Allarme gender a UniTn? Ma fateci il piacere!

ACCADEMIA LGBT – Università gender con i soldi UE. Alla lobby gay 1,2 milioni di euro”. In questo modo Patrizia Floder Reitter titola un suo articolo apparso il 4 maggio scorso su La Verità, quotidiano di Maurizio Belpietro, e ripreso integralmente da La Voce del Trentino qualche giorno fa.
In questo articolo, il cui titolo lascia poco spazio all’immaginazione circa il contenuto, si parla di come pare essere arrivato il virus del gender all’Università di Trento, il quale rischia di infettare intere generazioni di giovani menti. Nello specifico, messi sotto la lente di ingrandimento sono tre personaggi, la Prof.ssa Barbara Poggio, l’avvocato Alexander Schuster e l’assessora Sara Ferrari. Quella che è definibile come una vera e propria schedatura di tutti i personaggi in realtà riguarda il ruolo che hanno, almeno a detta dell’autrice dell’articolo, attorno e all’interno al Centro Studi interdisciplinari di Genere (CSG) dell’Università di Trento. Ad essere messi in discussione dall’autrice sono due aspetti principali.
Il primo è il contenuto e le tematiche affrontate dai vari seminari organizzati negli anni dal CSG e dai suoi progetti di ricerca. Nell’articolo infatti la Floder Reitter sciorina tutta una serie di titoli di seminari o riporta virgolettati estrapolati da ben più complesse relazioni, imputando a questi la duplice colpa di propagandare messaggi devianti e di avere una ingenua platea di studenti e studentesse presenti in quanto interessati/e al riconoscimento di un tot di CFU. Secondo l’autrice dell’articolo infatti, parlare di omosessualità, bullismo omo-trans fobico, genitorialità omosessuale o di altre maschilità significa che la platea di ascoltatrici e ascoltatori verrà automaticamente “convertita” ad uno stile di vita omosessuale, deviato, non ortodosso e non tradizionale.
Il secondo aspetto ad essere messo in discussione è il finanziamento dei seminari e delle ricerche del CSG, fondi che spesso (e fortunatamente) sono pubblici, siano essi provenienti dall’UE, dalla Provincia o dal Comune. La Floder Reitter infatti considera il finanziamento a tale campo di indagine accademica e del CSG come un finanziamento alle “lobby gay” le quali hanno tutto l’interesse di infilarsi all’interno del sistema della pubblica istruzione per deviare giovani menti.
Questo il senso dell’articolo, vaneggiamento più, vaneggiamento meno.
Chiariamoci: da La Voce del Trentino e da La Verità non ci aspettiamo del giornalismo decente, qualsiasi cosa questo significhi. Ci aspettiamo menzogne travestite da notizie utili alla propaganda politica di qualche destrorso di turno o a veicolare e incrementare un clima generale di bigottismo, intolleranza, odio fra poveri e paura. Ciò detto, la lettura dell’articolo ci spinge a prendere una posizione per due ordini di motivi. In primo luogo, sebbene siamo consapevoli che questo è solo l’ultimo di una serie di attacchi e aspre critiche che il CSG ha dovuto subire negli ultimi anni e di un clima di terrore generico in Trentino sull’allarme gender, è anche vero che questa notizia va ufficialmente oltre i confini della provincia autonoma e sbarca sul nazionale… per quanto il giornaletto di Belpietro probabilmente avrà una manciata scarsa di lettrici e lettori (o almeno ci auguriamo che sia così). In secondo luogo, le parole della Floder Reitter, per quanto deliranti e visionarie, attaccano in ogni caso la produzione accademica, la professionalità e la disponibilità di professionisti e professioniste del CSG che abbiamo anche avuto modo di incrociare non poco tempo fa, durante lo sciopero dei e dai generi dell’otto marzo. E questo non può starci bene. Perché se è vero che il campo di indagine di genere può non piacere o non interessare, ricamarci dietro arzigogolati discorsi di educazione alla devianza e finanziamento delle lobby gay significa attaccare la ricerca accademica (oltre che essere folgorati, diciamocelo). E non un tipo di ricerca qualunque ma quella che si interroga profondamente sulle dinamiche di genere e spesso prova anche a delineare dei piani per superare pregiudizi e abbattere muri, dentro e fuori l’accademia. Strumenti che possono piacere o meno, possono essere criticati o osannati, ma comunque è un tipo di ricerca dinamica che se è vero che prende dal pubblico, anche in termini economici, è vero anche che si propone di restituire qualcosa di utile alla comunità di riferimento, concependo così anche la ricerca accademica stessa in un altro modo, non come un qualcosa che sta nelle più alte stanze di una torre d’avorio ma come qualcosa che può essere, insieme ad altro, fattore di cambiamento e rinnovamento. Questo fa il CSG e questo fanno molti ricercatori e ricercatrici che lavorano sulle questioni di genere. E questo ci piace. E va difeso, anche dai vaneggiamenti di una “giornalista”.
Inoltre, se non piacciono i finanziamenti pubblici a questo tipo di ricerca inevitabilmente dobbiamo riprendere un discorso che ai/alle neoliberali non piacerà molto. La ricerca DEVE essere pubblica. E basta. Perché peggio che vedere fondi pubblici usati per un tipo di ricerca che qualche mente bigotta stigmatizza, c’è vedere fondi e strumenti pubblici, in combo con grossi nomi di privati, finanziare e fare ricerca su robe seriamente dannose. Le stesse che poi sedicenti esportatori di democrazia o difensori di valori patriottici utilizzano per fare la guerra al primo nemico-costruito di turno, col solo scopo di continuare a far funzionare l’industria della guerra che, quella sì, ingrassa tasche e pance di pochi.

