Nell’Italia del marzo 1977, presso l’istituto di anatomia dell’università di Bologna si tiene un’assemblea di Comunione e Liberazione, 400 i presenti. All’entrata dell’aula cinque studenti di medicina riconosciuti come aderenti al movimento vengono malmenati dal servizio d’ordine dei cattolici. Mentre la notizia attraversa la città, la zuffa dilaga. L’intervento di carabinieri e polizia, chiamate dal rettore, è immediato: partono lacrimogeni e gli scontri si spostano verso porta Zamboni. Dopo le violente cariche, nei pressi di via Irnerio, studenti e studentesse vengono bloccat* da una autocolonna di PS e carabinieri ed é a questo punto che un carabiniere spara ripetutamente. Per difendersi, viene lanciata una molotov contro la jeep, causando un principio d’incendio. Poi, in Via Mascarella, una colonna di carabinieri proveniente da Via Irnerio sparano ancora. Chi spara è un carabiniere e lo fa con la fermezza di chi, per amplificare le potenzialità di una buona mira, appoggia il braccio su una macchina mentre punta l’arma. Sotto la vigliaccheria dei colpi puntati alla schiena cade Francesco Lorusso, 25 anni, studente e militante di Lotta Continua. La voce si sparge, seguono ore e giorni di autentica guerriglia per le strade della città. Gli echi degli scontri di Bologna si propagano per tutta Italia e il clima diventa torrido, nella città emiliana e non solo. Con la complicità del sindaco comunista Zangheri i carri armati di Cossiga occupano le vie del centro di Bologna, lasciando il ricordo indelebile di una repressione che vede nel Partito Comunista Italiano il principale alleato della magistratura.
Con la determinazione di chi non intende assuefarsi e arrendersi a una narrazione avvelenata da miopi pagine di ricostruzione storica che dove non ha imbalsamato ha demonizzato, sentiamo oggi più che mai la necessità di promuovere la costruzione di un pensiero critico che parta, oggi come allora, dalle nostre università. La repressione di oggi ci trova sempre preparat* ed insubordinat* perché siamo forti del fatto che abbiamo nella memoria l’esempio e nella lotta la pratica.
11 MARZO BANDIERE ROSSE AL VENTO! UCCIDONO UN COMPAGNO NE NASCONO ALTR* CENTO!
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A Idy Diene per non dimenticare
Liberati dalle catene! Lotto Marzo sciopera!
L’8 marzo, in ogni continente, al grido di «Non Una di Meno!» sarà sciopero femminista.
Come studenti e studentesse di AULA (Assemblea Universitaria di Lotta e Autogestione) crediamo che sia necessario partecipare a questa data per creare un momento di lotta che possa bloccare la produzione e la riproduzione delle gerarchie di genere. Una giornata di lotta, individuale e collettiva, che possa creare fratture nella routine della struttura patriarcale e del sessismo che ci circonda.
Interrompiamo ogni attività lavorativa e di cura, formale o informale, gratuita o retribuita. Portiamo lo sciopero sui posti di lavoro e nelle case, nelle scuole e nelle università, negli ospedali e nelle piazze. Supporta lo sciopero delle lavoratrici e dei lavoratori, fai emergere la violenza invisibile che viene esercitata quotidianamente sui nostri corpi. Incrocia le braccia e rifiuta i ruoli e le gerarchie di genere che ci vengono imposti!
In Italia una donna su tre tra i 16 e i 70 anni è stata vittima della violenza di un uomo, quasi 7 milioni di donne hanno subito violenza fisica e sessuale, ogni anno vengono uccise circa 200 donne dal marito, dal fidanzato o da un ex. Un milione e 400 mila donne hanno subito violenza sessuale prima dei 16 anni di età. Un milione di donne ha subito stupri o tentati stupri. 420 mila donne hanno subito molestie e ricatti sessuali sul posto di lavoro. Meno della metà delle donne adulte è impiegata nel mercato del lavoro ufficiale, la discriminazione salariale va dal 20 al 40% a seconda delle professioni, un terzo delle lavoratrici lascia il lavoro a causa della maternità. Questi dati sono solo l’evidenza numerica di una violenza strutturale che avvolge le nostre quotidianità, il residuo visibile di una cultura che si annida nei chiaroscuri delle nostre vite. Capitalismo, fascismo, razzismo e patriarcato sono i pilastri che si intrecciano e si alimentano tra loro per sorreggere la struttura di dominio del mondo in cui viviamo. Non sorprende che essi siano le basi sulle quali poggia il complesso ideologico che caratterizza l’attuale governo fascio – leghista. Scioperiamo in tutto il mondo contro l’ascesa delle destre reazionarie che stringono un patto patriarcale e razzista con il neoliberalismo. Scioperiamo contro il DDL Pillon, che attacca la libertà delle donne, contro la legge Salvini che va a ledere i diritti e l’autodeterminazione delle migranti e dei migranti e che costruisce un senso comune xenofobo razzificando i loro corpi. Scioperiamo contro gli attacchi della destra reazionaria a diritti che sembravano ormai consolidati, come il divorzio e l’aborto, contro la difesa della famiglia etereonormata e dell’ordine patriarcale, contro le politiche che attaccano gay, lesbiche e trans*. Scioperiamo perché resistiamo all’egemonia sessista e razzista promossa dalla lega; la stessa lega che in occasione della festa della donna ha divulgato un volantino omofobo e razzista che ha promosso una figura stereotipizzata di “donna brava zitta e lava”, la stessa lega che in più occasioni ha legittimato (quando non incentivato) la violenza sulle donne, che annulla i corsi di educazione al genere nelle scuole promuovendo una visione androcentrica del mondo.
