In questi giorni in Puglia , vicino San Foca, si sta consumando una violenza inaudita su un territorio e la sua intera popolazione. È infatti proprio a San Foca e nei territori limitrofi che dovrebbe passare una parte del TAP (Trans Adriatic Pipeline), mega condotto di gas, in parte sotterraneo, che dal Mar Caspio dovrebbe portare il gas in Europa. Le ragioni dei comitati notap che si oppongono alla grande opera, sono varie e riguardano vari temi, da quelli ambientali a quelli più strettamente economici.
In questi giorni, nonostante l’assenza delle perizie ambientali richieste, le ruspe della ditta incaricata di iniziare i lavori sono state scortate dalla polizia per sradicare centinaia di ulivi, in modo da liberare il campo per i lavori di costruzione del condotto. Student@, lavorat@, contadin@ e persino i sindaci della zona hanno provato ad impedire alle ruspe di entrare nelle terre preposte all’opera. I presidio però è stato violentemente strattonato e anche manganellato dalla polizia, che ha così permesso alle ruspe di iniziare lo sradicamento.
In quanto student@ riteniamo anche nostra la responsabilità di prendere posizione. Ci schieriamo contro chi devasta e saccheggia i territori per proprio profitto, ci schieriamo contro un modello di sviluppo che svilisce le bellezze naturali, ci schieriamo contro la logica dello sfruttamento delle risorse a tutti i costi. Stiamo dalla parte dei salentini e delle salentine, che hanno e continuano a mostrarci la forza di un corpo collettivo che si prende cura dei propri territori. Le barricate costruite questa notte atte a bloccare i lavori ci dimostrano che resistere è possibile, nonostante la bruta violenza poliziesca.
NO TAP, SIAMO CON VOI!
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#25M: solidarietà ai/alle fermat@
Oggi in occasione del 60 anniversario dalla firma dei Trattati di Roma è successo e sta succedendo qualcosa di incredibile. Questa mattina compagni/e, sces* per portare un’idea diversa di Europa, lontana da quell’Europa delle banche, dei fili spinati, dell’austerity e dei muri a cui siamo abituat*, sono stat* perquisit*, portat* in questura e trattenut* per ore senza nessun motivo. Già a inizio giornata si sarebbe potuto intuire il forte clima di repressione che si poteva respirare nella capitale: sono stati infatti dati 7 fogli di via ad alcun* attivist* già arrivat* a Roma. Successivamente 150 persone provenienti da tutta Italia sono state fermate su pullman e auto e dirottate nella questura di Tor Cervara, impedendo la loro partecipazione al corteo, con la scusa di una semplice procedura di identificazione. Non da ultimo, il corteo autorizzato nel centro di Roma è stato fermato e accerchiato dalle forze dell’ordine e non ha potuto concludere il corteo nel luogo previsto e concordato. Quello che è successo oggi è un fatto gravissimo perchè si sono andati a chiudere spazi di democrazia fondamentali, quali la libertà di manifestare e di scendere in piazza, sulla base di qualche felpa con il cappuccio e di alcuni k-way. Oggi a Roma è stato dato un segnale chiaro: quello di non poter manifestare, di non poter esprimere dissenso liberamente, nei confronti dei capi di stato e di governo, i quali negli ultimi anni sono stati i principali colpevoli dell’impoverimento e della crisi che stiamo vivendo, soprattutto chi come noi fa parte di quella che abbiamo chiamato la generazione del riscatto.
Esprimiamo dunque la nostra solidarietà ai/alle compagni/e provenienti dal Nord-Est, da Torino, dalla Toscana e dalle Marche, ma esprimiamo anche la nostra rabbia per la privazione di democrazia alla quale abbiamo dovuto assistere in questa giornata.
LottoMarzo: mail all’ateneo
In questi giorni, abbiamo inviato la mail che segue a tutti i professori e tutte le professoresse, dottorandi e dottorande, ricercatori e ricercatrici dell’Ateneo di Trento. Non sappiamo bene cosa aspettarci. Di certo, sappiamo che una università che non si espone su certi temi è una università da cambiare, stravolgere, rivoltare come un calzino.
A chi ha voglia di schierarsi, a chi crede nell’utilità di un sapere critico, a chi ha voglia di sperimentare una università diversa… ci vediamo Lotto Marzo.
