UN PAESE DOVE I NERI VENGONO UCCISI PER STRADA

Firenze. Un uomo, incensurato, di 65 anni, (dopo un sospettabile progetto di
suicidio) decide di incamminarsi armato su ponte Amerigo Vespucci e di sparare alla
prima persona che incontra, ammazzando, Idy Diene, 54enne nero, colpendolo con
sei colpi di pistola.
In apparenza e sui giornali, nessun movente razziale e xenofobo. Il reo ha
successivamente motivato il suo gesto dicendo di essere stufo dei continui litigi con la moglie per un presunto debito di 30.000 euro.
Ma il caso vuole che la vittima sia senegalese. Come Senegalesi erano Samb Modou e Diop Mor che nel 13 dicembre 2011 sono morti sparati nella stessa Firenze, per mano di Gianluca Casseri, militante di Casapound. Il caso vuole, o forse non è del tutto colpa del caso, che quest’omicidio accada a un mese di distanza dalla tentata strage fascista di Macerata, quando Luca Traini, nazifascista legato politicamente alla Lega di Salvini, decide di fare giustizia sul tragico femminicidio di Pamela Mastropietro sparando a 6 persone, tutte di colore .

La vicenda di Firenze impone la riflessione riguardo alcuni aspetti. In primo luogo, l’omicidio accade in un clima generale di intolleranza, di odio e di razzismo, alimentato da settimane e mesi di campagna elettorale e dichiarazioni pubbliche di chi oggi si appresta a fare, forse, il presidente del consiglio. In secondo luogo, il risultato elettorale di Domenica 4 marzo ci dà l’idea di come in questo Paese si stia diffondendo un sentimento di rabbia e di intolleranza generale, strumentalizzato e continuamente fomentato da quella classe dirigente che poi è risultata vincitrice alle urne.

Non è un caso che la comunità senegalese abbia da subito classificato questo
episodio come fortemente razzista e discriminatorio, a loro va tutta la nostra
solidarietà e appoggio. Non vogliamo lasciarl* sol*, e non perché, ogniqualvolta un immigrato sia vittima di violenza, ci interessi dire la nostra, ma perché la suddetta comunità è riuscita, senza troppa fatica, ad individuare e a sollevare il problema dell’odio razziale che si respira per le strade delle nostre città .

E poco importa se in Senato viene eletto un senatore nero, perché, indipendentemente dal colore della sua pelle, le sue posizioni politche rispecchiano e rispecchieranno direttamente le posizioni di un partito che fino all’altro ieri sosteneva la pulizia di massa strada per strada, quartiere per quartiere, volendo eliminare “gli indesiderati” –così come vengono chiamati i nuovi poveri, tra cui migranti, sex workers, senzatetto- per mettere fine a una situazione che viene presentata come caotica, “di degrado” e fuori controllo.
Un Paese in cui la Lega passa dal 4% al 18%, grazie alla retorica della guerra tra
poveri è un Paese accecato e disorientato. Le cause, possono derivare da molteplici ​fattori: dall’impoverimento generale, dalla mancanza di posti di lavoro, dalle
difficoltà che si hanno nel completare il proprio corso di studi, dalla mala gestione
dei flussi migratori. Tutti questi problemi vengono abilmente strumentalizzati dal
partito xenofobo di turno, che abilmente indirizza il malcontento generale
attaccando il più povero, categoria sociale entro la quale rientra sicuramente la
composizione migrante di questo paese, e in cui rientra anche il pensionato Roberto
Pirrone che ha commesso l’ omicidio.
Andando oltre alla storia personale dell’omicida però, quello che ci preme
sottolineare sono le continue retoriche fondate sulla paura e di conseguenza
sull’odio che identificano di volta in volta il degrado, la sicurezza, la legittima difesa, le migrazioni forzate, come fenomeni sociali il cui capro espiatorio ha sempre la pellescura, e mai bianca (eccetto per il caso delle zecche dei centri sociali), portando così una popolazione a essere perennemente in conflitto con se stessa e a frammentarsi, diventando ultra-individualista e xenofoba, per definizione: paurosa del diverso, e in questo tipo di società il diverso è chiunque. Questi anni di crisi e di feroce sfruttamento delle classi più povere, hanno permesso alla classe dominante e alla stampa sensazionalistica di far diventare la paura un sentimento quotidiano, che sovrasta e disintegra la solidarietà. Più ci spaventano, più alziamo muri e più siamo incapaci di leggere in maniera critica la realtà che ci circonda. Per fare un esempio concreto, durante la protesta legittima dei senegalesi, il problema più grande pare siano state delle fioriere danneggiate, distrutte in seguito ad una rabbia verso l’ennesimo omicidio razziale, ma che la comunità senegalese ha già provveduto a ripagare, attraverso un’autotassazione. Non c’è bisogno di eventi tragici ed “eccezionali” come la morte di un uomo, basta scendere al bar sotto casa, in un qualsiasi quartiere di una qualsiasi città per trovare chi inneggia ed elogia Luca Traini, attentatore di Macerata, dicendo che il suo unico sbaglio è stato quello di non averl* ammazzat* e di aver preso male la mira.

