Festival della Famiglia a Sociologia: sui fatti del 29/11

Il 28 novembre a Trento è iniziato il Festival della Famiglia che, arrivato all’undicesima edizione, si è contraddistinto, soprattutto negli ultimi anni, come cavallo di troia per il mondo dei pro-vita, o meglio anti-scelta, family day e della destra ultracattolica. Un festival che dietro alla celebrazione delle politiche di incentivo alla natalità, promosse dalla Provincia Autonoma di Trento, ha sempre nascosto – più o meno velatamente – discorsi misogini e contro la comunità LGBTQIA+. Tra questi non possiamo dimenticare la partecipazione dell’ex ministro della famiglia, e attuale presidente della camera Lorenzo Fontana, e del senatore leghista Simone Pillon, la quale è sempre stata duramente contestata dalle realtà di movimento trentine.

 

 

Martedì 29 novembre, il Festival della Famiglia è entrato per la prima volta nell’Università di Trento, nel dipartimento di Sociologia, ospitando – cosa che, purtroppo, non ci sorprende più – esponenti politici e associazioni della destra-cattolica e legate ai movimenti pro-vita.

Appena saputo dell’organizzazione del convegno, moltissimə studentə, ricercatorə e dottorandə di tutta l’università hanno iniziato a organizzarsi spontaneamente per contestarlo con un messaggio chiaro: “Fuori pro-vita, razzisti e sessisti dalle università”.
Così, a seguito di un diffuso e capillare passaparola, un centinaio di studentə si sono riunitə spontaneamente nell’atrio in contemporanea allo svolgimento della conferenza, in modo da poter far sentire la propria voce contro i presupposti sessisti, razzisti, anti abortisti e queer fobici che stanno alla base di questo Festival.

La conferenza di ieri ha portato direttamente all’interno del dipartimento delle dubbie personalità a discutere della “crisi demografica del popolo italiano”, utilizzando strumentalmente la cornice di Sociologia e la presenza della prof. Agnese Vitali – professoressa del dipartimento ed esperta di demografia – per dare una parvenza di scientificità alle idee reazionarie dei 5 relatori . Tra questi ricordiamo lo statistico Roberto Volpi, sostenitore della superiorità della coppia eterosessuale e del concetto di sostituzione etnica, autore del libro “Gli ultimi italiani: come si estingue un popolo”; Alfredo Caltabiano, presidente dell’associazione Famiglie Numerose, sostenitore dell’”italia del terzo figlio”; il giornalista di Famiglia Cristiana, Alberto Laggia, che più volte si è esposto a favore dei movimenti pro-vita. E tra i saluti istituzionali l’Assessora Rosolen e l’Assessora Segnana, pioniere della difesa dei bambini dalla famigerata “teoria gender” e vicine alle idee del family day, con annesso antiabortismo. Quest’ultime, forse per “motivi di ordine pubblico”, non si sono presentate al convegno.

 

Appena ritrovatesi in atrio interno, a pochi passi dall’aula della conferenza, lə studentə si sono espressə con interventi contrari alle idee promosse dal festival, sviscerando le retoriche intrinsecamente retrograde e violente di concetti come quello di famiglia tradizionale o di crisi demografica del “popolo italiano”. I diversi interventi hanno decostruito i diversi aspetti di questo tipo di retoriche, così come la necessità di rompere i modelli cis-etero-patriarcali che stanno alla base del concetto di famiglia (al singolare) tradizionale.

 

L’organizzazione della conferenza all’interno del dipartimento dimostra ancora una volta l’inferenza della Provincia a trazione leghista all’interno dell’Ateneo trentino, minando la supposta indipendenza che questo dovrebbe avere. Ma non ci sorprende che le mani di chi risiede nel palazzo di piazza Dante arrivino dove vogliono. Follow the money. Ricordiamo inoltre come l’assessora leghista Segnana si sia sempre contraddistinta nel promulgare le sue illuminanti posizioni: come l’opposizione alla presunta Teoria Gender che indottrina i poveri pargoli trentini, oppure l’abolizione per sua mano dei corsi all’educazione all’identità di genere nelle scuole, così come il suo coinvolgimento e sostegno al mondo antiabortista ultracattolico.

