Dalla padella alla brace: nuovo studentato alle Albere.

L’articolo a seguire da considerarsi come la continuazione di un lavoro di inchiesta effettuato nel 2017 [1]. Senza aver letto il primo, la comprensione del secondo è incompleta. Per cui scivoleremo velocemente su alcune questioni (al cui approfondimento rimandiamo all’articolo del 2017) per rallentare e soffermarci su altre. Infine cercheremo di delineare delle linee di ragionamento e dei possibili sviluppi futuri che il tramaccio Albere potrebbe assumere.

Tutti i link ai vari materiali sono in fondo all’articolo.

Buona lettura.

Come a Mordor dopo anni di calma piatta, qualcosa torna a farsi udire dalle Albere. Rumori e presagi risuonano fra i placidi specchi d’acqua che dimidiano le vie del (non) quartiere. No, non è il mormorio del cadavere di Renzo Piano, ma il fruscio del danaro contante.

Sono passati 7 anni dall’inaugurazione flop dell’ottobre 2013 e sembra che le cose inizino a muoversi. La situazione di base è questa:

-esercizi commerciali/uffici:    venduti 46/50

-appartamenti:                        venduti 180/300

NB: venduto non vuol dire che dentro ci viva qualcuno, o che qualcuno paghi l’affitto di quell’appartamento, ma solo che il lotto non è più di proprietà del fondo Clesio[2].

 

Guardando ai dati la situazione sembra veramente nera: se in 7 anni le agenzie immobiliari che si occupavano del quartiere sono state in grado di avanzare 120 abitativi invenduti, vuol dire che qualcosa non va.

E infatti le Albere partiva già dalla nascita come un quartiere mal pensato per la città di Trento. Se l’idea di costruire la via degli affari poteva funzionare -e infatti sia ITAS[3] che ISA [4], due fra le principali finanziatrici del fondo costruttore del quartiere, hanno stabilito le loro sedi alle Albere- questa era incompatibile con la l’apertura di una zona di pregio per l’abitativo. Di fatto l’esigenza di un quartiere residenziale esclusivo non è mai stata avvertita dai trentini ricchi, i quali hanno sempre preferito costruirsi casa nelle colline che circondano la città piuttosto che in centro (ora il mercato immobiliare in collina sembra essersi saturato e questo potrebbe portare a dei risvolti interessanti per quanto riguarda la ricerca di una zona residenziale alternativa).

Insomma: vengono costruiti 300 appartamenti di lusso in una città in cui i pochi a poterseli permettere preferiscono vivere da un’altra parte, per di più in un quartiere pensato più per aggregare sedi di banche e agenzie di investimenti che forme di vita. Il fatto che ci sia il parco dove giocare a frisbee d’estate non basta a far tornare i conti.

A prova di questo, nel 2014 vi è il cambio di progetto effettuato nei confronti del (inutile) Centro Congressi, divenuto Biblioteca Universitaria Centrale, per cercare di tamponare le perdite di un quartiere pensato male e privo di veri servizi. Tutto, ovviamente, gentilmente offerto con i soldi di noi studenti.

Ora che abbiamo inquadrato la situazione passiamo agli aggiornamenti…

 

Qualche settimana fa il Fondo Immobiliare Clesio (partecipato da Isa, Fondazione Caritro, Dolomiti Energia, Itas e da altri soci con quote minori), proprietario del quartiere Le Albere, ha approvato il nuovo piano per il quinquiennio 2020-2025, in cui vengono stabilite la proroga del fondo stesso e un accordo con le banche creditrici per ridiscutere l’esposizione debitoria (totale dei debiti di un’azienda) che ammonta a circa 150 milioni di euro. L’accordo ruota intorno all’applicazione di sconti sulle future vendite di appartamenti. Lo stesso fondo Clesio, precedentemente gestito dalla società italiana Castello Sgr, è passato agli investitori americani della Oaktree Capital, un passaggio da non sottovalutare, in quanto si tratta del primo caso in cui un investitore d’oltreoceano decide di acquisire fondi immobiliari a Trento.

A questo proposito in una recente intervista [5] Francesco Danieli e Roberto Pedroncelli titolari di Ceda e Dolomiti Immobiliare, le due agenzie intitolate della vendità e dell’affitto degli immobili delle Albere, hanno dichiarato come siano in arrivo delle linee finanziarie pronte a coprire fino all’ 80% delle spese d’acquisto e degli sconti sulla vendita fino al 25% finanziate dal fondo Clesio: una vera e propria svendita immobiliare.

