Abitare le contraddizioni – note sullo sciopero generale dell’11/10 e sui movimenti spuri

Di seguito alcune riflessioni sullo sciopero generale indetto dai sindacati conflittuali lunedì 11 Ottobre. Questa giornata ci ha portato a discutere al nostro interno su come muoverci all’interno di una sitiuazione a noi inedita. Ci auguriamo che questo testo possa portare un contributo alla discussione e possa essere un punto di inizio per trovare delle coordinate in questi tempi confusi ma, a nostri dire, cruciali per delineare il futuro campo di conflitto nel quale ci trovaremo a muoverci.
Buona lettura, Cur.

L’8 ottobre insieme ad altre realtà universitarie abbiamo convocato un’assemblea studentesca in vista dello sciopero generale indetto dai sindacati di base. Abbiamo quindi deciso di partecipare con uno spezzone studentesco, consapevoli di poter portare determinati contenuti e tematiche che richiamassero le tematiche lanciate dall@ organizzator@ della piazza quali no green pass, diritto alla salute dei territori, diritto al lavoro, la contrapposizione al TAV e in aggiunta una tematica particolare su cui stiamo lavorando da diverso tempo: la delicata situazione abitativa in città, universitaria e non. Le case sono poche e i prezzi spesso inaccessibili e inaccettabili, e questo ormai è sotto gli occhi di tutt@. La situazione esasperante apre la strada ad un crescendo di soprusi da parte dei proprietari di casa, come segnaliamo da mesi sulla piattaforma Affitto Demmerda Trento. I responsabili di questa situazione, oltre ai padroni di casa di merda e palazzinari, sono provincia, comune e opera universitaria, che hanno attuato negli anni una politica volta a vendere gli appartamenti in favore di costruzione di studentati/dormitori nelle zone periferiche della città.

Arrivat@ in piazza immediatamente ci troviamo di fronte ad una composizione eterogenea. Oltre ai sindacati di base, student@ e lavorator@, una buona fetta dell@ partecipanti è ascrivibile ai percorsi novax/nogreen pass che ogni sabato, da diverse settimane,  si ritrovano in gran numero a protestare per le vie della città.

Il contatto con questa composizione, a primo impatto, ci ha lasciat@ interdett@. In particolare, a nostro avviso, viene lasciato molto spazio ad interventi/comizi spesso dai toni deliranti (con l’exploit di zuckerberg che ruba organi di bambini) a richieste disperate (nei toni e modalità) di colloquio col presidente Fugatti (sigh). Proprio per questo motivo – è tangibile l’irrigidimento di alcune soggettività con cui condividevamo lo spezzone dinanzi a questi interventi – capiamo subito qual è la cosa giusta da fare: lo spezzone si posiziona vicino a realtà a noi familiari, portando i suoi contenuti e intonando cori contro l’opera universitaria e contro le politiche del governo Draghi – Confindustria. Dopo aver attraversato tutta la città di Trento e aver portato azioni di diversa natura, su cui non ci soffermiamo perchè bastano i pennivendoli vari a infamare e travisare la gestione delle piazze, il corteo è terminato all’ingresso della sede di Confindustria. Di fronte a un nutrito spezzone di sbirrume vario, la piazza si dispone rivolta verso quella che viene comunemente identificata come nemico comune: la sede dei padroni e degli industriali. Che sia per il TAV, per lo strumento logistico di ristrutturazione del mondo produttivo post-pandemia (aka green pass), per una sanità pubblica dissanguata o per un’università asservita ai bisogni di multinazionali il corteo si dimostra capace di individuare senza indugi i responsabili. E a noi questo non può che piacere. E ci porta a scrivere poche righe di riflessione su quello che questa esperienza ci ha lasciato, tra dubbi e insicurezze ma anche determinazione nel non lasciar appiattire il dibattito su un piano di “son tutti fascisti e vanno presi a randellate” che ultimamente stiamo vedendo correre sui social ma anche nelle piazze di questi giorni.

