Invita un fascista, e te ne arriveranno altri. Perché non è nient’altro che così che poteva andare, visti gli sforzi. La caparbietà istituzionale dimostrata dall’Università di Trento e dal suo rettore Paolo Collini, nel voler inscenare a tutti i costi una farsesca conferenza di ripiego con Fausto Biloslavo, è il risultato delle pressioni politiche fatte dalla politica leghista cittadina e provinciale su tutta la faccenda.
L’attacco squadrista condotto con ombrelli, tubi in PVC, bottiglie di vetro, lucchetti e catene è stato respinto da chi si trovava in un’università. Ma ciò non rende meno grave il fatto che membri della PAT (Devid Moranduzzo, LEGA) e giovani leghisti pettinati fossero lì a guardare fascisti vecchi e nuovi venuti (anche) da altre città, nella stessa piazza. I tentativi di dissociazione da parte di quest’ultimi non sono mancati, ma già lo scorso febbraio Mirko Bisesti (assessore all’istruzione PAT, LEGA) incontrava il Blocco Studentesco (CPI). La saldatura tra destra istituzionale e destra organizzata si fa sempre più stretta ed è sotto gli occhi di tutti. La nostra solidarietà va a chi ha resistito davanti all’Università, mentre la Polizia stava a guardare.
Per quanto riguarda Fausto Biloslavo beh, che dire? Un giornalista che la notizia se la crea, che se la cerca strillando sui social e incassando solidarietà da tutto il parco giochi parlamentare sovranista, dalla stampa reazionaria e dall’editoria neofascista, ci rende la cifra del personaggio. Da uno pronto a “denunciare” le condizioni dei campi di detenzione libici, ma con parole infamanti verso le ONG e chi salva le vite in mare, plaudendo alla cosiddetta “guarda costiera libica” che dovrebbe essere lasciata in pace a fare il proprio lavoro, no, grazie, non la vogliamo sentire la lezione.
Perché su tutto quello che è stato scritto, masticato e sputato sulla vexata quaestio “Biloslavo a Sociologia” ovunque si coglie la solita manfrina del “Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire”, come se a prescindere dalla propria idea politica uno potesse essere un qualsiasi bravo lavoratore, un professionista, un tecnico, di cui ascoltare l’opinione. Rifiutiamo questa logica scadente e ci avvaliamo invece di una disposizione critica nei confronti di chi ci ritroviamo davanti. Ci interroghiamo sul ruolo che hanno nella società personaggi come Biloslavo, a cui viene dato spazio in quanto “esperto”. La banalità con cui si fa il proprio mestiere, alla luce del ruolo sociale, per alcun* invece è molto più importante.
Ci chiediamo che ruolo abbia avuto il Rettore nell’accondiscendere alle pressioni della politica (non sarà mica colpa della Provincializzazione?) ad imporre una presenza tanto scomoda ad una comunità studentesca che ne aveva espresso la criticità. Il dialogo verso chi ha invitato Biloslavo, chiedendone la sostituzione, a dirla tutta, è stato intrapreso in prima istanza da noi. Ma siamo rimasti inascoltat*.
Ci chiediamo quindi che ruolo possano assumere aggregazioni studentesche come UDU Trento, quando altre pongono il problema della presenza di personaggi che si augurerebbero che le persone venissero riportate nell’inferno libico. Come si fa a conciliare la presenza di questi personaggi con la contemporanea presa di posizione a fianco di chi salva le vite in mare?
Un’ultima nota poi sulla stucchevole narrazione anacronistica, possiamo chiamarla “brigatista”, della vicenda. Che l’utilizzo strumentale di avvenimenti storici passati per la narrazione del presente sia, ormai, prassi frequente tra le fila di chi non è in grado di argomentare se non con ambigui paragoni di cui non conosce i termini, è cosa nota. E dovrebbero ben saperlo i giornalisti di destra, prima di avventurarsi in accostamenti ridicoli, che trattamento veniva riservato alle penne reazionarie, dalle BR. Biloslavo non ci sembra di certo finito come Montanelli, né su una Reanult 4, a giudicare dalle vignette che si trovano su il Giornale. Invitiamo quindi Biloslavo, l’assessore Bisesti e tutta la compagine leghista a riaprire i libri di storia. Scoprirebbero che il mito delle “BR nate a Sociologia” è una bella panzana che fa tanto comodo tramandare. Curcio e Cagol lasciarono Trento già alla fine del ’68 per trasferirsi prima a Verona e poi a Milano, quando ancora nessun’azione rivendicata dalle BR era stata compiuta. L’esperienza della lotta armata in Italia può considerarsi conclusa da tempo ormai, ma lo studio degli ideali rivoluzionari è compito di chi non accetta il tempo presente e lo desidera cambiare, nell’attesa di una nuova aurora.
SOLIDARIETA’ AGLI/ALLE ANTIFASCIST*