Insomma, la verità che trapela attraverso le dichiarazioni è più o meno questa: sono passati 7 anni e ci sono ancora 150 milioni di euro di debito, per cui si punta ad estinguere l’obbligazione il prima possibile. In particolare quello a cui si punta è la vendita in blocco di intere palazzine, in modo da accelerare i tempi e rendere il quartiere maggiormente appetibile anche ad una maggiore varietà di acquirenti rispetto a quella che ci si aspettava sette anni fa. Non importa più quindi la coerenza col progetto iniziale (che già di suo era catastrofico), ma la vendita disorganica e a tutti i costi degli immobili rimasti.

Abbiamo tentennato per 7 anni, ora le Albere si riempiono, punto. Questo è il messaggio che deve passare.

Difatti, sono sempre Danieli e Pedroncelli a comunicare l’arrivo di uno studentato privato in zona Albere; sorgerà adiacente alla BUC nel blocco “i”e sarà composto da ben 52 alloggi, appena consegnati alla società milanese DoveVivo (peraltro appartenente per il 5% ad ISA). Gli alloggi saranno destinati alla formula del co-living che -se ci riferiamo ad un’utenza universitaria- è sostanzialmente un modo smart per dire coinquilinanza e giustificare così canoni di locazione esorbitanti [6]. Infatti, come sottolineano Danieli e Pedroncelli, il costo in camera singola varierà fra i 430 e 450 euro al mese a seconda della metratura, ben superiore alla media cittadina. Dati i presupposti, DoveVivo si inserisce in perfetta continuità con la tendenza che la situazione abitativa ha preso in città.

Ora proviamo a conoscere chi abbia accettato la sfida di aprire uno studentato in un quartiere fantasma. DoveVivo è una società milanese nata nel 2007 che si occupa di co-living, capirne il funzionamento è un po’ complesso, ma in buona approssimazione svolge più o meno le stesse funzioni di un agenzia immobiliare, con un maggior orientamento all’affitto, spesso anche a breve termine.

È la società più grande in Europa per il co-living: ossia quella forma di condivisione di un’abitazione basata più sui servizi messi in comune che sulla necessità di dividere l’affitto per assicurarsi un tetto sopra la testa. Per semplificare il co-living punta ad accomunare sotto lo stesso tetto persone con le stesse esigenze (di vita, lavorative etc…) e personalizzare i servizi messi a disposizione dall’immobile su queste esigenze. La società tende a mettere sotto lo stesso tetto persone con un lavoro simile, con orari ed esigenze simili. Ad esempio: in una determinata casa la società inserisce solo persone che lavorano in smartworking e come servizio comune installa un wi-fi molto potente. Per studenti universitari non vi è quindi una differenza sostanziale fra co-living e le forme di coinquilinanza a cui siamo abituati, tranne -chiaramente- il costo a posto letto; una tendenza potrebbe semmai essere quella di accomunare studenti della stessa facoltà o dello stesso anno, ma apparte ciò cambia veramente poco.

In un’intervista di due settimane fa al giornale trentino Danieli commenta la scelta della consegna dei 52 alloggi a DoveVivo[5]:

Abbiamo appena consegnato 52 alloggi a DoveVivo. Ma attenzione alloggi per gli studenti, in una logica commerciale, non significa virare rispetto agli obiettivi di vendita; il progetto rientra nella costruzione di un quartiere di pregio che prevede anche spazi giovani. La scelta dello studentato è stata fatta più di un anno fa, poco dopo è stata affidata la gestione degli affitti a DoveVivo, società milanese già diffusa in otto città italiane. Ci sono già diverse prenotazioni e nel complesso 150-200 studenti circa potranno approfittare di questa opportunità”

Dalle parole di Danieli emergono 2 questioni abbastanza importanti da sottolineare: la prima è che gli alloggi universitari sono solo in consegna a DoveVivo e che all’occorrenza possono essere ritirati alla società per essere destinati alla vendita, la scelta dello studentato rappresenta quindi una semplice toppa al problema dell’invenduto. La seconda questione è che la scelta di cambiare look al quartiere per renderlo più appetibile agli investitori è stata effettuata relativamente di recente, ma esprime comunque una continuità per quanto riguarda la fascia sociale a cui le Albere si rivolgono: i ricchi e, ora, i loro rampolli.

DoveVivo conta 1500 appartamenti in varie città italiane, per lo più tratta con universitari fuorisede, i quali costituiscono una vera e propria miniera d’oro per le casse della società. Altro fattore da tenere in considerazione è che DoveVivo, a differenza di altri studentati privati (come il trentino Nest), gestisce le sue strutture in maniera molto più fluida rispetto all’affitto tradizionale, introducendo la possibilità di effettuare affitti brevi o soggiorni di poche notti, non a caso la società ha in previsione l’apertura di uno Student Hotel a Torino per il 2023 [6]. In queste tipologie di studentati è frequente, ad esempio, sospendere il contratto agli studenti durante i periodi di pausa dall’università, per affittare la casa ai turisti in visita alla città. Questo avviene nelle principali città d’Italia già da qualche anno, redendo gli studentati universitari degli hotel e contribuendo ad intensificare le dinamiche di gentrificazione e di innalzamento dei canoni di locazione complessivi di varie zone cittadine.

