Preparando la giornata di contestazione alla laurea honoris causa conferita a Sergio Marchionne dall’università di Trento abbiamo deciso di intervistare il professor Claudio Della Volpe, professore di Ingengneria per l’Ambiente e il Territorio presso il Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale e Meccanica, in quanto uno dei tre firmatari della lettera di opposizione alla decisione del Senato accademico di conferire la laurea a Marchionne in ingegneria meccatronica. Il professor Della Volpe ci ha poi fornito alcuni interessanti spunti di riflessione sulla condizione in cui si trova l’università di oggi.
Lei è stato uno dei firmatari degli scrittori di una lettera, qualche mese fa…
Prof Della Volpe: “Si io, Augusto Visentin e Raffaele Mauro. Il professor Pascuzzi, ovviamente essendo membro del Senato Accademico, si è opposto in quella sede. Però siamo stati gli unici tre a raccogliere questa cosa. Le lauree honoris causa sono il simbolo di eccellenza culturale. Nel tempo hanno teso a diventare un modo per farsi vedere…non è la prima volta che si fa. Marchionne è uno, laureato in filosofia, con un’altra laurea in legge, che ha fatto sempre attività privata. Cosa ha fatto? Il manager di una grande azienda capitalistica. Che merito c’è nel fare questo? Si, sarai un capitalista d’assalto, ma perché noi ti dobbiamo premiare? E questi gli danno una laurea in meccatronica, non “ci azzecca” niente la meccatronica! Si è sempre opposto alla grande iniziativa meccatronica di mercato, parliamo in termini di mercato dell’auto elettrica. Quella è meccatronica, però lui si è opposto. Ha sempre detto che non è il futuro dell’auto. Fino a qualche mese fa, ha negato di poter entrare in quel mercato. Perché ha accetto di entrare? Perché adesso il mercato si è spostato in quella direzione. Ci sono Paesi che fanno solo auto elettriche. E’ un fatto di mercato, che merito c’è nel fare questo? Che merito culturale c’è? Nessuno. Noi pensiamo che non sia un meccatronico. Se questa è l’eccellenza, l’eccellenza di uno che taglia e licenzia. E’ quello che ha chiuso gli impianti in Sicilia per esempio. Quindi stiamo premiando questo? Questo significa mascherare la realtà. Fare spettacolo e non fare scienza. Coprire cose vere. Questa è la posizione.”
Quali sono state le reazioni che ha sortito la vostra lettera?
Prof. Della Volpe: “Dal Dipartimento di Ingegneria Industriale non hanno risposto in merito, non c’è stata nessuna risposta. C’è stata una risposta dal rettore il cui approccio è stato reiterare la posizione che era stata presa.(1) Non c’è più di quella frase della motivazione ufficiale. Io penso che sia il simbolo dell’università, ma quella di Trento in particolare. c’ha un presidente un ex grande dirigente confindustriale (Innocenzo Cipolletta) abbiamo in qualche modo in quel momento scelto un certo tipo di continuità. sono continuità che hanno dato poi luogo allo statuto particolare. Le rappresentanze sono state buttate fuori dal CdA, e anche dal Senato. Chi oggi lavora in Università non può comunicare, non c’è trasmissione. Voi siete diventati dei clienti da soddisfare, quindi c’è questo atteggiamento “mercantile”. Non c’è la formazione, ma la vendita di un servizio. Sono approcci secondo me che sono coerenti tra loro.”
Voi come avete letto, o Lei come ha letto queste reazioni?