Lotta per emanciparti! Ritroviamoci l’8 marzo di fronte la facoltà di Sociologia alle 16:30 per costruire insieme una giornata di conflitto femminista.
A segurie alle 22 libera la queer che è in te allo Spazio Off. No fasci, No Macho.
Liberati dalle catene!
AULA – Assemblea Universitaria di Lotta e Autogestione
Sull’ipocrisia dei destroidi riguardo la Trap
Se le polemiche che hanno scaturito intorno al Festival di Sanremo di sicuro non sono (fortunatamente, aggiungo io) al centro dell’interesse della mia generazione, dall’altra mi sento di poter aggiungere alcune cose riguardo la particolare polemica suscitata intorno al brano di Achille Lauro “Rolls Royce”. E questo per il semplice motivo che Achille Lauro e il suo producer Boss Dooms li conosco e li seguo da anni. Ma soprattutto conosco bene il substrato (sub)culturale dal quale sono emersi e cresciuti, fin da quando Boss Dooms era un semplice DJ dubstep dell’CS Brancaleone e Achille Lauro uno dei tanti sconosciuti MC di una crew di coatti di Roma.
La (sub)cultura a cui facevo riferimento pocanzi, è lo stesso substrato da cui è emersa tutta la nuova scuola Trap italiana, da Bello Figo fino a Young Signorino, passando per Ghali e Sfera Ebbasta. Non a caso mi sento di accostare le ultime polemiche sanremesi a quelle un po’ meno recenti intorno a Sfera, dopo il tragico incidente nel locale dove si sarebbe dovuto esibire.
È proprio sull’atteggiamento “scandalizzato” di un certo giornalismo e di una certa classe politica (principalmente di destra) che vorrei concentrarmi.
La strage della discoteca aveva fatto puntare i riflettori sui testi di Sfera e sembrava che fino ad allora i genitori fossero stati completamente sordi rispetto ai testi delle canzoni di cui i loro giovani figli vanno matti e improvvisamente, dopo la tragedia, si fossero decisi a scandagliarli e analizzarli. Ed ecco scoperchiato il vaso di Pandora: “i nostri figli ascoltano musica senza valori, in cui si parla liberamente o addirittura con esaltazione di consumo di droga e sesso disordinato!”
È vero. Peccato che non sia questa la vera novità tematica introdotta dalla Trap. La vera cifra tematica ricorrente, in praticamente ogni pezzo Trap, è l’esaltazione del denaro e del consumo (droga e sesso sono solo due sottoinsiemi del maxi insieme dell’edonismo consumistico).
Temi quali la droga, soldi e sesso, trattati con schietto realismo, sono stati introdotti nel rap (soprattutto un certo tipo, il “gangster rap”) da alcuni decenni, ma tutto ciò veniva considerato, in primis dagli stessi rapper, come qualcosa di contro-culturale, in una scena musicale mainstream egemonizzata dal “sole cuore amore”.
Oggi i trapper, che sono praticamente tutti della generazione 90s, cresciuti nel crogiuolo del berlusconismo, trattano gli stessi temi con la stessa schiettezza dei gangster rapper, ma pretendendo al contempo – e riuscendoci! – ad essere mainstream.
Tutto ciò è perfettamente logico se si concorda con me sul fatto che l’ideologia di questi trapper (non tutti, ma la stragrande maggioranza di quelli che hanno fatto successo) non è affatto antitetica a quella dominante, anzi! Droga, soldi e sesso sono, ribadisco, aspetti inclusi nel generale edonismo consumista nichilisteggiante che caratterizza l’odierna cultura del liberismo globale.
Se infatti pensassi che l’intenzione dei trapper fosse effettivamente quella di “dare scandalo”, allora questo articolo non l’avrei scritto e avrei usato il termine “controcultura” invece di “subcultura”. Ma se si trattasse controcultura in aperto contrasto con quella mainstream allora come spiegare il fatto che praticamente tutti, tra i trapper, non solo non si sottraggono all’integrazione nei circuiti mainstream dello spettacolo (come si addice a un ribelle), ma addirittura (l’integrazione) la richiedono esplicitamente?! Bello Figo, DPG, Sfera Ebbasta, Achille Lauro, Young Signorino e co., non si son mai fatti mancare l’occasione di partecipare ai programmi classici della Televisione italiana e non hanno mai espresso nessuna intenzione – se non di rottura – nemmeno accennatamene di critica alla società. Dunque laddove i vecchi democristiani vedono un affronto alla cultura italiana, gli stessi autori non la riconoscono.