Per quello che vale, ci schieriamo con il CSG e la ricerca di genere, ci schieriamo con chi dentro l’università prova a rivedere il mondo con occhi diversi, provando a disinnescare pezzo dopo pezzo le strutture di potere relazionali, e non, che derivano dal semplice binario maschio/femmina. Ci schieriamo con il CSG perché prima di andare a fare i conti in tasca ad alcuni personaggi che provano ad educare alle diversità, ci piacerebbe che sedicenti “giornalisti/e” alla Floder Reitter andassero a inchiestare e a ficcare il naso lì dove si ricerca e perfezionano gli strumenti di guerra. Infine ci piacerebbe anche che la difesa di una certa parte di accademia, libero pensiero, libera ricerca venissero difesi dall’intera comunità universitaria. Perché, per quanto ci riguarda, una buona università non è fatta di ranking e cerimonie patinate. Una buona università è fatta dal sapere critico. In quanto studenti e studentesse universitarie abbiamo preso una posizione. Lasciamo il passo ad altri e altre.

LottoMarzo: mail all’ateneo

In questi giorni, abbiamo inviato la mail che segue a tutti i professori e tutte le professoresse, dottorandi e dottorande, ricercatori e ricercatrici dell’Ateneo di Trento.  Non sappiamo bene cosa aspettarci. Di certo, sappiamo che una università che non si espone su certi temi è una università da cambiare, stravolgere, rivoltare come un calzino.
A chi ha voglia di schierarsi, a chi crede nell’utilità di un sapere critico, a chi ha voglia di sperimentare una università diversa… ci vediamo Lotto Marzo.