“Gentili professori e professoresse, ricercatori e ricercatrici, dottorandi e dottorande,
con la presente mail vorremmo sottoporre alla vostra attenzione lo sciopero globale delle donne e dai/dei generi promosso dalla rete nazionale Non una di Meno per la giornata dell’otto marzo. Infatti, da mesi, in diversi paesi del mondo i temi della violenza sulle donne e le tematiche di genere sono state al centro del dibattito pubblico e di molti momenti di protesta partecipati. Questa “marea” internazionale ha dato luogo quindi allo sciopero globale di cui sopra.
Cogliendo al volo l’opportunità che ci viene dalla giornata dell’otto marzo, vorremmo invitarvi a riflettere sul “genere” di università che quotidianamente viviamo e sul “genere” di università che vorremmo vivere.
Ci piacerebbe, infatti, che l’università fosse un luogo di formazione e di educazione al rispetto delle differenze.
Un luogo in cui ognuno/a possa sentirsi libero/a di determinare la propria identità, seppur differente dal sesso di appartenenza, senza dover incappare in lente e faticose procedure burocratiche che gli/le impediscano di vederlo/a riconosciuto/a.
Un’università in cui non vi siano disparità salariali dettate sulla base del genere di appartenenza.
Un luogo privo di disparità di genere, che non sia un luogo di competitività e isolamento, ma in cui valorizzare le singole individualità sulla base del loro merito e delle loro competenze anziché (s)valutarle sulla base di preconcetti personali.
Un’ università libera da qualsiasi forma di sessismo e che al contempo educhi le sue componenti al riconoscimento e all’isolamento in qualsiasi sua forma e pratica che si riveli essere degradante per l’individuo stesso.
Vorremmo inoltre poter attraversare un ambiente privo degli stereotipi di genere, che attualmente troppo spesso interferiscono nel processo di attribuzione dei ruoli e delle cariche lavorative, operando l’esclusione da tale distribuzione di determinate categorie.
Sulla base di queste e di altre considerazioni che saremmo felici di condividere, vi invitiamo ad aderire alla giornata di sciopero dell’otto marzo.
A tal fine, vi riportiamo alcune delle idee/linee guida emerse dall’ultima assemblea nazionale di Non una di Meno, a cui abbiamo avuto piacere di partecipare, per affrontare e caratterizzare la giornata di sciopero: praticare una forma di astensione da qualsiasi forma di attività (ri)produttiva. Qualora ciò non fosse possibile, si invita a portare nei propri luoghi di lavoro il simbolo della giornata di mobilitazione (la matrioska) e ad indossare i colori della giornata (nero e fuxia), caratterizzando dove possibile il proprio spazio di lavoro con questi colori; intervenire nelle proprie mansioni lavorative (lezioni, convegni, conferenze, sessioni di laurea, ecc) spiegando cosa è lo sciopero dell’otto marzo; impostare una risposta automatica alla mail in cui si spiega il senso dello sciopero e perché è importante. Infine, ma non meno importante, partecipare alle iniziative organizzate nella propria città.
Dal canto nostro abbiamo pensato di caratterizzare quella giornata tramite momenti che possano favorire la riflessione individuale e collettiva su tematiche affini alla giornata, accostandovi momenti volti alla socializzazione, poiché riteniamo che una delle modalità di sciopero dalle funzioni produttive possa essere proprio quella di dedicare del tempo alla costruzione e alla valorizzazione di legami sociali altri.
Il calendario dell’otto marzo universitario quindi prevede i seguenti appuntamenti:
– ore 9.00 a Lettere, volantinaggio itinerante;
– dalle 11.00 circa in poi, auto-formazione “sui generis” in atrio interno a Sociologia;
– dalle 13.00 pranzo de-genere, sempre in atrio interno facoltà di Sociologia
Inoltre vi segnaliamo che nel pomeriggio dell’otto marzo, a partire dalle ore 15.00 in piazza Pasi, ci sarà una mostra fotografica “particolare”, a cura del Collettivo Transfemminista queer di Trento, seguito da una passeggiata serale che partirà dalle ore 18.00 dalla stessa Piazza Pasi.
In calce alcuni link utili.
