Le Albere – Dossier sul quartiere vetrina

Lo scopo di questo piccolo dossier è approfondire la conoscenza di una situazione che, negli anni, è spesso apparsa sui giornali. Il quartiere delle Albere, tra ammirazione e scandalo, ha sempre trovato il modo di far parlare di sé. Quello che segue è un collage di articoli e comunicati ufficiali che abbiamo deciso di mettere insieme. In questo modo, riteniamo che sia più semplice per tutte e tutti capire “perché” le Albere sembrano essere una delle croci e delizie della città di Trento.

L’ex – Michelin: dalla fabbrica alle Albere
In passato, l’area che noi oggi conosciamo come le Albere ospitava la Michelin, fabbrica che nel 1998 chiude i battenti per spostarsi altrove. Nell’ andare via via, la Michelin decide di proporre al Comune di Trento l’acquisto degli 11 ettari di area che ospitavano lo stabilimento, al prezzo vantaggioso di 25 milioni di euro (vantaggioso perché la valutazione del terreno era di poco meno del doppio, in termini di cifre). Il Comune, al tempo governato dal sindaco Dellai[1], rifiuta l’offerta a causa di mancanza di fondi. Nonostante questo, si interroga su come non perdere un’area che, in modo o in un altro, ha caratterizzato la vita della città. Quindi se da un lato elabora una serie di documenti atti a indirizzare la trasformazione dell’area (un polo sportivo, verde, centro culturale), dall’altra si costituisce Iniziative Urbane, espressione di una partnership tra pubblico-privato, che vede al suo interno diversi attori-azionisti: la Caritro[2], la Sit (ora Trentino Servizi[3]), l’Isa[4], l’Itas[5]. L’amministrazione comunale dunque prova a promuovere un’iniziativa con protagonisti per lo più privati, con l’obbiettivo però di avere un riscontro e beneficio per il pubblico. Nell’accordo che precede l’acquisto dell’area, l’amministrazione cede un notevole potenziale edificatorio alla parte privata e, in cambio, riceve la costruzione e la cessione alla proprietà pubblica del parco e del polo museale. Dopo l’acquisto, parte la ricerca di un progetto che riesca a tenere insieme due esigenze diverse: da un lato i privati che, investito il capitale, vogliono trovare una soluzione che permetta loro di rientrare nelle spese e di guadagnarci; dall’altro l’attore pubblico, che vuole valorizzare l’area in senso verde e culturale. Dopo l’iniziale tentativo del Comune di trovare dei progettisti della zona, Iniziative Urbane interpella l’archistar Renzo Piano, il quale progetta la zona residenziale delle Albere e il MUSE (museo costato circa 70 milioni di euro). All’inizio il centro congressi non è messo nel conto ma ci entra, nell’agosto 2012, quando esce fuori la notizia che la Provincia intende acquistare (come poi ha fatto) l’area a sud confinante con le Albere. Il motivo della scelta, esattamente, non si sa; infatti l’idea del centro congressi si sviluppa dopo l’acquisto. A voler essere maliziosi e maliziose, si potrebbe pensare che l’acquisto dell’area “per farci qualcosa” sia stata una mossa per provare a rilanciare il residence delle Albere, che già all’epoca dava segni negativi in bilancio (pochi appartamenti venduti e molti ancora da costruire). Ad ogni modo, Piano accetta di progettare il centro congressi, struttura che, a detta di Dellai (adesso alla PAT), completa la presenza del MUSE, rendendo l’area un vero e proprio polo culturale… e la cui costruzione si aggira attorno ai 30 milioni di euro.
Aldilà dell’interpretazione dei fatti, che potrebbe essere giudicata di parte, ciò che è certo è che i soldi che il Comune non aveva a disposizione per acquistare l’area della Michelin nel 1998 (25 milioni di euro) in realtà sono stati spesi in misura maggiore sia dalla PAT (se pensiamo all’acquisto del terreno e al centro congressi, la cui costruzione si aggira attorno ai 30 milioni) e alle opere accessorie legate al nuovo polo residenziale-culturale (come, per dirne due, il sottopasso per arrivare al MUSE e i nuovi argini dell’Adige), a carico del Comune.

