abbiamo avuto è che alcune di queste persone hanno proprio voglia di parlare, di comunicare, di raccontarsi. Incuriositi dai nostri “volti nuovi”, qualcuno ci ha chiesto da dove veniamo, altri ci hanno raccontato un pezzetto della loro storia. Una di queste riguarda un gruppo di ragazzi, tra i 16 e i 18 anni, che ci hanno raccontato che, partiti dal Pakistan, hanno viaggiato per ben tre mesi a piedi prima di raggiungere Belgrado, dove sono fermi da 7 mesi ormai. Ovviamente non hanno mai pensato di volersi fermare a Belgrado così a lungo. Hanno provato più volte a passare il confine, evidentemente senza riuscirci. La polizia ungherese alla frontiera infatti, senza remore e mezzi termini, è abituata a respingere tutti i tentativi di attraversamento del confine con svariati mezzi, tra cui sguinzagliare i cani o spruzzare lo spray al peperoncino su chi prova a superare il confine. “Polizia ungherese criminale” è il commento dei ragazzi che ci raccontavano le loro esperienze. E certamente non possiamo dar loro torto. Nonostante i tentativi falliti però la speranza di superare quella linea immaginaria che il confine rimane. A loro, come a noi.