Affitti: Tavolata in Provincia. fra chi ingrassa e chi non ha da mangiare.

brevi considerazioni sul tavolo aperto in Provincia fra le rappresentanze studentesche, l’Opera Universitaria e proprietari di immobili.

 

“Senza studenti fuorisede Trento perderebbe 40 milioni di euro in 4 mesi”.
Questa la ragione del tavolo di discussione convocato per l’emergenza affitti che ha visto la partecipazione provincia, sindacati, rettore e rappresentanze studentesche.

Paradossale che si inizi a parlare della situazione abitativa di studenti e studentesse solo quando iniziano a mancare i soldi nelle tasche di provincia, bar e palazzinari. Mentre sono anni che ci troviamo a denunciare una situazione che è da tempo insostenibile, con molt* student* che hanno dovuto abbandonare gli studi a causa del caro affitti o accettare i lavori più di merda per avere la possibilità di studiare. Per inseguire la promessa, puntualmente tradita, di poter fare un lavoro decente.

L’emergenza degli affitti è stata accelerata prima con l’arrivo di Airbnb a Trento, per poi esplodere durante la pandemia, con centinaia e centinaia di contratti d’affitto disdetti, come tutt* avranno notato dal ripetersi di annunci di stanze libere da subito. La provincia e l’università, dopo aver ignorato per mesi (e anni) il problema decidono di impegnarsi in un tavolo durato sessanta minuti. Come si è iniziato a parlare di regolarizzazione degli stranieri quando i latifondisti agricoli si sono accorti che senza migranti a spaccarsi la schiena nei campi per pochi spicci non ci va nessuno (se non sotto ricatto, vedi gli appelli a costringere a lavorare gratis disoccupati e recettori del reddito di cittadinanza), allo stesso modo si parla dell’emergenza affitti quando ci si è accorti che bar e palazzinari campano grazie agli student* fuorisede. E se con i migranti si propone come soluzione un permesso di soggiorno con la data di scadenza (a cottimo praticamente, tornando al discorso sul ricatto), per gli studenti si propone un bonus una tantum, pronto a finire nelle tasche, già abbastanza profonde, di chi affitta intere palazzine. Ennesimo esempio di come gli studenti universitari siano visti come mera carne da speculazione immobiliare: fanno comodo finchè c’è da pagare l’affitto, poi quando escono la sera per evitare che facciano casino, chiudiamo tutti i bar alle 23.

E pensare che c’è chi esulta per l’esito di quella che si può definire poco più di una chiacchierata. Così finita l’emergenza tutto tornerà alla normalità: palazzinari che perdono poco o nulla, affitti sempre più cari a causa dell’aumento della domanda dovuta all’apertura della facoltà di medicina,  studenti e studentesse – e le loro famiglie – impoverite dalla crisi, con, in aggiunta, l’impossibilità di trovare il lavoretto sporco, magari a nero, che ci permetteva di pagare una stanza doppia o tripla.

La questione abitativa era già un’emergenza prima del covid. Un bonus una tantum serve solo a parare il culo ai multiproprietari che da anni campano speculando sul diritto allo studio. Qui si tratta di reinventare l’abitare in città, calmierando i prezzi degli affitti mettendo un prezzo massimale nel contratto per studenti, è necessario aumentare il numero delle borse di studio – drammaticamente ridotto con il passaggio dall’ICEF all’ISEE di tre anni fa, è necessario porre fine alla speculazione sistematica sulle spalle di noi student*. Consapevoli del fatto che non sarà la provincia a cambiare questa situazione, visti i recenti tagli all’università, né un rettorato che ha sempre ignorato il problema, probabilmente ben contento della “selezione di qualità” – per non dire classista – che privilegia i “figli di” a discapito chi non può più permettersi di studiare fuori.

Con affitti e costo della vita che aumentano, ed istituzioni che pensano solo a difendere gli interessi di chi da questa situazione ci ha già mangiato abbastanza, non resta che rimboccarsi le maniche, organizzarci, difenderci da un attacco, fatto di silenziosa gentrification, che va avanti da troppi anni.