Il quartiere “Le Albere”
Le Albere è un quartiere residenziale composto da 304 appartamenti di lusso, i cui costi vanno dai 4.500 euro ai 4.700 euro a metro quadro. Inoltre, consiste anche in 2 mila posti auto interrati, 5 ettari di parco, 18 mila metri quadrati di uffici, 9 mila di negozi, 28 mila di viali, piazze e canali d’acqua. A incorniciare il tutto, a nord il MUSE, a sud il centro congressi (che in realtà diventerà una biblioteca) e un hotel a 4 stelle. Il tutto per un investimento pari a 450 milioni di euro totali, spesi in parte da Iniziative Urbane e in parte dalla PAT.
Nel piano di rientro delle spese qualcosa va storto. Dal 2010 (anno in cui sono stati messi in vendita i primi appartamenti) al 2014, dei 179 appartamenti già finiti e sul mercato, solo 30 ne sono stati venduti e 125 sono ancora da costruire. Situazione questa che, possiamo immaginare, preoccupa non poco gli investitori. Data la situazione di difficoltà, Dellai (già alla PAT), decide di intervenire (forse perché si sentiva in parte responsabile dell’odorato flop vista la genesi di Iniziative Urbane?). Nel 2011 propone di acquistare un certo numero di appartamenti alle Albere per trasferirvi una parte di uffici della Provincia in quel momento in immobili in affitto. Proposta insolita e forse esagerata (e fortunatamente mai approvata), visti i prezzi elevati degli appartamenti alle Albere, e decisamente spropositati per degli uffici pubblici.
Per affrontare la “crisi”, nel 2014 da un lato aumentano il numero degli appartamenti in affitto (e non più in vendita) e si sperimentano nuovi metodi di acquisto (rent&buy[6]), nella speranza di rilanciare il mercato immobiliare delle Albere; dall’altro si esulta per l’apertura delle sedi Itas, Isa (per un totale di 350 lavoratori) e di un hotel 4 stelle, e per la futura apertura della Biblioteca di Ateneo… al posto del centro congressi. Che l’intenzione sia quella di riempire la zona di “servizi” (siano essi uffici, negozi, biblioteche o hotel non importa) per rendere più appetibili le case ancora vuote?