Siamo arrabbiat* perché siamo stanch* di piangere le vittime del razzismo di questo
paese. Siamo convint* che sia necessario e urgente aprire luoghi e spazi di confronto
su questi temi, mettendo in piedi un ragionamento che vada al di là del semplice “è
successo e ne prendo atto”, ma che punti a costruire anticorpi reali al razzismo,
attraverso il confronto e la mobilitazione.

Ci troverete tutti i giorni ai nostri posti a lottare per un mondo diverso, partendo da una via, un quartiere, una città, una scuola, un’università, in cui si abbattono i muri dell’intolleranza e si costruisce solidarietà e accoglienza.
Per questi motivi rilanciamo l’assemblea universitaria antifascista antirazzista e
antissessista il 12/03 alle ore 18.00 a sociologia in aula 10. Una nuova possibilità di combattere il razzismo sta nascendo all’interno dell’università di Trento e noi siamo pront* a cogliere questa sfida e a sostenere questo percorso.

A FIANCO DELLE VITTIME DEL TERRORISMO FASCISTA

Lo stile potrebbe essere avvicinabile a quello dell’ISIS, ma la matrice è di natura puramente nostrana: fascista e razzista. Non che l’ISIS non sia allo stesso modo una forma di fascismo ma la tentata strage di Macerata, per mano (e proiettili) di Luca Traini, trova fondamento nella cultura d’odio e intolleranza che si respira nelle strade e sui mezzi d’informazione, da fin troppo tempo. Occorre allargare lo sguardo e uscire dalla dinamica personale che ha portato l’ex candidato leghista marchigiano a sparare a Jennifer Odion, Nigeria, 25 anni; Mahamadou Toure, Mali, 28 anni; Wilson Kofi, Ghana, 20 anni; Festus Omagbon, Nigeria, 32 anni; Gideon Azeke, Nigeria, 25 anni; Omar Fadera, Gambia, 23 anni.
Per farlo partiamo proprio dai nomi delle vittime, dimenticate e ignorate nei giorni successivi dalla maggior parte dei media e dalle istituzioni, salvo poi cominciare passerelle elettorali al capezzale di chi quotidianamente viene accusato di essere responsabile di tutte le nefandezze della penisola: mancanza di lavoro, violenza sulle donne, problema abitativo, disuguaglianza giuridica.
La politica e le sue rappresentanze non riescono ad assumersi la paternità di queste problematiche, ma lascia che altri incolpino gli ultimi. Nessuna scusa è stata portata a loro, nessun politico, testata o singolo giornalista si è assunto la responsabilità di aver permesso che il concime che ogni giorno esce dalle bocche dei fascisti, dei razzisti -e dal confronto democratico con loro- finisse cosparso sul terreno in cui è maturato il frutto dell’azione di Luca Traini. Ma è lo stesso sudicio terreno in cui si radicano le politiche securitarie di un governo PD, che attraverso il suo Ministro dell’Interno dichiara che “non ci si può fare giustizia da soli”, suggerendo come si dovrebbero considerare colpevoli di qualcosa tutti quelli con la pelle scura, ma che loro ci stanno già pensando: c’è il Decreto Minniti-Orlando votato a cacciare legittimi richiedenti asilo dai progetti d’accoglienza e utile a marginalizzare ogni persona o realtà indesiderata dai lucidi centro-città a colpi di DASPO urbani. Ma c’è anche l’infame accordo con la Libia, che legittima campi di concentramento sulle coste del Mediterraneo e dona soldi e mezzi a bande armate che sparano sui barconi. Su questo infatti si dovrebbe trovare d’accordo anche Matteo Salvini, che condanna la violenza sempre. Ma se ieri sparare era legittima difesa, oggi diventa una conseguenza dell’esasperante scontro sociale, creato anche e soprattutto da lui.
