(Foto da FB: Progetto20k)
Non passeranno troppi giorni prima che la nave C-Star, noleggiata da una società di mercenari inglese1, arrivi nei porti italiani per difendere l’Europa dalla cosiddetta invasione dei migranti. L’iniziativa, promossa da Generazione Identitaria (un gruppo di estrema destra europeo), intende fermare la sostituzione etnica che pare stia soppiantando i valori culturali e nazionali degli stati europei. Non ci stupiremmo quindi di trovare dei ferventi oppositori della sfericità terrestre, tra le fila di coloro che proclamano i valori di quell’impero romano egemone sul continente e difensore della cristianità; li invitiamo a non spingersi oltre le colonne d’Ercole per adempiere ai loro scopi.
Dal canto nostro invece, a fine febbraio siamo andat* a Belgrado per supportare l’auto-organizzazione che i migranti avevano instaurato all’interno delle baracche abbandonate dietro alla stazione. Abbiamo distribuito beni di prima necessità, trovandoci nella condizione di conoscere chi da mesi e anni è in viaggio, per fuggire dalle atrocità che la Siria, l’Afghanistan e il Pakistan ogni giorno ci mostrano. Abbiamo deciso di non fermarci e di proseguire questo percorso di indagine, supporto e lotta al fianco dei migranti. Cambiando rotta anche noi.
Chi viene tratto in salvo nel Mediterraneo e approda sulle coste italiane è da considerarsi un sopravvissuto, con tutte le implicazioni che questo termine pone. Se non sono i motivi stessi del viaggio ad uccidere, spesso è la tratta stessa che seppellisce lungo la rotta migliaia di uomini e donne, anziani e bambini. Avete mai attraversato il Sahara? Provate ad immaginare di farlo senza acqua, per settimane. La siccità, le prigioni libiche, gli stupri, la traversata in mare, sono troppo spesso dimenticati da chi si riempie la bocca parlando di merito nell’accogliere quando si dovrebbe parlare di diritto all’accoglienza. E se il diritto non riesce a garantire la sopravvivenza o l libertà di ricercarsi un futuro degno, lo garantirà la solidarietà. Sono questi i motivi che ci portano a Ventimiglia, con il Progetto20k, per capire cos’è quel dispositivo chiamato confine, che, con criteri razziali e di classe, continua ad uccidere chi prova ad attraversarlo2. Ci serve per capire, per provare ad aprire degli interstizi al suo interno, mostrando le sue contraddizioni e la violenza che lo costituisce.
Abbiamo partecipato all’assemblea Sconfinamenti 3.0, tenutasi al CSA La Talpa e l’Orologio di Imperia lo scorso 8 e 9 Luglio, discutendo e confrontandoci nel merito con altre realtà solidali sui nodi che il tema dei migranti e la questione dell’accoglienza pone. A partire dalla necessità che si è palesata di riuscire ad aprire e a mantenere spazi di confronto che riescano ad unire le necessità di tutt*, occorre allo stesso tempo denunciare e contrastare i processi di criminalizzazione che nelle nostre città e nelle periferie vedono nei migranti come l’oggetto di ogni male d’Italia. Questo innesca una guerra fra poveri dove per la disoccupazione, l’instabilità salariale o la criminalità organizzata, il colpevole diventa chi è sopravvissuto: i migranti. Bisognerebbe quindi interrogarsi anche sul tipo d’informazione che viene veicolata dai media mainstream che sdoganano concetti della destra come l’aiutiamoli a casa loro o l’invasione dall’Africa, riuscendo a minimizzare la questione con una velata nota razzista di fondo, proponendo soluzioni semplici a problemi complessi. La parola accoglienza assume sempre di più connotazioni che la avvicinano di più ad una colpa, che a una virtù. E se da una parte vorremmo prima capire se per aiutarli a casa loro si dovranno mantenere i dominion coloniali capitalisti, continuare a venderci armi dentro3, depredare il territorio e schiavizzare la manodopera; dall’altro rivendichiamo spazi di battaglia meticcia, rifiutando ogni tipo di repressione imposta sulla pelle di chi sta chiedendo un futuro più degno, perché è imposta anche sulla nostra. Rigettiamo la narrazione politica costruita sull’emergenzialità, che permette ai potenti di legiferare come meglio credono e alle destre fasciste di inventarsi campagne razziste speculando su paure infondate e menzogne pericolose. Sarebbe da chiedersi come mai in Spagna dal 1991 al 2010 il numero di stranieri è aumentato di venti volte (da 350mila a 6milioni) ma malgrado i tracolli economici, la crisi, l’aumento della disoccupazione e gli attentati non esistano ad oggi partiti xenofobi di rilievo, ma anzi vediamo città come Barcellona lanciare segnali di umanità non indifferenti4.
Ci impegneremo dunque, al nostro ritorno, a rielaborare quanto vissuto per provare a portare all’interno delle mura accademiche momenti di dibattito e confronto, slegandoci dalle visioni caritatevoli e assistenzialiste che troppo spesso inquinano le discussioni nelle nostre aule. Non abbiamo più bisogno di progetti o lezioni che dipingono i rifugiati come soggetti deboli o che continuano a narrare le migrazioni come qualcosa da andare a fotografare in viaggio a Lampedusa. Quando si parla di diritti negati, di vite umane in gioco, di violenza del potere economico sul nostro futuro, non c’è barriera o confine che tenga.