La Biblioteca di Ateneo
Per capire bene la relazione Albere – Biblioteca bisogna fare un passo indietro rispetto al punto in cui siamo arrivati e arrivate sopra.
Nell’ottobre del 2002 l’Università, per 5.667.000 euro, acquista dal Comune Piazzale Sanseverino e chiede a Botta (già architetto del MART e di Giurisprudenza) di progettare una nuova struttura, una grande Biblioteca di Ateneo, capace di riunire al suo interno la grande collezione di volumi oggi sparsi in più di una sede al centro della città e di aumentare gli spazi di studio e consultazione a disposizione degli studenti e delle studentesse. Il progetto elaborato da Botta, costato poco più di 500 mila euro, prevede una grande struttura triangolare, con fronte all’Adige, tutta incentrata sul concetto di “libro aperto”, per dare spazio visivo e liberare dagli interrati la famosa collezione di libri dell’Università trentina. Finito il progetto, accettato con entusiasmo dai dirigenti d’Ateneo, l’iter di approvazione del progetto e di avvio dei lavori diventa (inspiegabilmente) monumentale. Il Comune non concede deroghe e, più e più volte, rimanda indietro il progetto della nuova biblioteca, anche omettendo le motivazioni di tale comportamento. Arriva anche a ipotizzare la possibilità di spostare la nuova biblioteca da San Severino al palazzo delle poste.
I tempi si allungano e si arriva al 2013, quando un vertice trilaterale fra, Daria De Pretis (rettrice), Alberto Pacher (vice presidente PAT) e Andreatta[7](sindaco di Trento), decide di accantonare il progetto di Botta, e di trasformare il centro congressi (già in costruzione) delle Albere nella nuova Biblioteca di Ateneo. La decisione, presa mentre i lavori del centro congressi sono già avviati da un pezzo e in corso, è presentata al pubblico come un modo per risparmiare i 60 milioni di euro stimati per la costruzione della biblioteca di Botta. Decisione questa che provoca non poco stupore. Da un lato Botta si chiede perché questo problema finanziario non si fosse discusso prima, sia in fase di progettazione che dopo, essendo possibile per lui rivedere il progetto iniziale e renderlo meno costoso. Dall’altro ci si chiede se non ci sia un problema di conflitto di interessi nella decisione in sé, visto che la rettrice De Pretis, quando si decide per lo spostamento, era azionista per 170.000 dell’Isa, a sua volta azionista di Iniziative Urbane, spa proprietaria delle Albere, in quel momento in perdita.
Al di là delle interpretazioni, più o meno maliziose, i fatti parlano di un’Università che, dopo questa decisione, va in perdita. Botta infatti aveva progettato una biblioteca per 500.000 volumi a scaffale aperto (caratteristica fondamentale), alle Albere ci saranno ancora i 500.000 volumi, ma non è chiaro quanti a scaffale aperto; i metri quadri passano da 12.000 a 9.000, dei quali veramente utilizzabili 8.000 per Botta e 7.000 per Piano (di cui una parte è nell’interrato); e soprattutto i posti di consultazione informatizzati passano da 900 a 400. Per fare parlare ancora i fatti e non “interpretazioni di parte”, riportiamo la questione degli interrati. Piano prevede una parte della biblioteca sotto terra, eliminando il parcheggio e andando sotto gli standard previsti dal regolamento comunale. Proprio i posti macchina a piazzale Sanseverino erano stati uno dei motivi di contenzioso tra Commissione urbanistica (Comune) e Università per il progetto di Botta, poiché il progetto di quest’ultimo non rispettava i minimi stalli previsti per legge. In più, la Commissione aveva imposto a Botta di non mettere i libri nell’interrato, in quanto piazzale Sanseverino è situato in una zona a forte rischio allagamento. La biblioteca di Piano, pur risentendo dello stesso problema, non ha subito nessuna segnalazione dalla Commissione urbanistica del Comune, per cui i libri staranno sotto terra. Pur non potendoci stare.
Al posto di una “cattedrale laica”, alla fine di Via Verdi (proprio all’estremo opposto del Duomo), gli studenti e le studentesse universitarie si ritroveranno con un biblioteca decentrata rispetto al centro della vita e della routine universitaria (vedi foto che segue).