Alla fine è successo, era solo questione di tempo. Il primo attentato in Italia nei confronti di inermi persone disarmate è avvenuto. È per questo che Forza Nuova si è subito schierata a sostegno dell’attentatore, portandogli l’onore che solo certi camerati che sparano alle spalle possono permettersi. Nulla di nuovo insomma. Il terrorismo fascista esiste da decenni, e la runa Wolfsangel tatuata sulla scatola vuota (o piena di letame, a seconda delle prospettive) che Traini porta sul collo ce lo ricorda bene: il simbolo che dalle SS porta al gruppo terroristico fascista degli anni ’80 Terza Posizione è ben noto a Roberto Fiore, fondatore di Forza Nuova e Terza Posizione nella quale militò giusto gli anni necessari a partecipare a qualche strage prima di farne 19 di latitanza assieme a Mario Adinolfi, anche lui di Terza Posizione, ora ideologo di Casapound. Forse però tutte queste cose messe insieme hanno fatto passare la voglia ai giornalisti di usare laparolaconlaF, nel mentre che raccontavano dettagliatamente della mano a paletta che usciva dal tricolore sotto al monumento ai caduti di Macerata in cui ha deciso di farsi arrestare uno che 80 anni fa la guerra l’avrebbe condotta contro gli ebrei. Dal terreno concimato da questo tipo di letame che ogni giorno viene legittimato da questa democrazia nostalgica, il primo frutto marcio è venuto alla luce, ed era pelato.
Occorre riprendere a calpestarci sopra per non permettere che altri piccoli diglett infestino il suolo.
Per farlo bisogna liberare la terra dai germi, abolendo la schiavitù dell’uomo sull’uomo che sfrutta, impoverisce e reprime chi non conosce gli strumenti per la propria emancipazione. Chi studia è privilegiato, e può venirne in possesso. In un sistema dell’istruzione classista che non permette l’accesso libero e gratuito ai saperi, chi ha la possibilità di studiare deve prendere coscienza della responsabilità che gli è affidata. Gli strumenti culturali necessari all’opposizione di ideologie intolleranti e ignoranti si acquisiscono nelle aule, per poi metterli a disposizione di chi viene escluso dalla catena di distribuzione della ricchezza protetta dai fascisti. Solo un’emancipazione culturale può davvero regalare le prospettive di un futuro che sia affrancato dai fascismi. Ma quel giorno non è oggi.
Quel futuro è tutto da costruire, di quegli strumenti ci dobbiamo ancora riappropriare. Cominciamo a farlo, partendo dalle aule e dalle piazze, a fianco delle vittime di Macerata, sabato 10 febbraio, di fronte alla facoltà di Sociologia, ore 15.00.

Da Lettere alla Scaletta, lo stesso paradigma escludente.

Al secondo piano della Facoltà di Lettere e Filosofia esposte sul lato Ovest sono presenti, tra le altre, due particolari fotografie. 

