“Intreccio di saperi e di competenze”
Tornato dalla formazione di Mediterranea non riesco a fare a meno di pensare alle potenzialità espresse e ancora in divenire di questo progetto. Provare a fare una restituzione di tutto ciò che è stato detto mi riesce molto difficile per la densità e la concentrazione dei contenuti e perché alcuni incontri si sono svolti in contemporanea, tuttavia raccontare ciò che è stato affrontato è necessario e lo vorrei fare a partire dalla giornata di sabato, giorno in cui è iniziata la formazione teorica. Dalle 9.00 del mattino si sono riuniti a Labàs in vicolo Bolognetti circa un centinaio di persone, studenti e studentesse, attivist*, psicologi/psicologhe, legali, infermieri, medici, giurist* ecc in attesa di essere formati sulle modalità pratiche con cui operare un soccorso in mare.
Formazione sul soccorso in mare
Max e Marc di Sos Mediterranèe parlano solo inglese, ma sono chiari e diretti in ciò che ci stanno per spiegare. Il soccorso in mare lo fanno da anni e danno subito l’idea di essere molto competenti. La presentazione teorica dura circa due orette. Per salvare vite in mare non basta essere formato, bisogna principalmente essere lucidi, stare calmi, e aspettarsi di tutto. Bisogna anche riuscire a non farsi prendere dallo spirito eroico e non pretendere di salvare tutti contemporaneamente, ma cercare di adottare la strategia migliore, anche se dovesse richiedere più tempo. Si può riuscire al 100% oppure no. Tutto dipende dalle condizioni del mare e del gommone in cui si trovano i/le migranti. Dipende anche molto dallo stato d’animo nostro e delle persone che ci troviamo a salvare. Per il rescue non è ammesso il fallimento perché si tratta di vite umane in fuga dai centri di concentramento libici.
Ci si divide in tavoli di lavoro e io decido di seguire quello sul ruolo del guest-coordination. Giulia e Alice ci hanno spiegato come vengono gestite e coordinate le attività sulla nave.
Di cosa si occupa il guest coordinator?
Le possibilità di situazioni di stress e di tensione in nave dipendono da molti fattori. Sicuramente dalle condizioni psicologiche delle persone appena salvate. Il fatto di intrattenere con loro delle conversazioni può essere molto importante. Dipende anche dalla composizione degli ospiti, se per esempio ci sono malati si provvederà a fare un primo controllo. Possono verificarsi molte situazioni differenti, tutte ugualmente delicate e difficili da affrontare: per esempio, può accadere che i vestiti si bagnino di acqua salata e benzina incollandosi alla pelle e provocando delle ustioni, come può succedere che ci siano bambini o donne incinte che hanno bisogno di più cura e attenzione. Tutto questo obbliga a sviluppare una capacità di fare coordinamento continuo tra i membri dell’equipaggio per monitorare la situazione e fare in modo che l’operazione di salvataggio si svolga al meglio. Ciò che è importante è non alimentare episodi di tensione interna, favorendo un clima sereno e leggero, ma allo stesso organizzando ogni momento nei minimi dettagli.
Assemblea plenaria
Uno degli aspetti più rilevanti per chi si approccia al fenomeno delle migrazioni è comprendere cosa succede in Libia. Ciò che è sicuro è che il conflitto-civile in corso si inserisce all’interno di un conflitto globale in cui sono spesso presenti interessi nazionalisti di paesi come Francia, Italia, Egitto, Stati Uniti e Russia. Certamente per comprendere ciò che si sta sviluppando bisognerebbe tenere in considerazione gli interessi economici che derivano dal possesso del petrolio. Ciò che fa indignare è che questo paese in piena guerra civile abbia dichiarato una propria zona SAR e si sia dichiarato competente per operazioni di salvataggio, (cioè se lo stato italiano riceve una richiesta di soccorso, non fa altro che inoltrarla alla guardia costiera libica). Il mediterraneo in questo senso può essere visto come un campo di battaglia delle migrazioni. Le migrazioni portano con sé un desiderio collettivo di libertà, di felicità e di ricchezza. Si deve accettare la libertà di movimento come superamento dei paradigmi precedenti, che nella gestione dei flussi migratori, hanno prodotto morti in mare, esternalizzazione dei confini, evoluzione e militarizzazione dei mezzi di controllo. I paesi nord-africani che dovrebbero contribuire a controllore in nome e per conto dell’Ue i propri confini, hanno subito negli ultimi dieci anni enormi stravolgimenti e trasformazioni che hanno contribuito a modificare gli spazi di circolazione interni all’Ue: basti pensare alla chiusura del confine a Ventimiglia o all’accordo Ue-Turchia.
Tutto questo avviene costantemente sotto i nostri occhi e si inserisce all’interno di quella logica che vede il diritto come strumento produttivo di dominio e di sfruttamento e non come strumento di tutela per diritti e libertà. Anche sul piano nazionale non manca questo approccio: dalle leggi sul caporalato, alle leggi sull’immigrazione clandestina vi è un tratto incriminante, non tanto di una condotta penalmente rilevante, ovvero lesiva di un bene giuridico da proteggere collettivamente, ma di un modo di essere del soggetto coinvolto. In sostanza, i comportamenti di chi migra vengono valutati e regolamentati con un intento sempre più intollerante e repressivo.
Conclusione e riflessione personale
Credo che oggi sia giusto mobilitarsi, mettersi in gioco perché nella guerra in atto le vittime sono principalmente tutte quelle persone che muoiono in fondo al mare, affogate nel grande capitolo del dimenticatoio della storia dell’umanità. Chi si salva è perché affronta la morte, le violenze, i soprusi. Dovremmo essere fier* ed orgoglios* di accogliere persone così coraggiose e invece spaventa non sapere che cosa ci riservi un mondo globale e molti e molte si rinchiudono nell’indifferenza. Se salvare una vita equivale a un reato di tipo economico vorrà dire che si pagherà, sapendo che la pena sarà sempre e comunque irrisoria rispetto al valore della libertà di movimento e della vita. I governi italiani che si sono succeduti negli ultimi anni hanno la responsabilità della morte di centinaia di migliaia di persone. L’UE pure. La strategia? Tolleranza zero per gli/le immigrat* clandestin* Con quali strumenti? Accordi, finanziamenti a organizzazioni criminali e repressione di polizia. Non restano altre soluzioni se non provare ad attraversare illegalmente le barriere che si moltiplicano. Ora come ora lo stato è responsabile di vendere come legalità una situazione di “illegalità legalizzata” Sostiene che chi entra senza documento nel territorio è illegale e quindi dovrebbe andarsene perché non rispetta la legge. Il problema è che non ci sono modalità legali e sicure di ingresso nel territorio italiano. O meglio l’unica possibilità sarebbe quella del visto che si può prendere solo in alcuni casi specifici e in alcuni paesi. Il dato concreto è che si costringono persone a migrare, per poi sbattere loro la porta in faccia! Schierarsi con Mediterranea significa salpare per aprire crepe e difendere diritti e libertà
È tempo di nuove sognatrici di nuovi pirati e di nuovi partigiane.