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Fonte: Questo Trentino

Ancora una volta proviamo a fare due conti.
Da una nota della PAT del luglio 2014 apprendiamo che la costruzione, compresa di progettazione, della biblioteca Botta era stimata attorno ai 60 milioni di euro. Dallo stesso documento apprendiamo che 32 milioni circa sarebbe costata la costruzione del nuovo centro congressi, mentre la riconversione del centro in biblioteca costerà 43 milioni 300 mila euro (aumentati di 1.780.000 di euro nel giugno 2015). Non sappiamo quanto siano costati i lavori dell’ormai abortito centro congressi, ma, facendo due rapidi calcoli, tra i soldi spesi per comprare il terreno e quelli che dovranno essere spesi per la riconversione, più gli aumenti noti, la PAT dovrebbe sborsare più di 75 milioni di euro per una biblioteca lontana dal suo polo universitario, più piccola e più costosa di quella scartata. Ma non finisce qui.
Nell’ottobre del 2015 Collini nomina Massimo Miglietta, ordinario di Diritto Romano a Giurisprudenza, come Presidente del Consiglio di Biblioteca, col preciso incarico di seguire l’apertura della nuova biblioteca alle Albere. Dalle sue dichiarazioni apprendiamo che il piano è quello di spostare tutto il materiale e gli uffici oggi presenti al CLA, e anche le strutture presenti all’ex Lettere, nella nuova biblioteca. Una parte della biblioteca oggi attiva al CLA rimarrà comunque attiva (ma la nuova struttura non aveva il preciso compito di riunire tutte le biblioteche in una unica?!). A questo si aggiunge l’annuncio di un certo numero di navette che la PAT metterà in funzione per trasportare gli studenti e le studentesse dal centro universitario alla biblioteca (alla faccia della sostenibilità ambientale e del risparmio che ha mosso lo spostamento della biblioteca da San Severino alle Albere).
A chiudere questi aggiornamenti, una dichiarazione di Miglietta riguardo il deserto che caratterizza le Albere e alla posizione della nuova biblioteca: “Spetterà a noi poi creare un’offerta di pregio che incentivi gli studenti a fermarsi e a frequentare la biblioteca”. È dunque chiaro che qualcuno, ai vertici dell’Ateneo, si renda conto di quanto “fuori asse” sia la nuova biblioteca. Oltre alle navette, siamo proprio curiosi di scoprire quali saranno questi incentivi.

Considerazioni a margine
Con questo approfondimento abbiamo voluto fare luce su due questioni per noi importantissime.
Da un lato il rapporto Università-Provincia. Da quanto emerge da questa raccolta di informazioni trovate su giornali e/o documenti di vario tipo, provincializzare l’Ateneo non ha significato solo far dipendere lo stesso quasi esclusivamente dalle casse provinciali. In questa vicenda l’Ateneo trentino sembra essere stato in grado di prendere decisioni per sé solo prima della provincializzazione (vedi l’acquisto di San Severino e la progettazione della nuova biblioteca secondo specifiche esigenze); dopo l’impressione che abbiamo è che, a tratti, diventi un accessorio ad uso esclusivo della Provincia. Accessorio che nel caso delle Albere è servito a tappare un potenziale flop provinciale col centro congressi in un’area morta della città, e come strumento per sostenere e rilanciare un quartiere tutt’oggi in perdita (obbiettivo già chiaro nella mente della PAT dal 2011, quando voleva comprare alcuni appartamenti alle Albere per farne degli uffici). Sul caso delle Albere, dove non è arrivata la PAT direttamente, la PAT è arrivata indirettamente tramite l’Università. Se l’immagine di un’Università imbrigliata nei giochi di potere ed economici della PAT vi sembra eccessivo, chiariamo subito. Possiamo anche assumere (anche se su questo non abbiamo certezze e dovremmo interrogarci e indagare), che l’Università di Trento sia un polo accademicamente sganciato da chi lo sostiene economicamente: decide la sua didattica, i suoi percorsi di ricerca, le sue relazioni esterne in maniera autonoma. Ma se la PAT, dopo la Provincializzazione, è in grado di determinare economicamente le risorse dell’Università, è possibile che l’indipendenza abbia dei limiti, e che le esigenze economiche e politiche, oltre che ai giochi di potere in cui è coinvolta la PAT, possono ripercuotersi anche sull’Ateneo. Esattamente come è successo nel caso della nuova biblioteca.
Un altro punto che ci preme qui sottolineare è la gestione delle risorse pubbliche. Per quanto ci riguarda, la provincializzazione dell’Ateneo significa che, se non come abitanti di una città dove spesso non abbiamo nemmeno la residenza, come studenti e studentesse possiamo (e dobbiamo assolutamente), interessarci e mettere bocca sul tipo di utilizzo che il pubblico fa delle sue risorse. Il concetto è molto semplice: se tutto esce dalle casse di mamma Provincia (e naturalmente anche dalle tasse che paghiamo come studenti e studentesse), comprese le borse di studio, le fotocopiatrici che usiamo, gli stipendi di chi ci fa lezione etc., allora possiamo e dobbiamo interessarci di come utilizza le sue risorse la cara mamma Provincia. Dalla costruzione di una linea ad alta velocità inutile e pericolosa per ambiente e salute, alla costruzione di un centro congressi inutile, alla svendita e/o inutilizzo del suo patrimonio pubblico, quello che è della Provincia riguarda tutte le studentesse e tutti gli studenti dell’Ateneo, siano essi “in sede” o “fuori sede”.
Infine, ciò che “odoriamo” da questa storia e da altre notizie ancora non ufficiali (tipo il possibile nuovo studentato nell’area dell’Ex-Italcementi, faccenda che affronteremo in futuro) è che sia in arrivo il secondo tentativo (dopo quello fatto con la costruzione di San Bartolomeo), di svuotare il centro cittadino dagli studenti e dalle studentesse. Operazione questa che permetterebbe ai cittadini trentini di preservare l’impeccabile armonia e la plastica quiete del centro urbano, pur continuando a guadagnare sugli studenti e studentesse; inoltre, l’amministrazione si farebbe bella agli occhi degli elettori, continuando a farsi campagna elettorale sulla componente universitaria della città. Posto che non ci consideriamo, come studenti e studentesse, del bestiame da sposate a destra e manca per pascolare, ancora una volta ci chiediamo: cosa c’è che non va? Il fatto che non siamo delle macchine che producono solo ed esclusivamente esami dati, CFU ricevuti, seminari seguiti, lauree raggiunte in tempi record? Il fatto che vorremmo, alla fine di una giornata, poter stare seduti e sedute in una delle piazze centrali della città, a passare qualche ora fuori dai nostri dipartimenti prima di tornare a casa? Il fatto che la plasticità del centro cittadino alle volte ci sta stretta e che la cosa che consideriamo degradante sono le ronde cittadine e i presidi di polizia nelle piazze? Di domande e possibili risposte ce ne sono tante. Ad ogni modo, i corpi estranei alla città sono altri, non certo gli studenti e le studentesse. Ma su questo torneremo in futuro.

