Firenze. Un uomo, incensurato, di 65 anni, (dopo un sospettabile progetto di
suicidio) decide di incamminarsi armato su ponte Amerigo Vespucci e di sparare alla
prima persona che incontra, ammazzando, Idy Diene, 54enne nero, colpendolo con
sei colpi di pistola.
In apparenza e sui giornali, nessun movente razziale e xenofobo. Il reo ha
successivamente motivato il suo gesto dicendo di essere stufo dei continui litigi con la moglie per un presunto debito di 30.000 euro.
Ma il caso vuole che la vittima sia senegalese. Come Senegalesi erano Samb Modou e Diop Mor che nel 13 dicembre 2011 sono morti sparati nella stessa Firenze, per mano di Gianluca Casseri, militante di Casapound. Il caso vuole, o forse non è del tutto colpa del caso, che quest’omicidio accada a un mese di distanza dalla tentata strage fascista di Macerata, quando Luca Traini, nazifascista legato politicamente alla Lega di Salvini, decide di fare giustizia sul tragico femminicidio di Pamela Mastropietro sparando a 6 persone, tutte di colore .
La vicenda di Firenze impone la riflessione riguardo alcuni aspetti. In primo luogo, l’omicidio accade in un clima generale di intolleranza, di odio e di razzismo, alimentato da settimane e mesi di campagna elettorale e dichiarazioni pubbliche di chi oggi si appresta a fare, forse, il presidente del consiglio. In secondo luogo, il risultato elettorale di Domenica 4 marzo ci dà l’idea di come in questo Paese si stia diffondendo un sentimento di rabbia e di intolleranza generale, strumentalizzato e continuamente fomentato da quella classe dirigente che poi è risultata vincitrice alle urne.
Non è un caso che la comunità senegalese abbia da subito classificato questo
episodio come fortemente razzista e discriminatorio, a loro va tutta la nostra
solidarietà e appoggio. Non vogliamo lasciarl* sol*, e non perché, ogniqualvolta un immigrato sia vittima di violenza, ci interessi dire la nostra, ma perché la suddetta comunità è riuscita, senza troppa fatica, ad individuare e a sollevare il problema dell’odio razziale che si respira per le strade delle nostre città .
E poco importa se in Senato viene eletto un senatore nero, perché, indipendentemente dal colore della sua pelle, le sue posizioni politche rispecchiano e rispecchieranno direttamente le posizioni di un partito che fino all’altro ieri sosteneva la pulizia di massa strada per strada, quartiere per quartiere, volendo eliminare “gli indesiderati” –così come vengono chiamati i nuovi poveri, tra cui migranti, sex workers, senzatetto- per mettere fine a una situazione che viene presentata come caotica, “di degrado” e fuori controllo.
Un Paese in cui la Lega passa dal 4% al 18%, grazie alla retorica della guerra tra
poveri è un Paese accecato e disorientato. Le cause, possono derivare da molteplici fattori: dall’impoverimento generale, dalla mancanza di posti di lavoro, dalle
difficoltà che si hanno nel completare il proprio corso di studi, dalla mala gestione
dei flussi migratori. Tutti questi problemi vengono abilmente strumentalizzati dal
partito xenofobo di turno, che abilmente indirizza il malcontento generale
attaccando il più povero, categoria sociale entro la quale rientra sicuramente la
composizione migrante di questo paese, e in cui rientra anche il pensionato Roberto
Pirrone che ha commesso l’ omicidio.
Andando oltre alla storia personale dell’omicida però, quello che ci preme
sottolineare sono le continue retoriche fondate sulla paura e di conseguenza
sull’odio che identificano di volta in volta il degrado, la sicurezza, la legittima difesa, le migrazioni forzate, come fenomeni sociali il cui capro espiatorio ha sempre la pellescura, e mai bianca (eccetto per il caso delle zecche dei centri sociali), portando così una popolazione a essere perennemente in conflitto con se stessa e a frammentarsi, diventando ultra-individualista e xenofoba, per definizione: paurosa del diverso, e in questo tipo di società il diverso è chiunque. Questi anni di crisi e di feroce sfruttamento delle classi più povere, hanno permesso alla classe dominante e alla stampa sensazionalistica di far diventare la paura un sentimento quotidiano, che sovrasta e disintegra la solidarietà. Più ci spaventano, più alziamo muri e più siamo incapaci di leggere in maniera critica la realtà che ci circonda. Per fare un esempio concreto, durante la protesta legittima dei senegalesi, il problema più grande pare siano state delle fioriere danneggiate, distrutte in seguito ad una rabbia verso l’ennesimo omicidio razziale, ma che la comunità senegalese ha già provveduto a ripagare, attraverso un’autotassazione. Non c’è bisogno di eventi tragici ed “eccezionali” come la morte di un uomo, basta scendere al bar sotto casa, in un qualsiasi quartiere di una qualsiasi città per trovare chi inneggia ed elogia Luca Traini, attentatore di Macerata, dicendo che il suo unico sbaglio è stato quello di non averl* ammazzat* e di aver preso male la mira.
Siamo arrabbiat* perché siamo stanch* di piangere le vittime del razzismo di questo
paese. Siamo convint* che sia necessario e urgente aprire luoghi e spazi di confronto
su questi temi, mettendo in piedi un ragionamento che vada al di là del semplice “è
successo e ne prendo atto”, ma che punti a costruire anticorpi reali al razzismo,
attraverso il confronto e la mobilitazione.
Ci troverete tutti i giorni ai nostri posti a lottare per un mondo diverso, partendo da una via, un quartiere, una città, una scuola, un’università, in cui si abbattono i muri dell’intolleranza e si costruisce solidarietà e accoglienza.
Per questi motivi rilanciamo l’assemblea universitaria antifascista antirazzista e
antissessista il 12/03 alle ore 18.00 a sociologia in aula 10. Una nuova possibilità di combattere il razzismo sta nascendo all’interno dell’università di Trento e noi siamo pront* a cogliere questa sfida e a sostenere questo percorso.