#OccupyParade – la città è di chi la vive!

Dalla nascita del Collettivo Refresh due anni fa, con l’occupazione dell’ex mensa Santa Chiara, il diritto alla città è stato, ed è tutt’ora, un punto cardine della nostra agenda e dei nostri ragionamenti. Trento infatti, città ai primi posti delle classifiche per vivibilità in tutta Italia, vive con l’ansia costante che qualcosa possa macchiare la sua immagine di città perfettamente vivibile, bomboniera della civiltà. Il concetto di “degrado” nell’ultimo anno è stato abilmente costruito e strumentalizzato da più parti politiche. Da un lato le ronde cittadine e le dichiarazioni provenienti dai comitati cittadini dalla dubbia autonomia politica; dall’altro le ordinanze anti-degrado create ad hoc da una giunta comunale, che in questo modo cerca di crearsi consensi e aumentare la sua credibilità da “giunta-del-fare”. Il campo di battaglia di queste politiche è spesso Piazza Santa Maria Maggiore (ma non solo), spazio pubblico dove sia i comitati cittadini che la giunta sperimentano tutta la loro fantasia. Il presidio permanente di forze dell’ordine, una task force anti-degrado formata da polizia e finanza per lo più, fa da sfondo ad una piazza generalmente frequentata dai giovani studenti e studentesse della città, condita dalle ronde del comitato Rinascita Torre Vanga e dalle assurde ordinanze comunali (dagli ultrasuoni al divieto di vendita di birre d’asporto dopo le 21.00). Mosse queste spinte dalla voglia di annientare il degrado ma che in realtà ricadono sulla quotidianità di chi, finita una giornata di studio dentro ai propri dipartimenti, ha solo voglia di stare qualche ora all’aria aperta, in una piazza.
Dall’esperienza di Piazza Santa Maria abbiamo iniziato un ragionamento sulla costruzione ad hoc del mostruoso degrado e su come, in realtà, vorremmo sentirci libere e liberi di determinare dal basso la città che vogliamo. Città che percepisce gli oltre 18.000 studenti e studentesse come corpi estranei, semplici affittuari e fonte di guadagno che però devono stare alle ferree regole della plasticità cittadina, senza colpo ferire.
Noi in realtà non ci sentiamo corpi estranei a questa città, anche se per alcuni e alcune non è nemmeno la propria città Natale. Per questo, sabato 7 maggio abbiamo organizzato una street parade, chiamandola Occupy Parade. Con partenza da Sociologia, abbiamo attraversato molte vie del centro cittadino, senza rispettare le restrizioni che di solito valgono per le manifestazioni pubbliche. In maniera volutamente festosa e danzante, abbiamo occupato la città con i nostri corpi in movimento, rivendicando spazi di socialità e aggregazione, fuori da ogni logica pre-confezionata di degrado e restrizione.
Durante il percorso, nonostante l’aria di festa e gioia, abbiamo comunque voluto dare dei segnali, simbolici ma chiari, su cosa per noi è il vero degrado. Abbiamo simbolicamente transennato il Comune di Trento, riprendendo l’idea di uno dei consiglieri comunali destrorsi, il quale aveva proposto di transennare le piazze più vissute per evitare il bivacco dei giovani. Con questo gesto, abbiamo voluto dire a giunta e consiglieri che le piazze sono molto più sicure se piene di gente che non vuote e presidiate da un sempre maggiore numero di forze dell’ordine, e che la socialità non è pericolosa in sé ma un diritto di tutte e tutti. Durante il percorso, arrivati alla Provincia, abbiamo simbolicamente portato sotto il palazzo della PAT diversi immobili pubblici vuoti. Infatti è noto ai più che i beni immobili della PAT hanno un valore complessivo di 52 milioni di euro.
Immobili lasciati vuoti, spesso volutamente resi inabitabili, nonostante le 500 persone in emergenza abitativa che attendono un alloggio in cui vivere (e chissà quante altre non rientrano negli elenchi ufficiali), nonostante i milioni di euro sborsati annualmente dalla Provincia per pagare gli affittii dei suoi uffici. Con questo gesto abbiamo voluto esprimere la nostra contrarietà allo sperpero e all’inutilizzo delle risorse pubbliche; risorse che, se utilizzate male, sono le stesse che vengono tagliate all’Opera Universitaria per finanziare le grandi opere inutili (come il TAV) o le grandi speculazioni economiche (come le Albere e, a quanto pare, l’ex Italcementi). Alla fine di questo lungo giro siamo giunti, non a caso, alle Albere, il quartiere fantasma di Trento, simbolo di quanto il pubblico sia assoggettato al privato.
L’Occupy Parade è stata per noi una sfida, sotto tanti punti di vista. Sfida che in parte è stata vinta da tutte e tutti coloro hanno deciso di ballare in strada insieme a noi, che hanno ascoltato le nostre parole e ne hanno condiviso il senso, che hanno portato la specificità dei propri corpi e l’hanno messa in comune. Questa esperienza non chiude nulla ma amplia un percorso che abbiamo deciso di intraprendere due anni fa, consegnandoci nuove consapevolezze e nuova linfa per rilanciare un messaggio chiaro e forte: la città è di chi la vive, senza dubbio alcuno.
Per una Trento sociale, meticcia, solidale, antifascista e antisessista, continuiamo il nostro cammino per determinare dal basso la città che vogliamo.