Prof Della Volpe: “Diciamo che loro in qualche modo, non entrano mai nel merito delle cose o danno per scontato una certa visione dei fatti. Una verità a senso unico. Premiare Marchionne secondo me rappresenta questo, rappresenta la logica di mercato: il vincente che si afferma in questo scontro sociale. E’ una cosa veramente misera premiare questi personaggi. Da un’università come la nostra mi aspetterei un’azione decisa nella direzione di dire, guardate questo tipo di società è insostenibile, perché questa produzione lineare “scavo tutto e butto all’aria” non si può fare. Dobbiamo andare in un’altra direzione. Fondamentalmente negano queste cose. Quindi in qualche modo Marchionne è il simbolo di questo mondo. io lo leggo così, stanno premiando questa visione del mondo. E’ un esempio veramente negativo.”
La laurea honoris causa a Marchionne può essere considerata un epifenomeno delle tendenze contemporanee che sta vivendo l’università?
Prof Della Volpe: “Si, esattamente, e in particolare la nostra che si autodefinisce di eccellenza. Diventare il vincitore nello scontro mercantile, del mercato. Sono il più bravo ad accumulare ricchezza senza preoccuparmi delle risorse naturali, dei problemi ambientali. Stiamo premiando un personaggio di retroguardia, dal mio punto di vista. culturalmente parlando. anche nello suo stesso ambito. Non è neanche il capitalista che vede il futuro, non lo vede.”
L’atteggiamento mercantile, che si va a premiare con questa laurea a Marchionne, come diceva lei prima, come si traduce all’interno dell’Università? Prima faceva un parallelismo tra il simbolo-Marchionne e il sistema università…
Prof Della Volpe: “si traducono nella competitività che diventa l’unico parametro. che cosa si propone ad uno che entra nel mondo dell’università oggi? Si propone di pubblicare il più possibile, il prima possibile. Dato che entri tardi, tendi a mettere questo elemento al centro di tutto. Almeno il tempo di capire le cose ci deve stare. Si è visto che è un modo che non va, è sbagliato. Se noi perseguissimo una logica del massimo sviluppo il più veloce possibile, andremo incontro coerentemente a problemi come succede nel campo tecnologico. Le vere ricerche significative spesso hanno tempi incompatibili con questi, non puoi chiedere alle persone di pubblicare tutto il meglio in cinque anni. Direi che fondamentalmente il punto è questo, cioè si incomincia a vedere un certo scollamento tra questo modello produttivistico e il capire la natura. L’idea che ho è che ci vuole del tempo per fare le cose. Questa logica del correre il più veloce te lo toglie insomma. Poi ci sono altri aspetti. In particolare in Italia c’è questo fatto che il professore universitario si crede un po’ un lavoratore diverso dagli altri. In altri Paesi non c’è questo problema. Nel docente italiano c’è ancora questa concezione del professionista, che è diverso dagli altri lavoratori… Questo fatto di pensarsi unici, speciali, secondo me è una debolezza del mondo universitario del nostro Paese.”
L’università di Trento è un’università provincializzata. Il connubio tra l’accordo di Milano, che ha dato vita alla provincializzazione dell’Ateneo, e questo ambiente lavorativo interno all’università caratterizzato dalle tendenze che delineava Lei prima, che cosa ha prodotto?