Vi ringraziamo per l’attenzione e speriamo di vedervi ad alcune di queste iniziative e ricevere feedback positivi,
Collettivo Universitario Refresh“
GUARDIE, TORNELLI E MANGANELLI: IL NUOVO PIANO FORMATIVO DELLE UNIVERSITA’
Ci sono scene che difficilmente passano inosservate o vengono dimenticate con semplicità. Tra queste quelle che ritraggono la celere dentro una bibliotecauniversitaria, che giovedì scorso ha fatto irruzione in un’ aula studio liberata, da studenti e da studentesse che legittimamente si sono opposti alla privazione dell’ ennesimo diritto da parte delle istituzioni universitarie.E’ per questo che raccogliamo l’appello lanciato da Bologna e lo facciamo nostro. Perché anche se non siamo stat@ picchiat@ il 9 febbraio dentro al 36 di via Zamboni, siamo studenti e studentesse universitar@ che non accettano le imposizioni calate dalle alte sfere dell’ateneo, le quali, come spesso accade, vanno a limitare e a peggiorare la vita, la partecipazione e la libertà di chi vuole frequentare un’ università aperta e accessibile a tutt@, un’università che sappia sviluppare il sapere critico attraverso il dibattito e il confronto quotidiano.Quello che è successo a Bologna è un atto estremamente grave, che merita l’ indignazione e l’ opposizione da parte di chiunque abbia a cuore il proprio Ateneo. Quello che è successo a Bologna si inserisce all’ interno di una logica che ha deteriorato negli ultimi anni il sistema universitario, trasformando gli spazi degli studenti in “esamifici”, chiusi e intolleranti a qualsiasi forma di dissenso.Il dibattito sui tornelli forse non ci appartiene, ma ci appartiene quello su che tipo di università viviamo e che tipo di università vogliamo. Anche a Trento con la stessa arroganza di chi vuole gli/le student@ zitt@ e li vede come mer@ esecutor@ di esami, condannat@ alla precarietà, viviamo tempi non troppo felici.I tagli alle borse di studio, lo sperpero di risorse pubbliche per una biblioteca fuori misura, la riduzione degli spazi dove potersi incontrare e studiare, la possibilità di trovarci una guardia armata fuori dal bagno, sono solo alcuni segnali che ci dimostrano in che direzione sta andando il mondo della formazione universitaria. Queste sono le condizioni che viviamo in UniTN, e che tutti i giorniproviamo a contrastare insieme, confrontando esigenze e aspirazioni, opponendoci al deterioramento dei luoghi della cultura e del sapere.Riconosciamo come nostro l’atto di riappropriazione di una biblioteca, riteniamo assurde le immagini di una biblioteca devastata dalla celere.Per questo solidarizziamo con gli studenti e le studentessa di Bologna, senza se e senza ma, e condanniamo l’ infame scelta del rettore Ubertini di chiamare la celere che ha picchiato in maniera indiscriminata chi stava commettendo “il reato” di studiare in una biblioteca universitaria.
Note sugli ultimi sviluppi dopo la riappropriazione del CIAL
Dopo la riappropriazione del CIAL, avvenuta lo scorso 4 febbraio, nel giro di pochi giorni la situazione è cambiata molto velocemente. Magicamente il rettore Collini, dopo aver cercato di far passare sotto silenzio l’azione di sabato, estrae dal cappello i nuovi orari di apertura della sala studio di via Verdi. Questa improvvisa evoluzione della situazione ci ha spint* a compiere alcune riflessioni che vogliamo condividere con tutt* gli universitari e le universitarie di Trento.