 

Abitare le contraddizioni

La sfida che ci pone la nostra epoca è quella di confrontarci con movimenti sempre più spuri e difficilmente inquadrabili nelle tradizionali categorie politiche.

Quarant’anni di neoliberismo hanno portato ad una composizione di classe frammentata.

Le piazze sono diventate imprevedibili (vedi i gilets jaunes), ed eccedono la nostra idea di composizione di classe di “sinistra”–  diciamolo, ormai stanca e sconfitta. Come antagonist@ dobbiamo imparare a non criminalizzare movimenti che nascono spontaneamente da spinte anche emotive e non “militanti”. Anche in queste situazioni infatti si cela un possibile nocciolo pre-insurrezionale che deve essere sviluppato e non represso sul nascere. Questo non vuol dire lasciar correre qualsiasi intervento e posizione, a volte assurde e nazionaliste, ma rimboccarsi le maniche e abitare le contraddizioni, infiltrarsi nelle crepe che vengono aperte da queste piazze e scardinarle. Può spaventare un movimento come quello no green-pass e no-vax: manca una linea politica in piazza e fuori dalla piazza, è caratterizzato da una composizione completamente spuria, con pochi obiettivi e pochi paletti imposti alla partecipazione. La dimostrazione è che allo sciopero dell’11 indetto dai sindacati di base, a Trento ma anche nel resto d’Italia, i no green pass hanno partecipato in massa senza porsi il problema di chi avesse lanciato il corteo. Certo ha fatto piacere vedere marciare migliaia di persone sotto le bandiere del sindacalismo conflittuale, non possiamo negarlo è stato un bello spettacolo, ma non dobbiamo mentirci: questo è stato possibile solamente perchè merde nazionaliste non sono state fatte entrare nel corteo, tranne pochi e silenziosi casi isolati. Le rivendicazioni del corteo erano limitate, specifiche, ma allo stesso tempo semplici e facilmente condivisibili: chi non sarebbe d’accordo di fronte allo slogan “giù le mani dal lavoro?”. Questa semplificazione del problema e la facilità nell’aver individuato nello stato, qualsiasi cosa potesse significare questa parola per le singole soggettività presenti nel corteo, ha posto le basi per un movimento di massa.

Rifiutiamo la superficialità con cui una parte de* compagn* affronta questa questione, la realtà nuda e cruda che ci sono migliaia di persone incazzate contro stato e padroni anche per motivazioni dubbie e confuse. Un tempo “il movimento” sapeva misurare e criticare gli strumenti mediatici dei padroni, a noi sembra imbarazzante l’equivalenza novax/no green pass = fascisti.

Piuttosto di scervellarsi nel trovare una posizione coerente “di sinistra” per inquadrare la situazione dovremmo invertire il nostro ragionamento: cosa sposta gli equilibri di forza a nostro favore in questo nuovo contesto potenzialmente esplosivo?

Il piano discorsivo mainstream, attualmente, sembra esserci tremendamente a sfavore. Il vaccino ed il green pass, con la conseguente demonizzazione di ogni opinione critica nei confronti di queste misure, sono attualmente i simulacri dietro il quale, scaricando la responsabilità sull’individuo, avanzano politiche reazionarie e contro-insurrezionali del governo. E questo è stato chiaro fin da subito con la fine delle misure che hanno accompagnato l’emergenza pandemica: le quarantene che non vengono più considerate dall’inps come equivalenti alla malattia o, sul piano universitario, il blocco della didattica a distanza laddove poteva essere uno strumento utile per l@ meno abbienti (con la conseguente saturazione dell’offerta immobiliare delle città produttive e/o universitarie). Queste misure si accompagnano ad altre misure infami: la sospensione lavorativa dell@ non vaccinat@, la fine del blocco degli sfratti e dei licenziamenti. La colpa viene scaricata sull@ singol@ colpevole di non aderire alla campagna vaccinale – simulacro della salvezza – piuttosto che sui veri responsabili. Come scrivevamo fin dall’inizio della pandemia “il virus si propaga per le condizioni di vita che ci sono state imposte”: lavorare, spostarsi, vivere in massa in luoghi sovraffollati e insalubri con una sanità ridotta a macerie da anni di neoliberismo. E i discorsi su sanità e cura dei territori, del “torneremo ad abbracciarci” (cap.1 del libro cuore delle conferenze di Conte durante il lockdown) vengono lasciati in un polveroso scaffale ad ammuffire.
Rifiutare il green pass come strumento retorico e logistico per riorganizzare il mondo produttivo post pandemia diventa a questo punto cruciale.