Prof Della Volpe: “Questa è una bella domanda. In realtà potenzialmente poteva produrre delle cose diverse. Però ha prodotto l’effetto principale del fatto che il potere politico e l’Università sono molto vicini, in tutti i sensi. Quindi c’è un fortissimo effetto di un uso di un’università da parte del potere. Il caso della biblioteca è eclatante. L’università come l’aveva pensata Kessler, era il ponte che passa da un lato all’altro dell’Adige, e lui pensava ad un’università, un campus, un oggetto unitario. Però in realtà questo non è mai stato fatto. Che cosa è successo invece? C’è stata la polverizzazione delle sedi e poi c’è stato un enorme uso immobiliaristico dell’università per minimizzare i danni del quartiere Le Albere. Cioè in qualche modo è stata sfruttata così. Io credo che si sarebbero potute fare cose notevoli, ma c’è un uso strumentale dell’università. Voi sapete che c’è un problema di finanziamento non mantenuto, alla lunga andiamo incontro ad un deficit significativo. Credo che questo sia il problema, cioè questo accordo di Milano ha stretto ancora di più il controllo politico sull’università. Che c’era già in parte, perché erano già successe queste cose di usare per esempio l’edilizia universitaria, fatta in quel modo per gestire gli aspetti territoriali. Basti pensare che tutto il polo di Povo è stato costruito senza attenzione ad aspetti essenziali come la sicurezza e altro. Abbiamo delle carenze significative da questo punto di vista. Se questa è logica dell’università di Trento che pensa di essere all’avanguardia … queste sono cose di retroguardia. A Povo 2 l’ultimo edificio costruito, ha avuto nell’arco di 4 mesi ha avuto due black out. In questi due black out non è mai partito l’impianto elettrogeno. Quella è una struttura dove ci sono 70-80 cappe chimiche e biologiche. quindi diciamo che è un edificio che senza un’aspirazione attiva, entri in condizioni di rischio. Non si è capito bene, non abbiamo avuto una giustificazione chiara dall’università.”
Questo controllo politico della Provincia sull’Università quanto è forte? E in che misura è percepito da parte di docenti, ricercatori e ricercatrici, dottorande e dottorandi?
Prof Della Volpe: “Secondo me il problema è questo. La mia impressione è che la questione la sentano, ma c’è un po’ il timore di opporsi a questa cosa. Si ha paura di perderci qualcosa. La Provincia da un minimo di contributi alle spese di ricerca e poi ci sono bandi. Ora la partecipazione a questi bandi è essenzialmente e fortemente un aspetto politico. Per esempio, i dipartimenti possono partecipare a queste cose, ma ciascuno con un progetto. Quindi tu non sei libero di partecipare come ti pare. Si decide chi può partecipare. Alla fine in qualche modo uno che si oppone rischia. Questa è un po’ la questione e le persone se ne rendono conto. Quando c’è stata la provincializzazione, sembrava che tu ti opponessi al progresso. Io all’epoca, quando ci fu questa cosa, ero in Consiglio d’Amministrazione. Ho cercato di costruire un minimo di opposizione. Alla fine per disperazione mi sono dimesso, sperando di innescare un processo di discussione. Ma questo non è successo. Quello che è successo è che alcuni miei colleghi hanno voluto una veloce rielezione di un rappresentante sulla base del fatto che le persone pensavano che questa provincializzazione fosse un’opportunità. Ma si vedeva già allora che non lo era, perché la provincializzazione fu costruita senza ascoltare il Consiglio d’Amministrazione e gli altri organi rappresentativi delle diverse figure che compongono l’Università.”
A proposito di questo clima che descriveva, noi conosciamo come viene gestito da parte dell’Ateneo il dissenso portato da studenti e studentesse. E’ una modalità di gestione, che al di là delle narrazioni dell’università che si autodefinisce democratica, aperta all’ascolto, aperta, tende a marginalizzare il dissenso studentesco. Come viene gestito il dissenso portato da docenti, dottorand*, ricercatori e ricercatrici?
Prof Della Volpe: “Voi dovete capire come è gestito il potere. Le strutture istituzionali sono i consigli d’area, che gestiscono la parte didattica, alle quali partecipiamo tutti come docenti. In cui però non si parla mai di cose di carattere generale perché questi aspetti vengono trattati in consiglio di dipartimento. Il consiglio di dipartimento in questo momento hanno regolamenti che privilegiano molto l’azione delle giunte. C’è stata una specie di piramide, che ha portato tutte le decisioni e questioni ad una sorta di “baronizzazione”. In cui alcune persone hanno un loro capitale. Quindi chiaro che puoi dissentire, ma ti trovi in una condizione di difficoltà. Questi sono aspetti consustanziali al modo di funzionare. Togli essenza alla democrazia. Non ti puoi documentare neanche, o diventa molto faticoso. E’ una situazione veramente assurda.”