Partiamo da una precisazione per amore di chiarezza. La riappropriazione del CIAL, che ci ha visto protagonist* come Collettivo Universitario Refresh, non è stata né un’iniziativa fine a sé stessa né un’iniziativa dettata da un’improvvisa voglia di protagonismo mediatico. L’azione di sabato 4 febbraio è stata organizzata da studentesse e studenti che hanno deciso, ormai alcuni anni fa, di unire le proprie forze e fondare un collettivo, una realtà politica che agisse in università per opporsi all’aziendalizzazione dell’ateneo, per difendere il diritto allo studio e per rivendicare il diritto alla città delle e degli stident* contro la logica della città vetrina che tende a espellere le categorie di soggetti considerate indesiderabili. Il tentativo da parte del Magnifico Rettore di silenziare la riappropriazione del CIAL è, secondo noi, un episodio sintomatico della sua volontà di dare legittimità esclusivamente alle realtà politiche a lui gradite. Evidentemente, dato il suo comportamento come realtà politica universitaria non gli siamo simpatici e simpatiche, ma di questo poco ci curiamo. La cosa che più ci preoccupa è, invece, il messaggio che viene sottointeso. Tutte le studentesse e gli studenti, che non si possono fregiare del feticcio di essere chiamati rappresentanti studenteschi, non sono degni di essere ascoltat* indipendentemente dalle istanze di cui sono portatori e portatrici. Al “magnifico” Collini noi di ricevere da lui la legittimità per poter fare politica in università ce ne freghiamo altamente e che alla sua logica che divide la popolazione universitaria in student* di serie A e student* di serie B opponiamo un netto rifiuto. Al Rettore facciamo sapere che non piagnucoliamo per non esere stat* ricevut* da lui dopo la riappropriazione del CIAL perché quando, dove e come incontrarlo lo decideremo noi, studentesse e studenti dell’ateneo di Trento anche a costo di fargli una visita a sorpresa nel suo bell’ufficio di via Calepina.
Naturalmente non ne abbiamo solo per Collini. Abbiamo anche qualcosa da dire ai giornali che hanno seguito la nostra azione. Abbiamo per loro un invito. Invitiamo alcune testate giornalistiche locali a una maggiore obiettività d’informazione, che non si limita a riportare notizie in maniera errata, elogiando le istituzioni (rettorato e rappresentanti) e tentando di nascondere agli occhi di tutt* come un collettivo di studenti e studentesse totalmente autogestito e auto-organizzato sia riuscito a riappropiarsi dal basso di un’intera biblioteca per ben due fine settimana di seguito. Vorremmo che i mass media locali tentassero di ricercare in maniera diretta dalle fonti stesse le informazioni, nel rispetto dei suoi lettori/lettrici.
Vorremmo aggiungere solo un paio di ultimo di cose. I nuovi orari di apertura del CIAL sono una prima conquista alla quale abbiamo contribuito anche noi con il nostro modo di fare politica. Alla la logica di una rappresentanza studentesca basata su una struttura gerarchica e burocratica, le cui decisioni sono assunte da poch* escludendo qualsiasi altra forma di partecipazione proveniente dalla componente universitaria a lei estranea, opponiamo un processo decisionale in cui le decisioni vengano dagli e dalle student* negli interessi della popolazione universitaria in momenti assembleari aperti, inclusivi e assembleari e non siano solo frutto degli interessi di una ristretta élite. Siamo una parte attività della città stessa e rivendichiamo il nostro diritto alla città, a viverla ed attraversarla, a partire proprio dai luoghi di studio interni all’università. Non vogliamo essere richiusi in quella che sembra sempre essere più una gabbia dorata, funzionale allo sviluppo di un processo e di una politica di allontanamento ed esclusione degli studenti dal centro della città in cui vivono, ma ben lontana dalle reali esigenze della popolazione studentesca.
Come dicevamo prima i nuovi orari di apertura del CIAL sono un primo passo che noi però non riteniamo sufficiente e dichiariamo che il nostro obiettivo è il ripristino dell’apertura serale del Cial e l’estensione dell’orario di apertura settimanale fino alle 23.45, in modo da poter garantire la possibilità di studiare in un luogo maggiormente accessibile a tutt*.
Come recita un nostro slogan, “Vogliamo tutto. Fino all’ultimo diritto negato” e ce lo riprenderemo alla luce del sole
Vorremmo cagarvi, davvero, ma con la guardia non è facile
Novità in arrivo a Sociologia. Apprendiamo da un post pubblicato sulla pagina Facebook UDU-UNITIN che la direzione del dipartimento di Sociologia sta pensando di mettere in campo alcune contromisure dopo ritrovamento di siringhe usate nei bagni del dipartimento, come fotografato da SPOTTED UNITN qualche tempo fa. Le soluzioni che, a detta di UDU-UNITIN, sono allo studio delle alte sfere di Sociologia sono due. La prima sarebbe quella di permettere l’accesso ai servizi igienici grazie a un badge, come già avviene a Lettere o al CLA; la seconda propone l’assunzione di una guardia giurata che faccia la ronda per i bagni del dipartimento, controllandovi chi è dentro e cosa fa. Inutile dire che, perpless@ come siamo, abbiamo delle cose da dire in merito a queste macchinazioni che stanno avvenendo nella stanza dei bottoni del dipartimento.