Gentili professori e professoresse, ricercatori e ricercatrici, dottorandi e dottorande,
con la presente mail vorremmo sottoporre alla vostra attenzione lo sciopero globale delle donne e dai/dei generi promosso dalla rete nazionale Non una di Meno per la giornata dell’otto marzo. Infatti, da mesi, in diversi paesi del mondo i temi della violenza sulle donne e le tematiche di genere sono state al centro del dibattito pubblico e di molti momenti di protesta partecipati. Questa “marea” internazionale ha dato luogo quindi allo sciopero globale di cui sopra.
Cogliendo al volo l’opportunità che ci viene dalla giornata dell’otto marzo, vorremmo invitarvi a riflettere sul “genere” di università che quotidianamente viviamo e sul “genere” di università che vorremmo vivere.
Ci piacerebbe, infatti, che l’università fosse un luogo di formazione e di educazione al rispetto delle differenze.
Un luogo in cui ognuno/a possa sentirsi libero/a di determinare la propria identità, seppur differente dal sesso di appartenenza, senza dover incappare in lente e faticose procedure burocratiche che gli/le impediscano di vederlo/a riconosciuto/a.
Un’università in cui non vi siano disparità salariali dettate sulla base del genere di appartenenza.
Un luogo privo di disparità di genere, che non sia un luogo di competitività e isolamento, ma in cui valorizzare le singole individualità sulla base del loro merito e delle loro competenze anziché (s)valutarle sulla base di preconcetti personali.
Un’ università libera da qualsiasi forma di sessismo e che al contempo educhi le sue componenti al riconoscimento e all’isolamento in qualsiasi sua forma e pratica che si riveli essere degradante per l’individuo stesso.
Vorremmo inoltre poter attraversare un ambiente privo degli stereotipi di genere, che attualmente troppo spesso interferiscono nel processo di attribuzione dei ruoli e delle cariche lavorative, operando l’esclusione da tale distribuzione di determinate categorie.
Sulla base di queste e di altre considerazioni che saremmo felici di condividere, vi invitiamo ad aderire alla giornata di sciopero dell’otto marzo.
A tal fine, vi riportiamo alcune delle idee/linee guida emerse dall’ultima assemblea nazionale di Non una di Meno, a cui abbiamo avuto piacere di partecipare, per affrontare e caratterizzare la giornata di sciopero: praticare una forma di astensione da qualsiasi forma di attività (ri)produttiva. Qualora ciò non fosse possibile, si invita a portare nei propri luoghi di lavoro il simbolo della giornata di mobilitazione (la matrioska) e ad indossare i colori della giornata (nero e fuxia), caratterizzando dove possibile il proprio spazio di lavoro con questi colori; intervenire nelle proprie mansioni lavorative (lezioni, convegni, conferenze, sessioni di laurea, ecc) spiegando cosa è lo sciopero dell’otto marzo; impostare una risposta automatica alla mail in cui si spiega il senso dello sciopero e perché è importante. Infine, ma non meno importante, partecipare alle iniziative organizzate nella propria città.

Dal canto nostro abbiamo pensato di caratterizzare quella giornata tramite momenti che possano favorire la riflessione individuale e collettiva su tematiche affini alla giornata, accostandovi momenti volti alla socializzazione, poiché riteniamo che una delle modalità di sciopero dalle funzioni produttive possa essere proprio quella di dedicare del tempo alla costruzione e alla valorizzazione di legami sociali altri.
Il calendario dell’otto marzo universitario quindi prevede i seguenti appuntamenti:
– ore 9.00 a Lettere, volantinaggio itinerante;
– dalle 11.00 circa in poi, auto-formazione “sui generis” in atrio interno a Sociologia;
– dalle 13.00 pranzo de-genere, sempre in atrio interno facoltà di Sociologia

Inoltre vi segnaliamo che nel pomeriggio dell’otto marzo, a partire dalle ore 15.00 in piazza Pasi, ci sarà una mostra fotografica “particolare”, a cura del Collettivo Transfemminista queer di Trento, seguito da una passeggiata serale che partirà dalle ore 18.00 dalla stessa Piazza Pasi.
In calce alcuni link utili.

