Nella nebbia che continua ad avvolgere il cambio dall’ICEF all’ISEE abbiamo provato a capire qualcosina in più. Non siamo degli esperti/e e non vogliamo apparire come tali. Semplicemente, se le notizie non vengono a noi abbiamo provato a cercarle, nel tentativo di capirci qualcosa.
Due parole sull’ICEF
L’ICEF è attivo in trentino dal 1993 e, sebbene oggi serve per accedere ad ogni tipo di beneficio o servizio qui in provincia, è stato pensato e creato appositamente per l’università, e quindi usato prima di tutto in questo ambito. L’obbiettivo era quello di trovare un metodo di calcolo della situazione economica degli studenti e delle studentesse che permettesse di creare una specie di classifica in base alla quale dividere l’importo delle tasse da versare e dei benefici, da distribuire a chi ne ha esigenza. A quanto abbiamo capito, l’ICEF è un sistema molto flessibile che prende in considerazione quattro fattori: reddito – patrimonio – nucleo familiare – consumi. Il reddito è tendenzialmente calcolato al netto, quindi quello che le persone hanno effettivamente a disposizione per campare (tra questi i risparmi, tipo i giacimenti in banca). Per quanto riguarda il patrimonio, generalmente la prima casa, quella dove si abita, non viene calcolata. Infine si prende in considerazione il numero di componenti del nucleo familiare, per capire quanta gente non solo “produce” ma deve anche campare con queste entrate. Infine i consumi, per stabilire il tenore di vita della gente e capire quanto “può permettersi”. Queste direttive vengono utilizzate in linea di massima per tutti e tutte ma l’ICEF è come una sorta di equazione che viene calcolata su ogni caso, persona per persona, per cui ciò che vale per una persona potrebbe non valere per l’altra. Se per esempio in un caso la prima casa è una mega-villa, questa verrà conteggiata (magari non al 100% del suo valore) ed inserita nell’equazione di cui parlavamo. Diversamente, se la prima casa è un appartamento come tanti, si tenderà ad escluderla dal calcolo finale in quanto non considerata come un “lusso”.
Due parole sull’ISEE
Questo tipo di calcolo, dicevamo, è stato partorito per l’università trentina e poi esteso altrove in provincia. A livello nazionale, sempre all’inizio degli anni ’90, a quanto pare si era discusso della possibilità di utilizzare l’ICEF in tutte le università italiane. Gli eccessivi costi previsti dall’applicazione di questo criterio però ha portato ad una scelta diversa, quella dell’ISEE. Qualche anno fa, con l’obbiettivo di scovare gli evasori fiscali, il calcolo dell’ISEE è stato modificato e i parametri utilizzati sono diventati più stringenti. Anche l’università si è ritrovata coinvolta in questo cambio e l’anno scorso ha creato non pochi problemi. Il nuovo ISEE si basa su tre fattori: reddito – patrimonio – nucleo familiare. Per quanto riguarda il reddito, questo è considerato lordo, quindi per intero. Nel calcolo del reddito finisce davvero tutto: non solo i risparmi che hai in banca ma anche eventuali sussidi monetari che si ricevono. Per capirci, vengono conteggiate anche le pensioni di invalidità o, udite udite, anche la stessa borsa di studio ricevuta l’anno prima da uno/a studente/ssa. Per quanto riguarda invece il patrimonio, questo prende in considerazione anche la prima casa, sempre, con una franchigia molto bassa, tipo al 5% (la franchigia è una quota che non entra nel calcolo del valore della casa). Infine, i componenti del nucleo familiare. Diversamente dall’ICEF, l’ISEE è un sistema più rigido, che non prende in considerazione le peculiarità di ogni caso e funziona allo stesso modo tendenzialmente per tutti e tutte.
Student@ contro il nuovo ISEE
L’anno scorso in tutta Italia, migliaia e migliaia di studenti e studentesse si sono mobilitati/e perché, già prima della sua applicazione, avevano capito che l’impatto per i/le beneficiari/e delle borse di studio e sul pagamento delle tasse sarebbe stato disastroso. “Siamo diventati ricchi e non lo sapevamo” è stato lo slogan di manifestazioni, presidi, volantini e occupazioni, perché ciò che si prevedeva, come poi è successo, è che chi fino a ieri era beneficiario/a di borsa non lo sarebbe più stato/a l’indomani col nuovo ISEE. Ed in effetti, a pensarci bene, inserire nel calcolo dell’ISEE non solo la casa d’abitazione (come se fosse una ricchezza e non un diritto, come invece è), ma anche pensioni di invalidità o la stessa borsa di studio percepita l’anno prima è assurdo. Quei sussidi che ricevi perché ne hai bisogno diventano ricchezza.
Gli effetti di questo nuovo ISEE l’anno scorso sono stati devastanti: la media calcolata su tutta Italia è stata di una perdita di ben il 20% di beneficiari rispetto al totale calcolato col vecchio ISEE (con punte massime del 40% in Sicilia per esempio). Il Ministero ha provato a dare un contentino alle migliaia di studenti e studentesse in mobilitazione, alzando di qualche migliaio di euro la soglia massima per accedere alla borsa di studio. Ma gli effetti non sono stati per nulla tranquillizzanti. E mentre Poletti si esaltava per gli esiti positivi del nuovo ISEE, che ha scovato i “furbetti” delle dichiarazioni dei redditi, migliaia e migliaia di studenti e studentesse si ritrovano oggi a dover pagare delle tasse più alte e magari a non ricevere quella borsa di studio che serve loro per studiare. Sono diventati ricchi senza saperlo e, soprattutto, senza esserlo davvero.
E quindi?
Come dicevamo all’inizio, esperti/e non siamo e non vogliamo nemmeno esserlo.
Il punto qui è un altro, almeno per noi.
Questo nuovo ISEE sembra essere uno degli ultimi tasselli che parlano della volontà di trasformare l’università nuovamente in una realtà classista, esclusiva, alla portata di pochi/e. Questo feroce attacco ai borsisti/e e alle tasche degli/le studenti/sse è un segno che va in questa direzione. E se l’ateneo di Trento si è sempre vantato del suo status speciale e provincializzato, in realtà non è così. Perché al di là dell’ISEE, che è più una scelta imposta che altro, i tagli alle borse li hanno fatti e continueranno a farli, mentre si continua ad investire risorse in cose inutili… e dispendiose. In questo, l’università spesso viene utilizzata come tampone per i cattivi investimenti della provincia, rimettendoci direttamente o indirettamente un sacco di risorse economiche.
A nostro avviso, non possiamo passare sopra tutto questo dicendo fra noi e noi “beh, è la vita, cosa possiamo farci”. Perché non è così. Si tratta di scelte politiche che portano ad un indirizzo chiaro: se puoi permetterti di studiare bene, altrimenti amen. E non ci sta bene.