Per approfondimento su Student Hotel rimandiamo ad un interessante articolo, link in fondo alla pagina. dateci una letta, merita  [7].

Ora con i presupposti prima elencati, immaginiamo che non ci sia l’emergenza coronavirus a trattenere i fuorisede dal prendere casa a Trento. Sappiamo che il numero di studenti iscritti ad unitn previsto per il 2022 dovrebbe aggirarsi intorno ai 20.000, rispetto ai 18.000 attuali, quindi ci si aspettano 2000 studenti in più. Chiunque abbia un po’ di familiarità con la città conosce il dramma del dover trovare casa e del vivere il capoluogo tridentino: la vita costa tantissimo, le case per studenti scarseggiano e gli affitti costano sempre di più. Bene. Ora immaginiamo di mettere sulla piazza 150 posti letto a 430 euro, come in progetto alle Albere, in una città dove il costo degli affitti stava già inflazionando da qualche anno di per sé. Ebbene con i flussi di studenti previsti per il prossimo anno, studentati come quelli di DoveVivo non fanno altro che aggravare la situazione, contribuendo ad innalzare il costo complessivo degli affitti, vista l’elevata domanda e la scarsità dell’offerta immobiliare oggi disponibile.

I lavori per la costruzione dello studentato da 200 posti dell’Opera Universitaria (l’ente di untin per il diritto allo studio) nell’area ex Italcementi a Piedicastello sono appena iniziati, quindi prima di vedere tamponata l’emergenza affitti con la disponibilità di posti a prezzo calmierato, passerà molto tempo date le tempistiche pachidermiche che Università e Provincia sono solite presentare in queste situazioni.

Da questi passaggi emerge come a Trento inizi a prefigurarsi un effettivo scollamento fra università e gestione dei servizi rilasciati agli studenti dell’ateneo. Per spiegarsi meglio: se prima vi era solo l’Opera Universitaria o qualche altra appendice dell’ateneo a gestire palestre, sale prove, studentati, mense e sale studio, ora iniziano ad inserirsi anche dei soggetti privati a colmare i vuoti lasciati da provincia e ateneo (leggi: settore pubblico). Lo studentato alle Albere ne è l’esempio. Proviamo ad immaginare cosa accadrà per quanto riguarda i posti in aula studio con l’aumento di studenti previsto per i prossimi anni: le biblioteche del CLA, BUC, Lettere, Archeologica, Giuri sono già piene adesso. Con una situazione del genere l’apertura di sale studio private con abbonamento mensile potrebbe costituire una ghiotta opportunità per gli imprenditori della speculazione, per i compari sciacalli di DoveVivo e tutta quella schiera di società che lucrano sull’assenza di servizi forniti a studenti fuorisede e precari.

Quindi, vista la situazione affitti che ci si presenterà di fronte fra un anno e la crisi economica imminente dovuta al covid, vorremmo chiedere al caro rettore, alla provincia e agli alti papaveri dell’ateneo, perché invece che spendervi in discorsi strappa lacrime sulla difficoltà della situazione attuale e sulla vicinanza che sentite coi poveri studentelli quarantenati, non andate in comune o da chi di dovere e finalmente imponete una vera calmierazione per il prezzo degli affitti in modo da limitare i meccanismi di speculazione?

 

Torneremo sulla vicenda e ci faremo sentire

 

 

PER MAGGIORI INFO

[1] https://curtrento.noblogs.org/post/2017/11/06/conoscere-per-capire-dossier-sulle-albere/

[2] Il Fondo immobiliare Clesio è partecipato da Isa, Fondazione Caritro, Dolomiti Energia, Itas e da altri soci con quote minori

[3] Istituto Atesino di Sviluppo, facente parte della galassia di Intesa San Paolo, considerato il “braccio finanziario della curia trentina”.

[4] Istituto Trentino Alto-Adige per Assicurazioni, è una società mutua assicuratrice.

[5] https://www.giornaletrentino.it/economia/albere-basta-fake-news-oltre-met%C3%A0-%C3%A8-gi%C3%A0-venduta-1.2446240

[6] https://www.dovevivo.it/it/news_eventi/dicono_di_noi/dovevivo-portera-student-hotel-ex-manifattura-rosi/

[7] https://www.wumingfoundation.com/giap/2018/07/student-hotel/