Questo è dovuto – a mio avviso – a un semplicissimo equivoco: i destroidi ci credono stupidi (o meglio, ci vorrebbero stupidi). Pretendono in poche parole che la nostra generazione, cresciuta lungo il ventennio berlusconiano, possa ancora “bersi” la favoletta dei “Vecchi valori”. Parafrasando, pretendono che noi crediamo ancora al fatto che Berlusconi fosse convinto che Ruby fosse la nipote di Mubarak e che le sue cene si svolgessero in modo sobrio ed elegante. Ma la stragrande maggioranza degli italiani non ha bisogno di queste frottole, per il semplice fatto che dei “vecchi valori” non sa più che farsene. I giovani questo non solo l’hanno capito, ma lo vivono nella loro quotidianità, a differenza dei loro genitori, che spesso vivono costretti dalle gabbie dell’ipocrisia morale. Lo hanno sempre vissuto, essendo nati in quel degli anni ‘90, esaltati da tutti i narratori mainstream come gli anni della fine delle “ideologie”. E se i trapper, di questa “fine delle ideologie”, ne fanno la loro unica vera bandiera, i loro testi sembrano dire tutti all’unisono: “Silvio, noi ti amiamo per quello che sei. Puttaniere, manigoldo e senza scrupoli”. È questo atteggiamento semplicemente sincero, più che i valori che ne sono alla basa, a sconvolgere i destroidi. Alle accuse di essere “cattivi educatori”, i trapper non possono che rispondere con un incredulo “ma come? La pensiamo esattamente come i nostri genitori, solo lo stile espressivo è diverso”.
Eppure di tale novità stilistica apportata dai testi trap non ne ha parlato quasi nessuno, se non Morgan, in un simpatico articolo diviso in tre parti sul suo blog, che accosta Achille Lauro al dadaismo (cosa che io scherzosamente facevo già 4 anni fa, ma vabbè).
Ma senza aprire una parentesi di critica estetica, concludo il mio ragionamento riguardo ai temi, arrivando dunque alla questione “più fresca”.
Achille Lauro, come Sfera Ebbasta, si fa portavoce dell’ideologia della “non-ideologia” (in realtà, i marxisti come me sanno che “non-ideologia” è sempre un sinonimo scorretto di “ideologia dominante”, che in questo caso è l’individualismo consumistico) muovendosi su un terreno neutro, trasversale: quello della sfera della (direi da psicologo) “decisionalità” individuale. La sua “Rolls Royce” è un inno al coraggio, alla grinta di chi si mette in moto, contro la routine della vita mediocre per una vita alla rincorsa dei propri sogni. “Che grande novità!” – esclamerei se mi trovassi negli Stati Uniti di inizio anni ‘40. Ma ormai con il mercato del lavoro “flessibilizzato”, la non-monotonia è più una condizione obbligata che una scelta individuale.
Al di là di questo, per concludere appunto sul trend topic: se canale 5 ha attaccato Achille Lauro non è certo perché la canzone rischiava di portare i giovani sulla “cattiva strada” della droga. La droga non c’entra, di per sé, perché anche loro sanno bene che se si facesse un test antidroga all’entrata del Festival resterebbero praticamente solo Baglioni e Arisa. Semmai è la mancanza di ipocrisia con il quale Achille Lauro aveva trattato in passato la tematica della droga (sul quale tra l’altro ha ritrattato nelle ultimissime interviste). Ma come dicevo prima i trapper e i giovani in generale non comprendono proprio la necessità di mascherarsi dietro a un dito. Perché sono più svegli dei loro nonni e meno ipocriti dei loro genitori. I vecchi poltronieri televisivi di questo Paese dovrebbero prendere esempio da questi brani se vogliono cominciare ad occuparsi di una piaga sociale come la droga in modo serio, guardandone alle cause con atteggiamento medico anziché moralisteggiante.
Ma quello che essi davvero non riescono a tollerare è di vedere sé stessi smascherati, spogliati delle loro ipocrisie. Quello che gli ha fatto rodere il culo è in generale l’esaltazione senza maschere e quasi ingenua dei mezzi “scorretti” per arrivare al successo o almeno al godimento. Pretendevano che mentre i miti televisivi si vantavano di quanti soldi avessero guadagnato in modo facilissimo, il popolino continuasse a osservare ossequiosamente il valore del lavoro “per bene”, dei soldi “guadagnati onestamente”, della “famiglia tradizionale” e de’ “la salute prima di tutto”.
Purtroppo per loro, le contraddizioni esplodono da sole, e ai bordi delle strade di tutte le periferie italiane chiunque può riuscire ad ascoltare tredicenni che cantano appassionati versi come i seguenti:
“Gonfia sto pacco di soldi – sì come un gommista / Come un culturista / Non sono inglese / Dentro una cartina ho un abete / Dovevo stare in galera e invece / Volevo avere…” (Achille Lauro – Ulalala feat. Gemitaiz (Prod. Boss Doms).
di MC
Degrado a Trento? Ora parliamo noi!
Ed eccoci a dover prendere parola per l’ennesima volta su una questione per noi molto importante, ma altrettanto dibattuta.
Pare che nell’ultimo periodo a Trento sia ritornato alla centralità del dibattito pubblico e politico il fenomeno della socialità studentesca. Dal provvedimento di chiusura anticipata del locale “La Scaletta” alla mozione presentata in comune da parte di tutti i partiti di opposizione (M5S, Lega, Forza Italia, Civica e Progetto Trentino) sembra di ritrovarsi in una città catapultata nel degrado più becero.
Purtroppo per noi non si è parlato per nulla si spazi di aggregazione per studenti e studentesse, ma di come reprimere la loro affluenza per le vie della città durante gli orari notturni. Non si è minimamente accennato a come, da più tempo a questa parte, le voci studentesche si facciano sentire in svariati modi per proporre e stimolare un dibattito costruttivo e risolutivo di una situazione che di fatto, si è cristallizzata da anni e vede soltanto i partiti politici strumentalizzare (a ruota) l’assenza di soluzioni, il tutto per una manciata di voti alle elezioni successive. Perchè di questo si tratta, i provvedimenti repressivi da loro proposti non porteranno a nessuna soluzione, ma serviranno al prossimo appuntamento elettorale per passare dall’essere opposizione al governare la città.