La contrapposizione tra libertà individuale (di vaccinarsi) vs responsabilità collettiva (anche qui di vaccinarsi) sembra ricalcare la tiritera sulla responsabilità del singolo con il quale il governo ci ha tenuto al guinzaglio per più di un anno. Questo non può essere il nostro piano di azione, i responsabili ce li abbiamo davanti e, mentre discutiamo sul nulla, questi si fanno delle grosse risate. Dobbiamo sfuggire alla categorizzazioni di governo e media. Noi siamo (vaccinat@ e non) gli/le sfruttat*, l@ disoccupat@, l@ precar@, l@ senza-futuro. E proprio per questo dobbiamo diventare ingovernabili, sfruttare e ragionare con altre persone che per diverse motivazioni vogliono interrompere la catena di comando e oppressione dello stato. Cacciare i fascisti dalle piazze, cacciare i padroni dai palazzi in cui si godono lo spettacolo; dobbiamo essere presenti in queste piazze, capire come spostare gli equilibri, come portare l’odio verso il vaccino in sè all’odio verso la gestione capitalistica di una pandemia capitalistica che non ci ha lasciato il tempo di piangere l@ nostr@ mort@ che già ha creato un nuovo strumento di controllo e oppressione. Non sono l@ no vax o no green pass ad aver tenute aperte le fabbriche, non sono stat@ le no vax e no green pass ad aver gestito il rapporto con gli ecosistemi in maniera deleteria e aver favorito lo sviluppo e la propagazione a livello mondiale di una pandemia, non sono l@ no vax o no green pass a sfrattarti, a darti un salario da fame e a farti perdere il lavoro. La solidarietà di classe è l’antidoto al virus retorico del governo Draghi-confindustria.

Per questo motivo in quelle piazze noi dobbiamo esserci, diventare la piazza, creare anticorpi alle presenze neofasciste e neonaziste, incanalare la rabbia anti sistema vero i veri produttori della nostra miseria, trovare nelle teorie complottiste meno strampalate i semi di una possibilità rivoluzionaria, isolare la minoranza rumorosa e inconciliabile con i nostri punti di vista dalla piazza. Come movimento dobbiamo imparare a prendere coscienza che quelle categorie, quel modo di fare politica a cui siamo abituat@ è finito da un pezzo e, car@ compagn@, sembra che siamo l@ unic@ a non essercene accort@. Siamo di fronte ad un bivio: continuare a trascinare avanti fino allo sfinimento le modalità a cui siamo abituat@, farci i nostri eventi e cortei in cui facciamo le foto studiate per sembrare una folla ma alla fine siamo sempre l@ solit@ quattro gatt@, oppure mollare gli ormeggi e navigare in mari inesplorati. Non sappiamo ancora dove ci porteranno queste piazze, ma questo abbiamo e su questo dobbiamo lavorare. Dobbiamo immergere le mani nella merda e nel fango, chi non se la sente torni nei salotti della sinistra a guardare con disprezzo classista una massa di lavorator@ sporc@ e ignorant@ che non sono in grado di prendersi una laurea magistrale per capire come gira il mondo. Noi, da parte nostra, la scelta l’abbiamo compiuta: per richiamare una parola ormai cara nel nostro immaginario, INSORGIAMO.