Entrambe in bianco e nero, rappresentano due momenti di libera aggregazione e socialità studentesca di una Trento ormai lontana nel tempo. La prima è una veduta di piazza S.Maria ripresa a livello del terreno dove si contano numerosi probabili studenti e studentesse sedute per terra con qualche birra in lattina, magari accompagnata da un buon numero di sigarette. L’altra è un’istantanea della folla che si radunava in Vicolo Colico, davanti all’Ex bar Accademia, dove spesso si rimaneva irretiti e costretti a rallentare il passo per poter procedere oltre.

A fianco di queste due fotografie, poco più a sinistra, sono presenti i bagni dell’ateneo. Sulla maniglia della porta di questi, come di altri servizi della facoltà, ci sono i dispositivi di lettura del badge universitario, che permettono o meno l’accesso. Praticamente per andare a pisciare è necessario esibire un documento.

Ebbene, cosa lega una porta ad apertura elettronica con due fotografie in bianco e nero appese ad un muro nemmeno troppo in vista? Vediamo di procedere con ordine, partendo dalla porta, per poi aprire un portone. 

Lo scorso 3 Dicembre, dalle pagine di un noto quotidiano locale1, il Direttore di Dipartimento di Lettere e Filosofia Fulvio Ferrari spiegava i motivi di un provvedimento preso in seguito ad un fatto accaduto qualche tempo prima: un eroinomane era stato rinvenuto in una pozza di sangue dentro ad un bagno della facoltà. In seguito a questo fatto, 15 bagni su 20 sono stati chiusi, lasciando “accessibili” solamente quelli con apertura elettronica tramite badge che, in caso di momentaneo smarrimento, poteva essere sostituito dall’esibizione di un documento d’identità presso la segreteria. Succede così che un gruppo di studenti di lingue moderne si lamentino di questo provvedimento, chiamando in causa il Corriere del Trentino, che a sua volta chiede spiegazioni a Ferrari il quale dice che quello dell’eroinomane è solo l’ultimo di una serie di episodi “sgradevoli” che costringono a chiudere i bagni. Gli studenti in questione infatti danno corda e rincarano dichiarando che di “frequentazioni a rischio di persone poco per bene, quali eroinomani o prostitute² che spesso si trovano nelle panchine al di fuori dell’edificio” se ne vedono fin troppe. Tant’è che “l’ultima cosa desiderata -da Ferrari- era quella di militarizzare l’ateneo” ma che per loro “anche se il Dipartimento è un luogo pubblico questo non vuol dire automaticamente dire che ci possa entrare chiunque” e che pertanto “sarebbe opportuno che chi di competenza prendesse seri provvedimenti, che vadano al di là della chiusura dei servizi igienici”. A queste si aggiungono le dichiarazioni allucinanti³ del sindacato studentesco, l’Udu, che assieme al rappresentante degli studenti di Lettere, Masseo Purgato, dichiara: “Il consiglio è quello di farsi il badge”. Quindi Crotti, presidente del consiglio degli studenti: “Se il Comune non interviene in modo fermo per risolvere la situazione di degrado in cui versa la zona della Portella e Santa Maria, dove è situato il dipartimento, noi possiamo fare bene poco, se non presidiare gli spazi.”
Dichiarazioni che sembrano quasi suggerire l’attuazione di una sorta di Daspo Accademico -se non urbano- nei confronti degli indesiderat*. Interessante cambio di rotta rispetto alle posizioni antibadge che nel 2014 solcavano tra Udu e Atreju un divario che in campagna elettorale faceva comodo mantenere.
Ora, premettendo che eravamo rimast* a quando “pubblico” voleva dire di tutt*, ci rattristiamo ancora una volta nel vedere come sex worker e tossicodipendenti vengano trattati da pericolosi criminali “poco per bene” che minacciano la sicurezza e la tenuta democratica dell’ateneo tutto a tal punto da richiederne l’allontanamento con “seri provvedimenti”, dopo aver negato loro l’accesso ai bagni. A questo punto però, immaginando già la polemica sterile pronta a sentenziare a riguardo, è doveroso per noi concedere che ritrovarsi una persona in una pozza di sangue nel bagno non sia una situazione facile da affrontare. Tuttavia ciò che più turba i nostri brevi sonni non è tanto la risposta repressiva e punitiva dell’istituzione-università che, come ha già sottolineato Ferrari, adotta una soluzione tampone, ma è l’approccio degli studenti e delle studentesse alla questione. L’assenza di un’interazione critica orientata alla comprensione, che dovrebbe spingere a interrogarsi sul perché l’ateneo sia frequentato non solo da student*, è figlia di un distaccamento dell’Università dai problemi sociali. A onor del vero, un radicale sovvertimento della società e delle istituzioni è stato perseguito da studenti e studentesse in passato. Ma, se è vero che l’Ateneo in primis ha in più occasioni cercato di inquinare e depotenziare la memoria storica e collettiva della contestazione del ’68 che partì proprio dall’occupazione del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale nel ’66 (la prima in Italia), dall’altra parte non è perdonabile che la componente studentesca che tutti i giorni attraversa il piano terra di Lettere non si interroghi sui motivi delle agitazioni raffigurate nelle gigantografie dell’epoca. Ve n’è una in particolare di Giorgio Salomon esposta nell’atrio di Lettere: gli ultimi due a destra sono Marco Boato e Mauro Rostagno.