Ormai il PD (o quel che ne resta) ha ceduto sulla questione sicurezza, trovandosi a rincorrere le prerogative di chi si è posto a difensore della paura “surreale” dei residenti trentini spaventati da chi, alla fine dei conti, non ha nessuna voce in capitolo a livello istituzionale.
Chi vive la città da un po’ di anni, si è reso conto di come la repressione sia sempre stata la risposta al bisogno di socialità. Ne abbiamo scritto anche altrove (https://curtrento.noblogs.org/post/2017/12/11/da-lettere-alla-scaletta-lo-stesso-paradigma-escludente/), e lo abbiamo visto con i nostri occhi. Purtroppo non ci resta che ribadire la nostra contrarietà alla miopia di certe misure istituzionali, in quanto superficiali e poco efficaci.
Esprimiamo anche forte preoccupazione nei confronti di quei residenti che si sono mobilitati per chiedere l’immediato intervento del prefetto del questore e del presidente della Provincia.
Ci teniamo a sottolineare come la mancanza di idee e progettualità non possano essere sostituite da telecamere e coprifuoco e divieto di alcolici, in quanto non vanno minimamente ad affrontare il problema, anzi lo peggiorano.
Per noi l’unica soluzione è far emergere questo bisogno e lottare affinché Trento possa diventare una città in cui studenti e residenti riescano a convivere e vedersi reciprocamente come valore aggiunto per la città. Dobbiamo rompere la logica che obbliga gli studenti e le studentesse ad essere dei/delle meri/e consumatori e consumatrici perché oltre ai soldi degli affitti e delle tasse universitarie portiamo molto di più. Portiamo una spinta innovatrice e di cambiamento che spaventa tanto i conservatori. Orrori legati a periodi bui del passato diventano realtà ed è per questo che non è possibile stare in silenzio. Portiamo con noi il cambiamento ed è per questo che continueremo a rivendicare a voce alta il nostro diritto a vivere la città.
RIVOLTA NELLE UNIVERSITÀ ALBANESI
Mentre la Francia è attraversata dalle proteste dei Gilet Gialli, dall’altra parte dell’Adriatico l’Albania è scossa da un movimento universitario che lotta contro la riforma governativa del 2015, gli alti tassi di corruzione e la costante carenza di investimenti nel sistema universitario. Le proteste si stanno susseguendo senza sosta ormai da settimane con boicottaggi continui delle lezioni, blocchi stradali, cortei e presidi partecipati in massa in molteplici città, specialmente nella capitale Tirana, invasa da student* di tutto il paese. La caparbietà della lotta ha costretto il governo all’apertura di un tavolo di trattativa. Il movimento universitario, però, con la solidarietà degli studenti liceali, ha affermato nuovamente la sua volontà di non voler sedere al tavolo delle istituzioni negando la possibilità di compromessi e continuando a oltranza fino alla conquista di tutti gli obiettivi. La protesta non si muove solo contro l’attuale stato in cui versa l’istruzione ma contro l’intero spettro partitico e parlamentare che invariabilmente sostiene l’interesse dei pochi. La protesta si sta quindi allargando verso un’analisi dei rapporti di forza vigenti all’interno dell’intera società albanese e una critica radicale del modello di sviluppo esistente, iniquo in ogni aspetto sociale e culturale.
Di seguito pubblichiamo un’intervista a un attivista del movimento universitario albanese per approfondire la vicenda presa da
https://www.infoaut.org/conflitti-globali/rivolta-nelle-universita-albanesi-intervista-ad-un-attivista-del-movimento-parte-1
e da
https://www.infoaut.org/conflitti-globali/rivolta-nelle-universita-albanesi-intervista-ad-un-attivista-del-movimento-parte-2?fbclid=IwAR3y7cB8HJ_7whf4vA4YJYrn31_x3Cpt8RjezCsBeJ-dZBd-KajZKD823-8
Iniziamo da capire come é nato questo movimento, quali sono le vertenze promosse dagli studenti.
Il movimento universitario di questi ultimi giorni ha i suoi prodromi nel boicottaggio delle lezioni da parte degli studenti di architettura. La ragione principale del boicottaggio stava nel fatto che la segreteria della facoltá di architettura ha richiesto il pagamento delle tariffe universitarie a dicembre, quando le tariffe venivano pagate sempre a gennaio. È stato precisamente questo ad aver scatenato la rabbia degli studenti. Gli studenti non erano pronti a pagare una tariffa del genere e si trovavano in grosse difficoltá economiche.
Il secondo motivo è legato invece ad una delibera del consiglio dei ministri datata al 21 maggio 2018, che richiede nel comma 4 il pagamento di un valore aggiunto per accedere ai crediti di ogni esame non superato. Il valore di questo bollo è di 640 lekë (ca. 5 euro) per ogni credito ottenuto da esami da rieffettuare. Tutta quest’ondata di protesta e’ nata spontaneamente, ma poco dopo sono cominciati ad entrare in gioco diversi raggruppamenti, con l’intenzione di intercettare la protesta a seconda dei loro interessi, in particolare il consiglio studentesco e i militanti dei partiti di opposizione. Ma il più attivo e organizzato movimento, da lunghi anni, é “Për Universitetin” composto da studenti e alcuni docenti.
