All’ipocrisia delle “settimane verdi” preferiamo le piazze – nota su “GREEN WEEK”

In pompa magna, dal 4 al 6 marzo, il Dipartimento di Sociologia ospita la “Green Week”, tre giorni di incontri e dibattiti dedicati all’economia sostenibile, con ospiti di alto calibro e docenti di diverse discipline. Tema dell’anno è “Io non Spreco […] Un imperativo non solo morale, ma anche economico e sociale. La scelta di fondo della Green Week è infatti quella di porre al centro il risparmio e il riuso delle risorse sia nell’ambito dei consumi personali e collettivi, sia nei modi di produrre da parte delle aziende”, come leggiamo proprio nella presentazione ufficiale. Tra i nomi che partecipano alla chermesse, Barbara Degani, sottosegretario al Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare (NCD), forte sostenitrice dell’EXPO di Milano e, soprattutto, fan dell’alta velocità. Ma la Degani non è la sola ad averci colpiti. Presente anche Alessandro Olivi, vice presidente e assessore allo sviluppo economico e lavoro della PAT (PD), sostenitore del TAV in Trentino, convinto che sia il modo migliore per diminuire il traffico su ruota (non importa certo se per questo bisogna scavare una montagna per chilometri o spendere decine di miliardi di euro). Altro ospite di tutto rispetto Maurizio Martina, ministro dell’Agricoltura (PD) , esecutore dello sradicamento di centinaia di ulivi secolari in Salento a causa del batterio Xylella, nonostante le basi scientifiche a supporto di tale soluzione fossero misere e incerte. Andando avanti col programma, presente anche Chiara Braga, responsabile Ambiente per il PD, sostenitrice attiva del TAV Torino-Lione e dello Sblocca Italia, legge che semplifica la cementificazione del territorio, che da il via libera alla costruzione di un maggior numero di inceneritori e che, soprattutto, spinge sull’ulteriore estrazione di gas e petrolio (per intenderci, srotola il tappeto rosso a nuove trivellazioni). Come se non bastassero certi nomi a far storcere il naso, uno dei temi delle conferenze “verdi” è proprio EXPO. Ci fa proprio sorridere l’accostamento delle parole “green” e “sostenibile” accanto ad EXPO, perché pensiamo che quel grande evento sia stato tutt’altro che verde e sostenibile (pensiamo solo ai centinaia di migliaia di ettari terreno coltivabili che sono stati cementificati per permettere una fiera di sei mesi). Senza voler rientrare in merito al perché ci sentiamo No Expo, vogliamo qui solo ricordare che, se proprio vogliamo parlare di sostenibilità, ciò che ci ha lasciato EXPO, tra le altre cose, è una perdita di 32,6 milioni di euro, cifra che certamente testimonia la non-sostenibilità dei grandi eventi in generale. Questa è la Green Week. Una chermesse con grandi nomi, tanta politica, che da la parola su sostenibilità ambientale, economia green e sviluppo sostenibile a personaggi che sostengono le trivellazioni invece di supportare la ricerca di fonti alternative di energia; che promuovono progetti di traforo di montagne per chilometri e chilometri; che devastano le economie locali affidandosi a studi superficiali e frettolosi; che facilita la cementificazione dei territori; che promuove grandi eventi e grandi vetrine di cui, sei mesi dopo, rimane una una vuota piattaforma di cemento e milioni di euro di buco in bilancio. Organizzare sterili passerelle che prestano il braccio a progetti che devastano i territori e uccidono modelli di sviluppo alternativi non è certamente il modo migliore di affrontare l’argomento. Smettere di progettare grandi opere, puntare alla ricerca di fonti di energia alternative e rinnovabili, sostenere il Km 0: forse bisognerebbe partire da questo. A certi personaggi lasciamo le passerelle, la propaganda e le vuote discussioni. Noi, oltre a smascherare l’ipocrisia di certi eventi che trovano spazio nelle nostre università, preferiamo le piazze alle passerelle. Anche per questo saremo a Venezia martedì 8 marzo, contro le grandi opere.
Contro la devastazione e il saccheggio dei territori, ci vediamo per le strade e nelle piazze.

Stop that train! TAV = TAGLI

Se qualcuno ancora pensa che la lotta contro il TAV è puramente ideologica e anche retrograda perché contraria al progresso di un territorio; se nessuna studentessa e nessuno studente dell’Ateneo di Trento non si sente toccato personalmente dalla questione del TAV perché “non è affare mio”, allora è bene che sia pronto a ricredersi.

È impressionante la notizia che 200 milioni euro sono stati spesi per i lavori propedeutici al TAV , e altri 53 miliardi verranno spesi per la realizzazione dell’opera. Perché occuparsene in quanto studenti e studentesse universitari? In quanto Ateneo provincializzato, quindi economicamente dipendente dai fondi erogati dalla Provincia Autonoma di Trento (PAT), le scelte economiche, politiche e gestionali della PAT ricadono per forza di cose anche sull’Università, così come su altri servizi pubblici della provincia. Alla notizia che molti soldi saranno spesi per una grande opera, siamo andati a dare un occhio ai bilanci di previsione per il triennio 2015-2017 – che l’Opera Universitaria ha pubblicato nel dicembre 2014 – e questo è quello che abbiamo scoperto.

Nel 2014 l’OP ha ricevuto dalla Provincia 10.998.366 di euro, una delle entrate principali per l’ente (oltre ai contributi degli studenti con la tassa per il diritto allo studio, per esempio). La previsione che fa l’OP per il trimestre 2015-2017 è di una progressiva diminuzione di questa entrata che dunque vedrà per il 2015 10.620.600 di euro stanziati, per il 2016 9.317.000 e per il 2017 9.070.000. Se tutto questo dovesse corrispondere a verità, tra il 2014 e il 2017 l’ente trentino che garantisce il diritto allo studio riceverà ben 1.928.366 euro in meno da parte della provincia trentina.

Se questo non bastasse a capire il meccanismo, ciò è reso più palese dalle uscite previste per l’Obbiettivo 3 “Spese per la realizzazione del diritto allo studio universitario”. Nel capitolo che riguarda i trasferimenti agli studenti, le spese della voce “erogazioni in denaro” subiscono delle grosse variazioni, per cui se nel 2014 sono stati stanziati 8.367.270,38 euro, nel 2015 la spesa prevista è di 7.385.000 di euro, nel 2016 6.199.000 e nel 2017 6.092.300. Ancora una volta, calcolatrice alla mano, se quanto scritto dovesse corrispondere a verità, tra il 2014 e il 2017 i soldi stanziati per l’erogazione di borse di studio diminuiranno di 2.274.970 euro.

A noi è bastato sfogliare un bilancio di previsione di solo un ente pubblico finanziato dalla provincia per vedere quanto, nei prossimi anni, verrà tagliato. Tagli questi che riguardano la nostra possibilità come studentesse e studenti di poter studiare anche in assenza di mezzi per poterlo fare. A fronte di queste cifre e di quelle che riguardano la costruzione del TAV, ci chiediamo se dobbiamo rinunciare al nostro diritto allo studio per permettere la costruzione di un’opera inutile e dannosa per il nostro territorio e, per quanto ci riguarda, la nostra possibilità di studiare.

A chi pensa che quella contro il TAV sia una lotta ideologica e che gli studenti è meglio che stiano dentro le aule universitarie a studiare rispondiamo che lottiamo nel presente per riprenderci il futuro.