Aprile 2016

Cosa abbiamo letto:
Trentino Corriere Alpi; L’Adige; Questo Trentino; Sito della Provincia Autonoma di Trento; Sito dell’Università degli studi di Trento; Studi Trentini Arte

[1] Dal 1990 al 1995 è stato sindaco di Trento alla guida di una coalizione che comprendeva Democrazia Cristiana, Partito Socialista Italiano e Verdi. È stato rieletto nel 1995 con un’aggregazione di forze del centro-sinistra trentino. Modello successivamente utilizzato per la Margherita nazionale.

[2] Fondazione Cassa di Risparmio Trento e Rovereto, nata nel 1990 grazie alla legge Amato è un ente privato no profit, per statuto. È una delle fonti di finanziamento della ricerca universitaria più importante del bilancio di Ateneo.

[3] Trentino Servizi è una società unica nata, per volere dei Comuni di Trento e Rovereto, per avere un unico soggetto gestore dei servizi sul territorio.

[4] Istituto Atesino di Sviluppo, facente parte della galassia di Intesa San Paolo, considerato il “braccio finanziario della curia trentina”.

[5] Istituto Trentino Alto-Adige per Assicurazioni, è una società mutua assicuratrice.

[6] Assomiglia ad un affitto mensile, in cui si versa una quota stabilita mensilmente. In realtà, stabilito il prezzo di vendita dell’immobile, raggiunta la cifra, si diventa proprietari della casa.

[7] Sindaco eletto dal 2009 con una formazione politica che comprende il Partito Democratico, Unione per il Trentino, Partito Autonomista Trentino Tirolese, Unione dei Democratici Cristiani e di Centro.