Quanto detto sopra é perlopiù il pretesto con cui è nato questo movimento. Le ragioni reali, emerse dalle rivendicazioni degli studenti, che da anni vengono organizzati dal movimento “Për Universitetin” sono state la Riforma Universitaria del 2015, le alte tariffe, la corruzione in’universitá, gli scarsi investimenti nella ricerca scientifica, la mancanza degli strumenti da laboratorio, la mancanza delle minime condizioni di abitabilitá dei convitti, il loro caro prezzo, etc..
Quali sono le condizioni sociali degli studenti che scendono in piazza, si tratta di una protesta di categoria o riguarda anche istanze di classe di piu’ ampio respiro?
La condizione sociale degli studenti che prendono parte alla proteste è variegata. La maggioranza di loro viene dalle classi più umili, ma qualcuno anche dalla classe media. È praticamente impossibile per gli studenti che provengono da questi contesti pagare le tariffe universitarie, e pagare i docenti che chiedono soldi in nero per effettuare esami. Come anche pagare le varie convalide rilasciate dalle segreterie, i manuali e i quaderni, le case da dover affittare, etc… Comunque sia, ci sono studenti che vanno oltre alle semplici rivendicazioni economiche, questi chiedono un’istruzione di qualità, aumento degli investimenti nel campo della ricerca scientifica e la segnalazione di tutto il corpo docenti, per far modo che i docenti corrotti vengano allontanati..
Come gruppo siete attivi in università da molto tempo, quali sono state le vostre iniziative precedenti?
Il movimento per l’università è da quasi cinque anni che si organizza e combatte contro la riforma del sistema universitario promulgata dal governo Rama, per un’università gratuita e di qualità, libera dalla corruzione e dall’incompetenza. Permettimi di parlarti un po’ della riforma, dato che il movimento, come ho già detto è nato come risposta di un gruppo di studenti e docenti contro la la riforma universitaria.
In primo luogo, la riforma è stata scritta da un piccolo gruppo nominato dal primo ministro, non eletti dal corpo accademico, e non avente alcun legame con gli interessi dell’università pubblica, e che al contrario era fortemente vicino agli interessi delle università private. Da un punto di vista finanziario questa riforma era diretta a favorire le universitá private, le quali grazie ad essa hanno cominciato ad avere accesso ai fondi che lo stato stazionava per quelle pubbliche. In secondo luogo, l’autonomia finanziaria che questa legge da alle universitá pubbliche implica anche il fatto che queste debbano trovarsi da sole i fondi per potersi finanziare.
A queste condizioni l’unico mezzo che l’universitá ha a sua disposizione per finanziarsi è l’aumento delle tariffe universitarie, dato che lo stato non ha alcuna intenzione di aumentare il fondo a disposizione dell’istruzione pubblica. Essendo consapevoli che l’aumento delle tariffe sarebbe stato insopportabile per gli studenti, i riformatori avevano anche previsto di introdurre il prestito studentesco, che avrebbe trasformato la maggioranza degli studenti in debitori presso le banche.
Per quello che riguarda invece l’aspetto politico, la riforma riduce del 10% il peso del voto studentesco alle elezioni degli organi universitari. Secondo le nostre stime, il voto di 1 docente eguaglierebbe quello di 20 studenti. Noi fin dal 2015 ci siamo opposti a questa riforma neoliberista e bottegaia che trasforma lo studente in un cliente indebitato e l’universitá in un immenso mercato di lauree. Quest’opposizione il movimento l’ha alimentata intavolando dibattiti e assemblee pubbliche sulla riforma e su quale sia la nostra idea di università. Come anche attraverso le innumerevoli proteste alle quali hanno preso parte centinaia di migliaia di studenti.
Come conseguenza dell’indifferenza del governo alla voce degli studenti, alcuni compagni hanno compiuto azioni anche più radicali, come il bersagliare il primo ministro con delle uova e versare sugo di pomodoro in faccia al ministro dell’istruzione (video). Molti di questi attivisti stanno ancora affrontando dei processi a causa di queste azioni. Il movimento sta anche denunciando da anni il furto che i docenti corrotti compiono a danno degli studenti, pretendendo illegalmente soldi da loro per poter effettuare gli esami, abbiamo anche denunciato le condizione i misere in cui versano gli alloggi nei quali gli studenti vivono; i prezzi alti dei manuali; l’alto costo della vita ; la mancanza di laboratori preparati e tanto altro. In questo senso “Për Universitetin” ha preceduto da anni questi movimenti che stanno oggi bloccando la capitale. Possiamo dire di aver preparato noi il terreno grazie al quale tutto questo è accaduto. Per mezzo di proteste innumerevoli, denunce, appelli e interviste televisive. Nonostante oggi non siamo gli unici alla testa di questa protesta.
A proposito degli altri soggetti politici che stanno cercando di farsi largo a spese della protesta potresti spiegarci qualcosa a riguardo dell’aggressione condotta dai militanti del Partito Democratico Albanese nei confronti del docente Jani Marka avvenuta la scorsa domenica?
L’aggressione al docente Jani Marka, il quale é parte del movimento “Për universitetin” è stato uno degli atti più infami verificatosi durante le ultime proteste da parte dei membri dei partiti politici, in particolare da parte dei forum giovanili del PD (destra) e dell’LSI (centro). Le ragioni di questi atti sono ora conosciuti da tutti. Il nostro movimento da sempre ha denunciato tutti i partiti come colpevoli della situazione miserabile in cui versano oggi le nostre università.