La memoria collettiva ricorda come studenti e studentesse di allora avessero a cuore proprio il tema del sapere: come viene elaborato, trasmesso, a cosa e a chi serve, quali i suoi rapporti con la società e con il potere. Sorge quindi spontaneo chiedersi quando l’impeto d’indagine critica della realtà sia stato ucciso dentro l’università. Forse quando si è preferito affiggere Rostagno sui muri di Lettere, salvo poi relegarlo al secondo piano di Sociologia. Quand’è successo che gli studenti e le studentesse, oltre che l’Università come calderone di saperi, hanno cominciato a chiudere gli occhi di fronte alle dinamiche che portano alle dipendenze o ai ricatti giocati sui corpi delle donne che lavorano davanti alla facoltà? Forse quando studiare è diventato un mezzo e non un fine. Un mero passaggio di acquisizione nozionistica per poter ottenere CFU.

Da qui si apre il portone. Il bianco e nero che tinge gli ormai ex frequentatori e frequentatrici di Santa Maria e della vecchia Accademia è lo stesso che tinge le prime linee di Rostagno e Boato. La scelta stilistica sembra quasi voler suggerire la medesima dislocazione temporale di due momenti in realtà separati da una manciata di decenni: il passato. La piazza che una volta era affollata da studenti e studentesse sedut* a sorseggiare birra d’asporto oggi è perennemente vuota, eccetto durante il periodo natalizio. Come scomparsa è anche la gioventù che riempiva Vicolo Colico e che ora invece riempie le cantine del nuovo locale. Per divertirsi a Trento occorre andare sottoterra. Lontano dagli occhi, lontano da tutto. Pertanto chi, tra gli studenti e le studentesse, si azzarderebbe oggi a dire che l’ennesima limitazione di un’attività commerciale (come la Scaletta) a causa del “degrado” studentesco sia giusta? Qualche manciata di firme è stata sufficiente per imporsi su un più grande numero di utenti dell’unico bar non sotterraneo aperto dopo le 22.00 e costantemente frequentato. Non è poi così distante il momento in cui a fianco di Santa Maria e a Vicolo Colico verrà affissa anche la foto della Scaletta piena. Sia chiaro: lungi da noi tutelare l’immagine e il nome di un’attività commerciale che in fin dei conti mira solo a far soldi e che della condizione studentesca poco gliene cale. Potrebbero esserci centinaia di settantenni ubriach* in via Santa Maria Maddalena, e non cambierebbe di molto. La socialità studentesca non si dispone attorno alla frequentazione di attività commerciali, ma al contrario è la presenza di universitar* nelle strade che favorisce i bar e i circoli. Anzi, li tiene proprio in vita.
Tuttavia, non si può però a questo punto non puntualizzare riguardo a queste dinamiche repressive: l’attacco ad eroinomani e sex worker in un’università e la marginalizzazione di studenti e studentesse dalle vie notturne della città sono approcci escludenti. C’è una continuità nelle pratiche repressive messe in campo dalle istituzioni che detengono il potere amministrativo e politico degli spazi pubblici (Comune e Università). Le misure adottate non tengono