Deflorian chiude tutto!

Il 7 dicembre, nelle nostre caselle di posta, abbiamo ricevuto un videomessaggio del rettore Deflorian sulla chiusura dei dipartimenti e delle maggiori aule studio di Unitn per le festività natalizie, fino al 9 gennaio.

In questi giorni, studenti e studentesse, tornati in città per studiare in vista degli imminenti esami di gennaio, hanno potuto notare tutte le conseguenze di questa assurda decisione, tanto elogiata in quei quattro minuti di video.

Deflorian giustifica la scelta ribadendo quanto la chiusura degli spazi fosse l’unica opzione possibile di fronte all’attuale crisi energetica, soffermandosi sul significato pratico e di risparmio di questa decisione. Il rettore ci spiega come questo sia uno sforzo etico, strategico e necessario da compiere in vista delle possibili future problematiche che porterà questa crisi, il tutto per salvaguardare il portafoglio di UniTN nelle spese che l’ateneo dovrà sostenere e per evitare futuri tagli salariali alla componente tecnico amministrativa.

Decliniamo l’augurio di un sereno Natale in famiglia e ribadiamo il nostro dissenso verso le misure prese in atto.

Non è possibile che durante questo videomessaggio la componente studentesca, quella che veramente subisce gli effetti di questa chiusura, venga completamente marginalizzata e che le problematicità di questa scelta vengano relegate ad un mero “disagio temporaneo”, facendo leva sullo sforzo personale di ognuno in “periodi complicati come questo”.

E’ assurdo come la chiusura dei dipartimenti e delle maggiori aule studio in città, venga fatta passare com

e un mezzo per garantire la futura stabilità degli stipendi del personale e non si badi a come una misura del genere non sia altro una soppressione di un servizio per tuttə coloro che necessitano di spazi di studio e di ricerca.

All’interno di un ateneo di merito ed eccellenza come UniTN è paradossale parlare di garanzia per il diritto agli spazi di studio. Ci interroghiamo inoltre su come una chiusura di quattro giorni possa andare a toccare il portafoglio di un ateneo che continua a ricevere finanziamenti dalla PAT, amministrandoli seguendo le classiche logiche aziendali: tagliare su servizi risparmiabili ed investire su mega-progetti redditizi. Progetti che poco, o nulla, hanno a che fare in m

odo diretto con studenti e studentesse. UniTN infatti, predilige investire in progetti tecnico scientifici che hanno a che fare con il mercato molto redditizio della guerra (come MedOr, Perception Europe, Eledia), piuttosto che garantire il diritto allo studio: ricordiamo ad esempio, che non esiste la possibilità di ottenere un alloggio gratuito se non per merito, e che un pasto in mensa costa più di una margherita in una qualsiasi pizzeria (5€). Oltre ai finanziamenti nostrani, anche quelli nazionali vengono mal investiti. I 7 bandi di dottorato aperti con i fondi del PNRR sono stati tutti assegnati a facoltà scientifiche, certamente più utili ai fini imprenditoriali di Deflorian e compagnia, che possono fruttare nel sopracitato mercato della guerra oppure nella farsa della transizione ecologica. Contemporaneamente all’aumento quantitativo delle borse per lə dottorandə , tramite un complesso sistema di leve e specchi, gli stipendi sono diminuiti di circa 80€ al mese, rendendo ancora più precariə chi decide di proseguire il percorso di studi all’interno dell’accademia. Questa s

celta aggrava ulteriormente le condizioni di un gruppo che veniva già ampiamente sfruttato all’interno dell’università: obbligato a prestare servigi di ogni tipo sotto ricatto, pena l’impossibilità di avere continuità all’interno del mondo accademico.

Ci troviamo quindi di fronte al risultato degli accordi che alcuni anni fà un gruppo di student* avevano inchiestato e a cui si erano oppostə : la provincializzazione dell’ateneo Trentino. Un accordo tra PAT e UniTN, che prevedeva l’allentamento del potere statale sull’ateneo in favore di quello provinciale, rendendo di fatto la seconda schiava della prima, direttamente sottomessa agli investimenti mirati ai grossi ritorni economici tanto cari all’autonomia trentina.

Non ci stupisce inoltre che le rappresentanze sulle loro pagine social non abbiano fatto altro che un post informativo sugli orari di apertura della BUC e non abbiano espresso alcun dissenso per la questione. D’altronde si, sempre dalla stessa parte, quella dei padroni.

Ribadiamo quindi la nostra posizione: questa chiusura è inaccettabile. La BUC è gremita, le prenotazioni sono esaurite da giorni, il clima del clic più rapido sul “prenota posto” caratterizzante della pandemia non ci mancava, anzi ci chiediamo come sia possibile che possa accadere di nuovo. I soldi ci sarebbero caro rettore, basterebbe investirli in modo sensato e destinarli ai fabbisogni studenteschi. Le serrature chiuse di questi giorni non sono altro che un

a privazione di spazi di studio per migliaia di studenti e studentesse ed è inutile riempirsi la bocca con la retorica dello sforzo personale per mettere toppe ai disservizi di questi giorni.

Deflorian apri ste porte.