È stato proprio il Partito Democratico ad aver proposto per primo la riforma del sistema universitario, che però non riusci a realizzare grazie all’opposizione del movimento “Università in pericolo” che per molti aspetti ha preceduto quello contemporaneo. La nostra ferma denuncia al PD e all’LSI c’è stata perché hanno continuamente cercato di assumere il controllo della protesta tramite i loro squadristi. Ma hanno sempre incontrato sempre la resistenza degli studenti e degli attivisti del movimento. La loro impotenza nell’infiltrare la piazza ha fatto innervosire molto i loro leader, questo è anche il motivo per cui hanno attaccato il docente Jani Marka. Il movimento studentesco di questi giorni ha invitato sin dall’inizio questi partiti a starsene fuori dalle proteste. Ma i loro tentativi di prenderne il controllo non sono comunque finiti.
In Albania questo movimento e’ stato paragonato da molti a quello che nel 90′ ha portato alla fine dell’esperienza socialista. Ma il movimenti studentesco in’Albania ha una storia molto piú lunga, anche durante il nazifascismo l’opposizione degli studenti fu cruciale nella lotta di liberazione nazionale. Quali sono gli aspetti che questo movimento ha in comune con I precedenti e quali le differenze?
É vero, centinaia di studenti si unirono la Lotta di Liberazione nazionale. I personaggi piu significativi di questa lotta erano studenti e giovani che con molto coraggio dettero forma a quel movimento e lottarono contro il nazifascismo. Ma questo é pure accaduto durante gli anni ’90, quando gli studenti, assieme ai lavoratori, hanno abbatuto il regime stalinista instaurato da Enver Hoxha.
Le differenze sono molte in realtá molte. In primo luogo non chiediamo il rovesciamento del sistema o del governo, ma chiediamo:
1) l’Abrogazione della Riforma univeristaria, come punto di partenza per inaugurare un’altra riforma vera riforma dell’universita, basata sulle rivendicazioni delle masse studentesche;
2) Il raddoppio del fondo pubblico per gli studi universitari. Che dovrebbe assicurare il miglioramento delle condizioni dei convitti, l’arricchimento delle biblioteche, la crescita della ricerca scentifica, l’elezione del personale accademico da parte degli studenti e molto altro, la lista è ancora lunga…
3)Scuola pubblica gratuita, a tutti i livelli di istruzione;
4) Una riforma vera della vita universitaria basata sui principi della democrazia all’interno dell’universita: la creazione di un’assemblea di universitari scelta dai voti (parificati) degli studenti e docenti in ogni facolta’ delle universita’ pubbliche.
Un’altra differenza cruciale e’ il fatto che al contrario del movimento studentesco degli anni ’90, questo movimento non ha un capo, ma e’ orizzontale ed e’ seguito da numerosi raggruppamenti politici, molti dei quali purtroppo legati con i partiti politici. E assieme a questo oggi, una dei maggiori desideri del movimento e’ la realizzazione delle rivendicazioni e dei principi che il movimento studentesco degli anni 90′ non e’ riuscito a realizzare.
Lo slogan degli studenti “Vogliamo l’Albania come il resto d’Europa” rappresenta la loro volonta’ e il di vedere un’Albania sviluppata come il resto dei paesi europei, dove la scuola pubblica e’ gratuita e i salari sufficienti per poter vivere con dignità. Questo fu anche lo slogan degli studenti degli anni ’90, purtroppo loro non riuscirono mai a vedere il loro paese cambiare come il resto degli altri paesi sviluppati. Oggi gli studenti rivendicano un’istruzione pubblica gratuita e di qualita, poiche’ non vogliono che il futuro continui ad essere oscuro e senza alcuna via di fuga.
Hai detto che uno degli slogan della protesta degli studenti è “Vogliamo l’Albania come il resto d’Europa”, in riferimento ai requisiti di acessibilitá e di qualitá del sistema universitario. Chiaramente, la qualitá del sistema universitario albanese non si avvicina nemmeno lontanamente a quella degli stati dell’Unione Europea, ma così facendo non si rischia di fraintendere l’UE per un luogo in cui certe contraddizioni non esistono? Anche i sistemi universitari europei, e in primo luogo quello italiano, hanno centinaia di problemi che vanno dalla corruzione al clientelismo, dal nepotismo all’uso ideologico dell’accademia come legittimazione dello stato delle cose presenti. Per non parlare delle pesanti misure repressive adottate dalla polizia o direttamente da certi rettorati per impedire l’attivitá politica degli studenti.
È vero che cosi facendo s’incorre nel rischio di venire sussunti dall’ideologia dominante, che vorrebbe l’occultamento di ogni contraddizione e che rappresenta la realta’ come organica e armonica, in cui la vita si svolge nei migliore dei modi, dove chiunque ha il suo ruolo e non esistono contraddizioni e classi. Molti studenti però non lo capiscono, anche perché i loro principali canali di contatto con l’Europa passano attraverso la televisione, Internet o dalle loro brevi visite che compiono in questi paesi. Se questi andassero a vivere un po’ di tempo in questi luoghi, la loro idea cambierebbe di sicuro, ma solo dopo aver constatato da solo che la realta e’ estremamente diversa da quella descritta dalle riviste, dalla tv o da Internet. Io ho studiato in’Italia dal 2004 al 2012 e so che la realta’ di questi luoghi e’ completamente diversa da quello che si dice o che si pensa. Ricordo di aver preso parte a molte lotte studentesche contro la riforma Gelmini. In’italia ci sono molti problemi che riguardano i diritti degli studenti e pure le loro liberta’ politiche, come anche gli alti costi dell’istruzione.