conto dei bisogni e delle necessità delle persone, oltre che delle dinamiche sociali ed economiche che costringono a vivere in strada o sotto ricatto. Chi studia invece, chi indaga la realtà, chi si interroga e non accetta una trasmissione mummificata del sapere dovrebbe farlo. C’è bisogno, oggi più che mai, di rimettere in discussione temi cruciali del sapere e del potere. È una necessità impellente, che fa mancare il respiro. Con quale legittimità ci si può oggi lamentare della chiusura di un bar a causa della “molestia alcolica” procurata mentre allo stesso tempo si auspica un’espulsione di soggetti sgradevoli dalle nostre facoltà? L’università e il comune stanno applicando lo stesso paradigma di esclusione degli indesiderat*. Solo che vi è un cortocircuito, una miopia, una contraddizione di pensiero quando si applicano due atteggiamenti diversi davanti ad un’unica e uguale repressione. Non la si può legittimare da un lato e condannarla dall’altro. Serve riacquistare una coscienza studentesca, che nasca dalla condivisione di saperi e opinioni e che sappia indirizzare la propria rabbia verso l’alto, verso chi ogni giorno perpetua un giogo fatto di restrizioni e aumenti delle spese, non verso chi sta peggio. C’è un filo rosso che colora il bianco e nero delle fotografie di Rostagno e di Santa Maria ed è il filo che solo una componente studentesca ribelle, critica e consapevole sa tessere. Non siamo numeri di matricola, non siamo solo utenti di un bar, non siamo portafogli da svuotare in tasse e affitti. Siamo corpi e teste pensanti e come tali pretendiamo di avere voce in capitolo su come viviamo la nostra quotidianità, ma soprattutto su come vivremo il nostro futuro.
Il primo filo è stato teso, il prossimo lo intrecceremo nelle lotte.
NOTE:

(1) https://www.pressreader.com/italy/corriere-del-trentino/20171203/281530816348673

(2) Da questo punto in poi sostituiremo il termine prostituta con quello di sex worker in ragione dei seguenti motivi:

  1. Etimologia del termine prostituta, dal latino prostĭtŭĕre: 1. mettere davanti, esporre 2. prostituire 3. disonorare. L’ultima voce suggerisce un’accezione marcatamente negativa del termine.
  2. Il termine sex worker non si connota moralmente, né dal punto di vista di genere (diversamente potremmo dire invece per l’italiano lavoratrice/lavoratore del sesso), include il riconoscimento di un’attività che investe tempo ed energie (lavoro) anche se spesso priva di tutele, contratto e salario.

(3) https://www.pressreader.com/italy/corriere-del-trentino/20171124/281535111298125

La vita segreta di uno/a studente/essa UNITN- Indagine sul diritto allo studio

La giornata internazionale del diritto allo studio è passata ma l’importanza e la centralità di questo tema per le studentesse e gli studenti dell’Università di Trento no. Con la visita in Provincia all’Assessora Ferrari, come Collettivo Universitario Refresh, abbiamo chiesto a gran voce che la soglia ISEE fosse innalzata a 23.000 euro, come promise pubblicamente proprio la stessa Assessora  il 17 novembre 2016.