La percezione che si ha vedendo gli annunci fatti recentemente dall’università riguardo l’apertura di nuovi corsi di laurea, come enologia e scienze dei dati, è che UniTn sia in espansione. Alla luce di quanto detto fino ad ora, è davvero così oppure è tutto marketing, tutta pubblicità?
Prof Della Volpe: “Anche io ho avuto questa impressione di una espansione, ma non mi riesco ad esprimere. Sicuramente si sono creati dei legami che non c’erano prima, per esempio con la Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige. Quello che io penso sia negativo è il fatto che noi non dovremmo essere in qualche modo attori così coinvolti. Secondo me nella forma in cui viene prospettato, quando c’è una vicinanza così forte, tra il potere politico e l’istituzione dell’università, si creano dei conflitti di interesse e diveniamo quasi ricattabili. La mia impressione è che questo condizionamento ci sia. Però ci vorrà un po’ di tempo per capirlo. Nel tempo c’è stato uno sviluppo troppo tumultuoso. La sensazione generale è questa.”
Tornando un po’ all’attualità, è appena terminato lo sciopero dei e delle docenti universitar* e a detta degli organizzatori ha avuto un discreto successo. Sappiamo che anche a Trento ci sono state adesioni e che questa partecipazione ha creato molto dibattito. Tra le e i docenti dell’Università di Trento? Avete avuto dei momenti di confronto?
Prof Della Volpe: “No, non ci sono stati. Non c’è stata nessuna iniziativa, o almeno in collina non c’è stata. Ci sono state delle discussioni di corridoio. Più di questo io non ho notato. C’è stata una certa partecipazione per la prima volta, ma come è stato per il resto del Paese. Toccate nella tasca, le persone si sono mosse un po’. Scioperare non è tipico del docente universitario. E’ una categoria poco sindacalizzata, che comunque ha una partecipazione abbastanza scarsa. C’è poca sensibilità su questi temi. C’è una parte delle persone che capisce che deve essere parte del complesso sociale mentre altri invece hanno questa posizione, come dicevo prima dell’essere diversi. Pensano di essere sopra. Quindi per tornare alla tua domanda, c’è stata una discussione, ma del tutto in via informale.”
Ora che lo sciopero è finito, verranno date delle letture di questo momento di mobilitazione della docenza universitaria. Lei che lettura da di questo sciopero?
Prof Della Volpe: “Secondo me è ancora presto per capire le conseguenze. Però sicuramente, qui a Trento come altrove, c’è stato un parziale di risveglio d’interesse, perché non c’è stato il tentativo di unificare, facendo un’assemblea in cui coinvolgere anche le figure che non fanno lo sciopero, ma che sappiamo che hanno problemi, come i precari, il personale tecnico. Non c’è questa mentalità. Il sindacato non ha lanciato questa cosa. C’è un risveglio, ma è molto limitato. Non lo vedo come un grande evento.”
NOTE
(1) Delibera del Senato accademico del 23 novembre 2016: «[…] Ritenuto che il dott. Sergio Marchionne, dall’esame del suo curriculum vitae, si distingue come esperto nella disciplina per la quale si propone il conferimento del titolo onorario.». Conferenza stampa del 19 luglio 2017: «La proposta – si legge nella delibera del Dipartimento – trova motivazione nell’eccezionale professionalità, impegno ed efficacia di Marchionne nella gestione di diverse realtà industriali ai massimi livelli internazionali. La sua carriera professionale è connotata da una chiara visione strategica, tempestività e indipendenza di decisione. Queste qualità, supportate da una profonda competenza tecnica, gli hanno permesso di affrontare e di gestire con successo trattative estremamente complesse, favorendo in tal modo il rilancio del settore automobilistico nazionale e, di conseguenza, l’innovazione e lo sviluppo nell’ambito dell’Ingegneria meccatronica».