Nei fatti, come ogni movimento è a suo modo composito e spurio. A dimostrazione di questo va ricordato che uno degli altri slogan gridati dalle piazze questi ultimi giorni è stato “No al dialogo, no ai negoziati, riducete le tariffe, stronzi!”. Questo a dimostrazione che il conflitto che segna la linea di demarcazione tra le rivendicazioni degli studenti e la posizione del governo europeista di Rama sta diventando man mano più profondo e sembra non lasciare altri sbocchi che quello dell’annullamento della riforma universitaria del 2015. Pena la caduta del governo o come minimo l’inizio di negoziati che vedrebbero in grosso svantaggio Rama e l’intero gabinetto.
Edi Rama, dal canto suo, aveva ampiamente sottovalutato la protesta. All’inizio il suo atteggiamento é stato molto arrogante e facilone, e con queste pretese era giunto a liquidare la piazza come “movimento dei pluribocciati”, per poi rendersi conto, in maniera molto infantile, che la realtá del movimento era molto più ampia e il disagio alle sue fondamenta molto profondo di quanto si aspettasse. I suoi ultimi post fb lasciando intendere molto bene questo andamento. Sentitosi braccato dalle piazze degli universitari, ai quali nel frattempo si sono uniti tantissimi liceali e semplici cittadini, ha infatti promesso che il pagamento delle tariffe verrá sospeso.
Il movimento però é deciso, e non sembra volersi fare incantare dalle sue promesse o da qualche pallida posizione di studenti “integrati e di successo” per cui le rivendicazioni degli studenti “non sono nulla a confronto dei doveri dell’universitá e a confronto di quello che il governo può offrire”. Il movimento è riuscito peraltro é riuscito a resistere anche agli intrighi di Berisha e dei suoi squadristi, portando in larga parte solidarietá ai compagni aggrediti negli scorsi giorni e, come pure in queste ultime ore, anche a quelli colpiti dalle misure repressive adottate dalla procura di Tirana.
Ma a noi e agli studenti del resto d’Europa cos’è che può insegnare questo movimento?
Rama non ha ancora accettato le richieste degli studenti, lui chiede il dialogo e la creazione di una piattaforma per lo svolgersi dei negoziati. Gli studenti, dal canto loro, hanno risposto che non ci possono essere negoziati e che le loro richieste devono essere accettate tout court. Infatti in una democrazia, la rappresentativita’ puo’ essere solo di natura amministrativa, procedurale, e mai sostanziale. Noi non vogliamo negoziare per quello che riguarda gli aspetti sostanziali delle nostre rivendicazioni. Per dirla con le parole di Rousseau “La volonta non puo’ essere in alcun modo manifestata se non direttamente da noi”.
Quello che vorrebbe Edi Rama, nei fatti e’ di uscire vincitore, da questa battaglia e ha gia’ perso. Lui vorrebbe apparire agli occhi del popolo come d’accordo con gli studenti, e non come quello che si e’ arreso a loro senza condizioni. Rama e il suo partito cercano di attirare, in maniera furtiva, gli studenti nelle loro giovanili, per creare una artificialmente una rappresentanza in grado di negoziare con lui. E non solo lui ma anche le giovanili degli altri partiti d’opposizione. comunque sia gli studenti non accetteranno la creazione di piattaforme del genere da parte dei partiti, siano anche esse dell’opposizione.
Gli studenti non possono avere una rappresentanza, anche per il fatto che sanno gia’ che, qualunque tipo di rappresentanza, sarebbe corruttibile o comunque mendace. E le contraddizioni si sono inasprite a tal punto che e’ impossibile negoziare. Nemmeno Berisha e gli altri, sono riusciti a dividere gli studenti. Durante la scorsa manifestazione, per esempio, gli studenti hanno spontaneamente cancellato i simboli dei tre partiti principali: PD, PS, LSI. Questo in aggiunta alla solidarieta’ verso il movimento e i suoi attivisti. Gli studenti del resto d’Europa non hanno nulla da imparare da questo movimento, se non quello che ha gia’ insegnato la storia, cioe’ che solo l’organizzazione e l’unita’ possono permette la conquista di molte cose.
Il movimento per l’università è da anni che cerca di consapevolizzare gli studenti in merito ai rischi che comporta la riforma universitaria, la quale conseguenza e’ la crescita delle tariffe, la scomparsa dell’autonomia universitaria, la rovina della democrazia studentesca etc. Dopo molti anni di organizzazione e di opposizione in strada e nelle aule, è infine arrivato il giorno in cui gli studenti si sono sollevati a centinaia di migliaia. Tutto questo dopo 25 anni durante i quali non si erano mai viste proteste cosi’ grandi e tenaci. Questo insegna che li’, anche dove sembra non esserci speranza, se ci sono organizzazione e coraggio, allora questa speranza ormai perduta puo’ tornare per dare nuovo respiro alla lotta per una societa’ formata da liberi e uguali.