Noi non abbiamo mai pensato alla giornata internazionale del diritto allo studio come a un momento  pubblicitario in cui attuare un’iniziativa giornalisticamente appetibile per fare notizia e dimostrare che esistiamo anche noi, oltre alle rappresentanze studentesche. In quanto studentesse e studenti di questo Ateneo la questione del diritto allo studio ci sta molto a cuore ed è per questo che, dopo il 17 novembre, abbiamo continuato a parlarne nelle nostre assemblee settimanali. Le nostre discussioni partivano dalla constatazione dell’insufficienza di una sola giornata per trattare in modo esaustivo la complessità del diritto allo studio. Benché le borse di studio e gli alloggi dell’Opera Universitaria facciano la parte delle rock star, all’interno di questa categoria rientrano anche altri servizi come, per esempio, i posti studio, che tra l’altro ultimamente scarseggiano in Unitn (https://curtrento.noblogs.org/post/2017/11/27/piu-posti-studio-in-unitn-petizione/). In precedenza avevamo già espresso alcuni dubbi sullo stato di salute del diritto allo studio a Trento e, nonostante  la situazione sia migliore rispetto ad altre zone d’Italia, cominciamo a sentire i primi scricchiolii.

Data questa situazione, secondo noi, oltre alla mobilitazione, è importante riuscire a capire e a fare una diagnosi dello stato del diritto allo studio per poter comprendere a fondo la situazione in cui ci troviamo. Per fare questo, però, secondo noi, non sono sufficienti i documenti e i dati prodotti dalla nostra controparte, Ateneo o Provincia che sia, è molto importante condurre un lavoro di inchiesta in cui siano le studentesse e gli studenti dell’Università di Trento a parlare direttamente per poter esprimere i propri bisogni, le proprie necessità e i propri disagi. Un primo strumento che abbiamo deciso di adottare per condurre questa inchiesta è quello del questionario in cui si toccheranno diversi aspetti della vita di un* student* universitari* a Trento. In questo questionario troverete e potrete comprendere cosa significhi per noi diritto allo studio nella sua complessità e potrete esprimere liberamente la vostra opinione.

I questionari potrete trovarli sia in versione online (al seguente link https://goo.gl/forms/OLuA0j15uwhckVR22)  sia in formato cartaceo ai banchetti che settimanalmente organizziamo nei diversi dipartimenti del polo universitario di città. Avendo come obiettivo principale quello di fornire uno strumento di espressione, i risultati che otterremo al termine della somministrazione dei questionari non li terremo gelosamente per noi ma li presenteremo pubblicamente a tutte le studentesse e gli studenti in un prossimo momento di discussione di cui non mancheremo di informarvi nel momento in cui verrà organizzato.

ISEE A 23.000 SUBITO

Nella giornata internazionale del diritto allo studio abbiamo deciso di venire a fare una visita all’assessora Ferrari per pretendere l’innalzamento della soglia ISEE A 23.000!


Il 17 novembre 2016, mentre le studentesse e gli studenti del Collettivo Universitario Refresh e del percorso Sgancialaborsa, sfilavano in corteo per le vie del centro cittadino l’assessora all’Università e alla Ricerca si impegnò pubblicamente per l’innalzamento della soglia ISEE da 21.500 a 23.000 euro. Un anno è trascorso senza che alcuna notizia sia pervenuta su questa promessa fatta da Sara Ferrari. Probabilmente l’assessora fece quella dichiarazione per tranquillizzare gli animi e placare la mobilitazione che agitava studentesse e studenti dell’Università di Trento preoccupat* per le sorti del diritto allo studio e del consistente numero di non idonei e non idonee che erano stat* prospettat*. Con il passare dei mesi l’impegno di innalzare la soglia ISEE a 23.000 sarà finito nel dimenticatoio dell’assessora. La nostra memoria, però, non si attiva o disattiva in base alla convenienza politica del momento. La nostra memoria è lunga e dopo 12 mesi la pazienza è terminata. Per questo stamattina, come studentesse e studenti del Collettivo Universitario Refresh, abbiamo deciso di andare a bussare alla porta di Sara Ferrari perché vogliamo sapere cosa sia stato fatto nel corso di questi mesi per realizzare l’innalzamento della soglia ISEE a 23000. Dietro la retorica rassicurante di Opera Universitaria e Provincia sappiamo bene che anche qui a Trento come nel resto d’Italia la situazione del diritto allo studio non rosea. Sono anni che vengono ridotti i fondi per le borse di studio e questa tendenza continuerà anche nei prossimi anni come emerge da bilanci e documenti pluriennali dell’Opera. Alla luce di questa situazione esigiamo una presa di posizione chiara e inequivocabile da parte dell’assessora Sara Ferrari su quali passi siano stati fatti per l’innalzamento della soglia ISEE a 23.000 e nel caso non ne sia stato fatto ancora nessuno esigiamo che la Ferrari dica pubblicamente quali siano gli impegni che si vuole assumere su questa questione. è bene che Provincia, Università e Opera sappiano che ci troveranno ai nostri posti pront* a far suonare la sveglia tutte le volte che sarà necessario per tenere alta l’attenzione sul diritto allo studio e a impedirne la sua distruzione

