Ve l’avevamo detto. Riflessioni su fascismo e antifascismo.

Le ultime due settimane sono state settimane intense, nelle quali, purtroppo, ci siamo ritrovati a dover dire “ve l’avevamo detto”, ma fidatevi che per tutti noi sarebbe stato più facile ammettere di avere torto.

Ma procediamo per gradi e partiamo dalla piccola realtà cittadina in cui vivo, Trento. Il 30 ottobre il rettore dell’università di Trento ha deciso di riorganizzare la conferenza sulla situazione della Libia, invitando nuovamente Fausto Biloslavo[1]. Il fatto che Paolo Collini, massima autorità dell’ateneo trentino si sia così tanto premurato per far sì che Biloslavo avesse la possibilità di parlare a Sociologia a Trento, ha fatto sì che esponenti dell’estrema destra, riconducibili a Casa Pound, insieme a giovani leghisti e a un consigliere provinciale della Lega Trentino, si sentissero liberi di presentarsi in 40 fuori dall’università, attrezzati con ombrelli rinforzati, mazze di pvc e bottiglie di vetro, e aggredire gli studenti e le studentesse, i quali, si erano spontaneamente ritrovati in difesa dell’università dopo aver scoperto della tutt’altro che piacevole visita dei fascisti. Il gruppo di studenti e studentesse, nonostante l’aggressione di stampo chiaramente squadrista, è riuscito a respingere per quanto possibile (non essendo dotati di tutta l’attrezzatura, di cui invece si erano dotati i bravi ragazzi di Casapound e Lega), ma due ragazzi sono rimasti feriti al volto e alla testa. Ma la serata non si è conclusa così e, come si suol dire, oltre il danno la beffa, i giovani leghisti, complici dell’aggressione tanto quanto gli squadristi di Casa Pound sono stati scortati dentro l’aula della conferenza dalla sicurezza, trovando alcuni posti prenotati e tenuti in caldo appositamente, al fianco dell’assessore Mirko Bisesti (Lega Trentino). Gli studenti e le studentesse che, invece, si erano appena sobbarcati un’aggressione, sono stati bloccati sulla porta dell’aula, un’aula universitaria. Trento, nel suo piccolo ha dimostrato che avevamo ragione quando in questi anni abbiamo continuato a parlare di antifascismo e dell’importanza di non lasciare spazio a soggetti politici come la Lega o Casa Pound o Forza Nuova. Avevamo ragione perché non appena Fausto Biloslavo è stato legittimato a intervenire in un’università pubblica, il fascismo si è palesato nella sua forma più classica, quella della violenza squadrista.

Ma purtroppo Trento e l’Università di Trento non sono state le uniche a darci ragione in queste ultime settimane. Infatti, la settimana scorsa nel quartiere Centocelle di Roma si sono verificati due incendi: il primo alla libreria La Pecora Elettrica, il secondo al Bakara Bistrot, che aveva espresso solidarietà con la libreria vittima del primo attentato. La natura neofascista di questi due episodi è chiara, così come il modus operandi utilizzato: mettere in atto azioni violente, muscolari, machiste al solo scopo di intimidire, di “colpirne uno per educarne cento”. E non è un caso che, seppur in modo diverso, siano stati colpiti due luoghi del sapere: l’università e una libreria. Sarà mica perché perfino i fascisti sanno che il sapere nasce per essere critico, nasce per accettare le differenze, per esaltarle e coltivarle, nasce per tutti e tutte, senza discriminazioni basate sul proprio genere, sulla propria nazionalità, sul proprio credo religioso e il proprio orientamento sessuale. Il sapere fa inevitabilmente paura a chi vorrebbe creare una società chiusa, con un’idea precisa di uomo e donna, sia dal punto di vista estetico sia dal punto di vista del ruolo che ognuno debba avere nella società. Fa paura a chi non vede nelle differenze una ricchezza. E la solidarietà a queste forme di sapere fa ancora più paura e va attaccata, e da qui ne deriva il secondo incendio al Bakara Bistrot.

Ma non finisce nemmeno qui perché sempre la scorsa settimana giunge la notizia che a Liliana Segre sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti sia stata affidata la scorta, a seguito dei numerosi commenti e minacce ricevute su internet. Anche in questo caso qua l’attacco è al sapere, al sapere della storia, a quello che potrebbe o, meglio, dovrebbe insegnarci. E tante persone sono rimaste stupite, si sono indignate (giustamente) di fronte al fatto che una donna di novant’anni, sopravvissuta ai campi di sterminio debba sentirsi in pericolo nel 2019.

Fidatevi che chi come me si riconosce come una militante antifascista avrebbe di gran lunga preferito dover ammettere di avere torto e mai avrebbe voluto dire “ve l’avevamo detto, il fascismo esiste e ne siamo circondati”. Ma ora che, forse, ce ne siamo resi conto, ora che ha manifestato la sua più becera faccia (anche se per me il limite era già stato superato tempo fa), che risposta vogliamo dare a tutto questo? Finalmente si potrà costruire una nuova resistenza al fascismo, fatta non solo di belle parole, ma di conflitto, di corpi che scendono in piazza, di teste che diffondono idee e di lotte in tutte le città, scuole, università, luoghi di lavoro, le quali abbiano come parola d’ordine l’antifascismo?

 

Note:

[1] Fausto Biloslavo era stato precedentemente invitato da Udu Trento, sindacato degli universitari e avrebbe dovuto parlare alla conferenza “Gli Occhi della Guerra”. Il Collettivo Universitario Refresh e altre realtà studentesche hanno fatto uscire nei giorni precedenti alcuni volantini che criticavano la sua presenza in università, a causa delle sue idee filofasciste e delle sue frequentazioni in gioventù con gruppi legati al MSI a Trieste.