I confini degli stati lungo la rotta balcanica stanno diventando sempre più impenetrabili.
Questa è la volontà dell’Unione Europea, che lo scorso 18 Marzo 2016 ha siglato con la Turchia degli accordi in tale direzione. Malgrado ciò, i muri, il filo spinato e i manganelli non sono riusciti ad arrestare questo flusso. L’area balcanica è ancora teatro di violenze, deportazioni, respingimenti, rastrellamenti e rapimenti ai danni dei/delle migranti che tentano di attraversarla. Chi si trova in Serbia oggi cerca di muovere verso nord, imbattendosi in centinaia di chilometri di reti e filo spinato, pattugliati da polizia e civili fascisti e xenofobi ungheresi (talvolta assieme). Lungo i confini si verificano giornalmente respingimenti che vedono il ricorso indiscriminato a cani d’assalto, violenze sistematiche e pratiche di tortura. Non è raro quindi incontrare migranti che raccontano di essere stati respinti più volte e che ora si trovano nella capitale serba abbandonati a se stessi, ostaggio delle infami politiche europee in materia di immigrazione.
Attualmente in condizioni igieniche disumane, tra spazzatura e fumi tossici dentro ai vecchi magazzini della stazione centrale di Belgrado, sono presenti circa seicento migranti di origine principalmente afgana o pakistana. Sono in gran parte minori non accompagnati e vivono in uno stato di totale abbandono privati della loro dignità, sprovvisti di cibo, elettricità e acqua corrente.
Ciò che viene loro faticosamente garantito è frutto del lavoro di gruppi di volontari indipendenti, di associazioni e di Medici Senza Frontiere che, nonostante le continue pressioni della polizia e del governo serbo, riescono a garantire loro un pasto al giorno e provano a sopperire alle enormi esigenze di chi si trova a vivere i condizioni disumane.
Lo scorso gennaio due compagni* del Collettivo sono sces* a Belgrado, attraverso l’associazione veronese One Bridge to Idomeni, che opera in loco organizzando staffette di volontar* che da gennaio si sono impegnat* a scendere ogni fine settimana per monitorare la situazione e per portare aiuti umanitari.
Come Collettivo abbiamo deciso di approcciarci in prima persona alla grande tematica migratoria, andando a portare un aiuto concreto a queste persone. La nostra intenzione, come sempre, è quella di coinvolgere e coinvolgerci attraverso la partecipazione universitaria. Per questo motivo abbiamo organizzato un pranzo sociale attraverso il quale raccoglieremo fondi per questa missione, nella speranza che quanto ricevuto ci permetta di contribuire alle spese per sostenerci in questa iniziativa.
Abbiamo anche deciso di indire per la giornata di Lunedì 20 Febbraio una raccolta vestiti (cappelli, sciarpe, guanti, calzini) da portare ad Are You Syrious?, un’associazione indipendente che si occupa di trasportare vestiti in Serbia.
La volontà è quella di riuscire ad avvicinare gli/le student* universitar* al fenomeno migratorio, attraverso un racconto diretto e un momento di discussione che auspichiamo partecipato e interessato. Questo fenomeno sta investendo i nostri giorni e le nostre vite, non possiamo pensare di continuare ad ignorarlo. Chiusura, barriere, fili spinati e rastrellamenti sono le risposte istituzionali a questo fenomeno che non fanno altro che generare odio e intolleranza. Noi crediamo che la nostra generazione non debba avere paura e che debba essere disposta a impegnarsi per costruire un futuro di accoglienza, di dignità, di rispetto dei diritti umani.
Vogliamo ripartire dall’università e superare le barriere della chiusura e dell’intolleranza.
Vogliamo ripartire da noi per unirci a chi ogni giorno lotta a fianco dei/delle migranti per garantire loro diritti e autodeterminazione.