Basta promesse. Ora vogliamo fatti!

Complici e solidali con gli arrestati di via Manci. Il fascismo non passerà. Liberi tutti.

Nella giornata di sabato 21 ottobre i fascisti di Forza Nuova si sono presentati in pieno centro storico per raccogliere le firme contro lo Ius Soli e per promuovere la “marcia dei Patrioti” prevista per il 28 Ottobre a Roma. La ricorrenza dal sapore nostalgico richiama inequivocabilmente la Marcia su Roma, quella del 1922, che sancì la presa del potere da parte di Mussolini e del Partito Nazionale Fascista. Date queste premesse non è difficile immaginare i motivi per cui a Forza Nuova non dovrebbe essere concesso alcuno spazio di promozione per le suddette iniziative; tuttavia si è resa necessaria l’azione diretta degli antifascisti e delle antifasciste per contrastare la loro presenza pubblica nelle vie della città. Al tentativo di arginare i fascisti si sono opposte le forze di polizia che, affiancandoli e proteggendoli, hanno in primo luogo avallato una caccia all’uomo del peggiore stampo squadrista, e successivamente hanno permesso al portavoce FN Numa De Masi di intervenire autonomamente per bloccare con una presa al collo un antifascista. Non ci stupisce l’atteggiamento adottato dalle forze di polizia: proteggere e legittimare i fascisti, se non addirittura collaborare con loro, è cosa già vista.

Ciò che stupisce è il livello di repressione adottato nei confronti dei quattro arrestati che oggi verranno processati per direttissima, rei di aver compiuto ciò che ogni antifascista avrebbe dovuto fare: opporsi alla presenza di Forza Nuova in città. Non è più tollerabile il piagnisteo di chi ritiene che la libera espressione vada preservata anche a costo di vedere i fascisti usufruirne. La libertà di diffondere messaggi xenofobi, antisemiti, razzisti e sessisti non può essere concessa a chi è stato già condannato dalla storia: il fascismo non è un’opinione, è un crimine. E come tale va trattato.

Respingiamo ogni accusa di violenza e ogni narrazione che si ostini a parlare di opposti estremismi nei confronti di chi pratica l’antifascismo quotidianamente. Tollerare l’intolleranza significa piegare la testa e lasciare libertà a chi la libertà la vuole invece negare. Pertanto l’azione diretta diventa lo strumento principe da adottare quando il pensiero comune brancola nella nebbia del perbenismo ipocrita che crede che i fascisti si fermino con i fiorellini. Le destre nazionaliste dilagano ormai in tutta Europa seminando un odio rinfrescato da sigle nuove e colorate, autolegittimandosi come unico baluardo in difesa di una razza che non esiste e innescando così una guerra al diverso e al povero.

Per questo ci schieriamo a fianco di chi si oppone a Forza Nuova, Casapound e simili, considerandoci complici e solidali nella lotta antifascista e chiedendo quindi la liberazione immediata di tutti gli arrestati.