L’organizzazione del convegno da parte della PAT a sociologia fa ancora più sorridere per il fatto che sia stato organizzato pochi giorni dopo la conferenza Gender R-evolution, che ha visto centinaia di ricercatorə e attivistə confluire a sociologia e che ha generato tanta indignazione dagli amici di lunga data della Lega, con la paranoica “protesta” (non sappiamo nemmeno come definirla) di Casapound. La PAT e il rettorato, hanno così calpestato la dignità e il lavoro dellə moltə ricercatorə  che si impegnano quotidianamente per combattere questo tipo di idee tossiche, presenti nel mondo politico come nell’accademia.
Inoltre si è sottolineato come il festival della famiglia sia stato patrocinato dall’ordine degli assistenti sociali trentini, a dimostrazione della “neutralità” del suddetto ordine.

Gli interventi sono continuati decostruendo la narrazione della crisi demografica fatta propria dal festival. Infatti, come dimostrano i lavori del relatore Roberto Volpi, tutta la conferenza si è basata su dei presupposti razzisti e paranoici riguardo la presunta scomparsa del “popolo italiano”. Questo si traduce in una propaganda nazionalista e anti-migratoria, nonchè in un confinamento delle donne al ruolo di madri gestanti e nell’oggettificazione del loro corpo come sforna figli per la nazione. Questa narrazione sulla crisi demografica nasconde dietro di sè le problematiche più ampie e profonde di questa situazione, come le disuguaglianze economiche e di genere (vedi gender gap, generation gap), come l’assenza di un vero sistema di welfare, non solo per le famiglie, ma per tutte le persone impoverite da 40 anni di politiche classiste liberali.
L’elefante nella stanza, mai citato nel corso della conferenza, è quello della crisi ecologica e climatica, la cui causa risiede proprio nell’idea di crescita continua, economica, produttiva, e infine anche demografica, in quanto il capitalismo vede i corpi delle donne come fonte ri-produttiva di forza lavoro.

Interessante far notare come nel corso della protesta abbiamo riscontrato la solidarietà, sia dellə lavoratorə dell’università (docenti, dottorandə, personale di segreteria) sia di chi lavorava ai banchetti della conferenza, mostrando ancora più fortemente come la PAT e il Rettorato, imponendo questo evento, abbiano calpestato il pensiero e la pubblica decenza dei più.

Nel corso della protesta le lavoratrici dei banchetti hanno abbandonato le loro postazioni, lasciando i gadget della conferenza a nostra completa disposizione. Così la copia di famiglia cristiana, le borse di tela del festival, gli opuscoli della PAT, da mero materiale di propaganda sono divenuti oggetti a disposizione della creatività dei più: fogli su cui disegnare, aeroplanini di carta, coriandoli, palle da lanciare, in un meraviglioso momento di liberazione creatrice.

 

Se inizialmente la porta dell’aula kessler era stata chiusa per non permettere l’entrata allə contestatorə, successivamente è arrivato l’invito dei relatori del convegno a farci parlare dentro l’aula, cosa che è accaduta verso la fine della conferenza, dove alcunə  (non tuttə se la son sentita di sentire le baggianate dei relatori né di legittimare la loro presenza) sono entratə – riempiendo lì sì, effettivamente, l’aula – per fare un intervento al microfono.

Il nostro intervento ha riscosso molto successo tra la platea, nonostante ancora prima che avessimo la possibilità di parlare siamo statə interrottə più volte dai relatori. Tra questi c’è stato chi mentre parlavamo leggeva il giornale per poi andarsene subito dopo, chi, messo davanti a posizioni espresse in passato, ha negato tenacemente le proprie posizioni (quando basta una veloce ricerca su internet per capire le idee di questa gente) e chi si è infervorato di rabbia blaterando e urlando frasi senza senso logico.

Martedì eravamo marea. Non ci fermeremo finchè la nostra Università sarà veramente uno spazio di sapere critico e libero, in cui creare spazi di rottura e non il contenitore per la promulgazione di idee e dello status quo; finchè la promozione di studi di genere e politiche di inclusione smetterà di essere una bella copertina, sotto cui celare la vera natura reazionaria dell’Ateneo. Martedì si è dato un segnale forte a chi pensa che lə studentə accettino passivamente che la loro università diventi una passere   lla per leghisti, ultracattolici, razzisti, pro-vita e fascisti di ogni genere.

 

Doveva essere una triste conferenza, l’abbiamo trasformata in un’insurrezione gioiosa.

 

Collettivo Universitario Refresh