Vi ringraziamo per l’attenzione e speriamo di vedervi ad alcune di queste iniziative e ricevere feedback positivi,
Collettivo Universitario Refresh

Lo scorso 21 febbraio si è svolta nell’atrio interno di Sociologia un’assemblea universitaria in vista dello sciopero globale dell’otto marzo, inteso non solo come sciopero delle donne, ma come sciopero dai e dei generi. Una giornata, dunque, in cui mettere in discussione non solo il ruolo della donna in questa società ma anche, e soprattutto, il ruolo che i generi hanno sulle nostre vite, sulle scelte che facciamo, su come veniamo percepit@ e rappresentat@. Le sfide dell’assemblea erano quelle di parlare non solo dell’otto marzo in sé ma di indagare, a partire da noi, che genere di università viviamo e i pregiudizi di genere o ruoli imposti dal genere che riscontriamo nelle nostre vite e nell’ambito universitario; inoltre, volevamo fare tutto questo in maniera diversa dalle classiche assembleone a cui siamo abituat@ e di provare a stimolare un confronto orizzontale e quanto più partecipato possibile.
Partendo da questi presupposti, possiamo oggi dire che le sfide sono state superate con successo a nostro avviso. L’assemblea del 21 febbraio è stato un bellissimo momento di confronto allargato sul genere di università che viviamo, da cui sono nati spunti di riflessione e contenuti importanti che abbiamo voglia di portare in università e in piazza, l’otto marzo come in futuro. Dall’assemblea si è capito che all’interno dell’università probabilmente esistono due “filoni” di problemi legati al genere: uno dal punto di vista amministrativo, l’altro dal punto di vista culturale. Filoni non necessariamente sempre distinti, che spesso si sovrappongono ovviamente. Il filone amministrativo riguarda gli aspetti legati alle carriere accademiche, per esempio, fortemente sbilanciate in senso maschile (continua ad essere sempre più difficile per una donna raggiungere posizioni apicali), i servizi e le garanzie spesso carenti (es. maternità/paternità). Il filone culturale riguarda le lenti con cui ci guardiamo e che generano pregiudizi di genere anche all’interno delle mura universitarie, i quali portano a considerare alcune discipline non “adatte” per le donne, o che vedono i maschietti automaticamente come leader di un gruppo di lavoro/studio, o peggio ancora che valutano il buon voto di una collega presumendo che l’abbia data a chissà chi o che abbia mostrato chissà quale parte del suo corpo per ottenerlo.
Sulla base di queste considerazioni, vogliamo rilanciare un lotto marzo universitario, affinché la marea nera-e-fuxia invada le nostre aule universitarie e i nostri spazi. Vogliamo scioperare da una formazione che non ci educa alle differenze.

Vogliamo scioperare da una università che non ci lascia il tempo di incontrarci, conoscerci, parlarci.

Vogliamo scioperare dai pregiudizi di genere che ci opprime, tutte-tutti-tuttu, e ci violenta in quel luogo, come quello universitario, che dovrebbe essere sorgente di nuove linfe, fucina di nuove visioni del mondo.

Vogliamo risignificare il nostro spazio universitario nella giornata de lotto marzo, riempiendolo di corpi e menti che si incontrano, che si auto-formano e che si interrogano su come il genere condiziona le nostre vite, dentro e fuori l’università.

Vogliamo una università femminista, che permetta l’espressione di ognun@, che si liberi da beceri preconcetti.

Per questo, invitiamo tutti e tutte a lotto marzo universitario che avrà i seguenti appuntamenti:

  • H 9.00, @lettere volantinaggio itinerante per i principali plessi universitari del centro città;

  • Dalle H 11.00 circa, @atrio interno di sociologia, formazione sui generis;

  • Alle 13.00, @atrio interno di sociologia, pranzo de-genere 

Nel pomeriggio, alle 15.00, ci sposteremo in Piazza Pasi dove il Collettivo transfemminista Queer esporrà una mostra fotografica molto particolare e da dove, alle 18.00, partirà una passeggiata serale.