Nei primi due giorni a Ventimiglia abbiamo svolto attività di aiuto e supporto materiale nei confronti dei migranti transitanti, prima fra tutte la distribuzione di vestiti. Grazie alle svariate forme di solidarietà concreta riusciamo anche ad interagire e conoscere i migranti, che ci permette di andare oltre al mero aiuto e consegna. Per queste persone Ventimiglia viene considerata solamente come luogo di transito, come molte altre città d’Italia, ma quel dispositivo che è il confine glielo impedisce. Se non sono i rastrellamenti e le deportazioni settimanali ad impedirglielo, spesso lo sono i respingimenti quotidiani da parte della polizia francese. Anche i tragitti che vengono intrapresi spesso sono letali. Il numero delle morti sui binari, in autostrada o sui sentieri infatti continua tragicamente a salire(1).
Molti ragazzi migranti della nostra stessa età intendono attraversare il confine per raggiungere altri paesi europei, con il desiderio e la volontà di poter ricercare un lavoro o semplicemente iscriversi all’università per cominciare o terminare i propri studi, diritti che dovrebbero essere garantiti a tutti e tutte a prescindere dalla provenienza, dal colore della pelle e della situazione economica. Ciò che però ha smesso di stupirci è il fatto che alcuni migranti, bloccati in Italia ormai da mesi e anni, ci raccontano di aver trascorso lunghi periodi rinchiusi nei vari CIE o Hotspot, senza mai poter contattare un avvocato o telefonare a casa. Si ritrovano quindi stremati dalla cronica mancanza di tutela dei loro diritti, dall’assenza di un sostegno legale e da un sistema di accoglienza che non li riesce ad includere e si mostra come una via senz’uscita in cui rischiano di rimanere bloccati. I rastrellamenti nella città di Ventimiglia continuano a verificarsi in modo massiccio. Il numero di forze dell’ordine presente al confine e nelle zone limitrofe si mantiene ingente. Gli agenti di polizia spesso si mostrano irrequieti e agitati a tal punto da non riuscire ad evitare di urlare ed insultare i migranti anche durante un semplice controllo.
La fortezza Europa si scaglia contro queste persone con il suo volto peggiore. La nostalgia di aver lasciato il proprio paese d’origine, malgrado le guerre, le devastazioni ambientali ed economiche, la violenza dei regimi o dei terroristi, spesso attanaglia chi si ritrova sopravvissuto ad un naufragio per riuscire ad approdare in Europa ed essere trattato come un criminale omicida. Forse è proprio questo l’obiettivo di chi si siede ai G20 per discutere di migrazioni globali: spaventare. Spaventare tutt*, chi fugge e chi dovrebbe accogliere. Provando a farci credere che la diversità sia una minaccia. Ma chi si prende il diritto di dividere il mondo in poveri e ricchi, ammessi e non ammessi, ci legittima a continuare a vedere il mondo in oppressori ed oppressi. E sempre dalla stessa parte ci troverete. Quella che si riprenderà la libertà, a spinta.
FONTI:
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