La vicenda è sicuramente complessa e affronteremo solo alcuni aspetti legati ad essa.
Iniziamo col parlare di chi ha diffuso la notizia. A detta delle e dei e delle rappresentanti UDU-UNITIN, quando sono stati posti davanti alla scelta su quale delle due soluzioni prospettate preferissero, hanno dichiarato che la seconda è sicuramente quella migliore. Senza colpo ferire. È proprio vero che chi partecipa al teatrino delle elezioni studentesche ha la memoria corta e l’unica cosa che guarda è il proprio tornaconto elettorale. Quindi vogliamo rispolverare alcune passate vicende. Nel 2014-2015 il problema su cosa avvenisse nei bagni si era presentato al Dipartimento di Lettere e Filosofia. Atreju, lista universitaria molta vicina alle e ai fascistell@ di Fratelli d’Italia, propose di risolvere il problema permettendo l’accesso ai servizi igienici solo alle persone dotate di badge. All’epoca, Atreju era la grande antagonista di UDU, quindi la sezione universitaria della CGIL aveva dimostrato tutta la sua contrarietà e provato a non far passare la proposta negli organi universitari. Limitare così la libertà di utilizzo dei servizi igienici universitari era troppo, a detta di UDU. Adesso, che Atreju è stata ridotta a una presenza irrisoria in Università, le e i burocrati di UDU possono tranquillamente gettare la maschera. Il badge no, non possono mica accettarlo come soluzione possibile; ma la guardia sì, appellandosi alla retorica della scelta del meno peggio. Peccato che il meno peggio è spesso il peggio, ma l’importante è dimostrare alla popolazione universitaria che loro i risultati li portano a casa, non importa quali essi siano. Il “fare” prima di tutto, cercando, naturalmente, di compiacere innanzitutto le alte sfere della dirigenza universitaria. Ed è qui che arriviamo al secondo nodo della faccenda: l’utilizzo degli spazi universitari.
Gli spazi sono di chi li vive e non di chi li governa, quindi in questo caso dovrebbero essere gli studenti e le studentesse a prendere parola sulla loro gestione. Anche questa volta, però, la componente studentesca è stata completamente bypassata dalla dirigenza del dipartimento innanzitutto, che la chiama in causa solo quando c’è da fare una scelta fra due opzioni, senza poter discutere nel merito del processo che portato a partorire le due possibili scelte. La componente studentesca è stata poi ulteriormente bypassata dalla rappresentanza UDU che, ancora una volta, si è arrogata il diritto di dare un indirizzo per tutti e tutte senza nemmeno porsi il problema di interpellare o comunicare prima della scelta con gli studenti e le studentesse. Insomma, sarà pure così che funziona la rappresentanza ma fa proprio schifo come sistema, a maggior ragione se si tratta di mettere una guardia giurata, possibilmente armata, che gira per i bagni dell’università a sincerarsi che vada tutto bene negli stalli dei cessi.
Oltre ad una questione sul metodo, comunque, c’è anche una questione nel merito stesso della faccenda. Il dipartimento affronta una questione così complessa derubricandola ad una questione di “ordine interno”, senza affrontare la radice del problema che, evidentemente, non si trova dentro le mura del dipartimento. Questa situazione infatti è evidentemente legata alla città tutta, dunque anche al modo in cui il Comune affronta qualsiasi problematica sociale (tra cui l’utilizzo di sostanza stupefacenti) come problema di ordine pubblico, interpellando la questura e militarizzando la città, normando in maniera certamente non pacifica l’utilizzo degli spazi cittadini.
Le siringhe a Sociologia sono solo la punta di un iceberg ben più grande dunque. L’idea di uno sceriffo che gira per la facoltà, bussando alle porte dei bagni ogni cinque minuti non è per noi una soluzione. Chissà se davvero il dipartimento avrà il coraggio di farlo. Aspettiamo trepidanti l’esito.