Le disparità di classe si sono inasprite parecchio questi ultimi anni, questo grazie anche al contributo del governo che ha sempre assecondato le richieste dei padroni e degli oligarchi. Nel caso questi scontri si concretizzino in una buona organizzazione con delle vertenze inalterabili, allora ogni lotta puo’ essere vinta. Le sinistre europee sono spesso frammentate e malorganizzate, nel caso si voglia lottare per una societa’ diversa, andrebbero messe da parte le piccole differenze e unirci. Dato che i nostri nemici restano sempre e comunque lo stato e il capitale. Solo cosi’ possiamo sconfiggerli ovunque.
Un altro problema che accomuna voi e altri paesi della penisola balcanica é quello che riguarda l’emigrazione verso i paesi dell’UE, che non coinvolge solo i lavoratori, ma anche numerosissimi studenti. È un problema che tocca pure l’Italia, anche se diversamente. La risposta a questo è senza dubbio la lotta, ma questo significa anche opporsi a quei politici balcanici che dicono nei loro paesi di provenienza che l’unica alternativa alla corruzione e alle insufficienze del sistema economico siano l’integrazione euro-atlantica o l’emigrazione.L’Unione Europea non è in qualche modo responsabile di questo assieme a questi politici?
Mi viene da pensare che l’esempio più chiaro di questo sia proprio Edi Rama, che per guadagnarsi la simpatia degli europei e accelerare il processo di integrazione euroatlantica, descrive l’Albania all’estero (penso a certe interviste rilasciate a vari talk show in Italia) come una vera e propria utopia per gli investitori e gli avventurieri di ogni sorta, vista la mancanza di moltissime garanzie sindacali e politiche per i lavoratori e la grande corruzione.
Il problema che riguarda l’allontanamento dei lavoratori e degli studenti e’ una vera propria emergenza nazionale, mentra stiamo discutendo, migliaia di questi si stanno gia’ allontanando dal paese. Si parla in particolare dei lavoratori specializzati, dei medici, degli infermieri, degli ingegneri, dei tecinici, insomma del cervello del nostro paese. E’ vero che questo e’ un problema di molti altri paesi dei Balcani, in una situazione simile sono Bosnia ed’Erzegovina, Serbia e Kosovo. Ma il caso dell’Albania supera tutti gli altri paesi.
I motivi sono chiaramente molteplici, ma principalmente la disoccupazione, il lavoro senza garanzie, le basse puste baghe, e la mancanza totale di organizzazioni sindacali che dovrebbero assicurare il miglioramento delle condizioni lavorative e tanto altro ancora.. Secondo uno studio condotto in questi ultimi giorni la maggioranza sei medici emigra verso la Germania, vista la mancanza di prospettive per il futuro, come conseguenza dei motivi sopra elencati. E’ vero anche che alla radici di questo c’e’ la politica dello pseudosocialista Rama, che ha invitato molti investitori stranieri a venire in’Albania, adducendo al fatto che non ci sono sindacati e il mercato del lavoro sia il piu’ libero d’Europa.
Le nostre madri oggi lavorano nelle imprese tessili italiane per 150 Euro al mese, 9 o 10 ore al giorno, senza assicurazioni in molti casi, e con un solo giorno libero a settimana. Rama e’ semplicemente il rappresentante politico degli oligarchi e dei grandi padroni, che siano albanesi o stranieri. Una delle nostre lotte principali condotta contro queste politiche di devastazione, e’ la creazione di un sindacato operaio, lotta che conduciamo ormai da tempo e che speriamo di poter vincere assieme ai lavoratrici e ai lavoratori dei call center e a quelli delle imprese tessili.
Il governo continua a dire che la soluzione a tutti i nostri problemi e’ l’integrazione nell’UE, come se nell’Unione Europea non ce ne fossero. Anche in Europa oggi si affrontano gli stessi problemi nostri problemi, come i bassi salari, la corruzione sindacale, il lavoro malpagato etc. Per quando riguarda noi le istituzioni europee sono altrettanto colpevoli di questa situazione quanto lo e’ il governo, che continua a chiudere occhi e orecchie sullo sfruttamento, le ingiustizie, la corruzione, la distruzione del nostro ambiente e la sua trasformazione in un immenso orto adibito alla coltivazione della marijuana.
Cosa vorreste dire ai giovani della diaspora albanese in Europa?
Per quanto riguarda loro, vorremmo indirizzare una critica, ma anche un consiglio. Spesso la diaspora albanese in Europa, dato che non vive qua, quando torna per le vacanze si stupisce per alcuni cambiamenti estetici che il governo e i comuni compiono alla fisionomia delle citta’, sistemando le facciate dei palazzi, le piazze e le strade. Vorrei pregarli, quando giudicano l’operato del governo, di non limitarsi al lato estetico, e di non esaltarsi per la riverniciatura dei palazzi o di alcune piazze, ma di giudicare in maniera piu’ profonda la situazione.
Andrebbe ricordato loro che le loro madri e sorelle vengono pagate nelle filande soli 150 euro al mese, e che lavorano 9 o 10 ore al giorno, qua non ci sono sindacati che difendono i loro diritti. E gli studenti albanesi pagano le tariffe universitarie piu’ care d’Europa, nonostante i salari siano anche i piu’ bassi d’Europa, pure il prezzo della luce e’ uno dei piu’ alti se comparato a quello degli altri paesi nonostante il nostro paese sia uno dei paese con le piu’ grandi risorse idroelettriche e idriche.Non abbiamo nemmeno acqua potabile nelle condutture.. Queste cose dovrebbero fare innervosire la nostra diaspora. Anche loro posso fare pressioni sul governo, coi mezzi a loro disposizione, affinche’ tutto questo cambi.