Perché è così difficile essere antisessist*?

Riflessioni alla luce delle giornate di autoformazione “Pratiche quotidiane di conflitto per combattere il sessismo”, all’interno del percorso CONDIVIDI I SAPERI, COSTRUISCI IL CONFLITTO

Antifascismo, antirazzismo e antisessismo sono o perlomeno dovrebbero essere le basi di tutti i movimenti sociali cosiddetti “di sinistra”, per quanto si possa ancora parlare di destra e sinistra. Tuttavia, se su antifascismo e antirazzismo si tenda a essere sul pezzo, quando si tratta di antisessismo ci si trova sempre in difficoltà. Questo perché il sessismo è frutto di un contesto culturale, etero-patriarcale, che esiste da secoli e che, nonostante i progressi, le conquiste, le lotte, non siamo ancora riuscit* a scardinare del tutto. Se possiamo essere più o meno cert* di non aver mai agito in modo fascista o razzista, non possiamo forse dire lo stesso sul sessismo. Probabilmente è capitato a tutt* noi di utilizzare epiteti come zoccola, puttana, mignotta, di giudicare una persona in base alle sue scelte sessuali (puttaniere, ragazza facile, ecc) o di fare battute su gay, lesbiche e trans. Ma perché facciamo questo? Perché è così difficile essere veramente antisessist*?

Forse una risposta unica e assoluta non c’è, sta di fatto che per essere antisessist* bisogna partire da se stess*, dal proprio privato, dal proprio modo di parlare e di esprimersi, dal proprio modo di approcciarci a una persona che ci attrae, per poi riportare queste piccole pratiche quotidiane e private nei propri spazi politici, provare a collettivizzarle e diffonderle. Per combattere il sessismo dobbiamo in qualche modo cambiare in primo luogo noi stess* per poi poter pensare di cambiare il resto del mondo. Le pratiche sessiste pervadono così tanto la nostra società occidentale e passano così spesso nel silenzio e nell’indifferenza che il lavoro da compiere è doppio se non triplo.

Sicuramente il primo passo da fare è creare dei momenti che siano aperti, inclusivi e che partano dalle proprie esperienze per poi riuscire a elaborare risposte politiche e collettive. Bisogna lavorare sulle nuove generazioni, quelle che ancora non sono state totalmente influenzate da questo modello culturale, che diciamocelo, è strutturalmente sessista. Bisogna ripartire dalle basi, dal linguaggio e dal modo in cui ci relazioniamo con l’altr*, provando a sradicare tutti quei costrutti mentali che inevitabilmente ci portiamo appresso da quando siamo bambin* e ci regalavano i soldatini o le bambole a seconda del nostro sesso di nascita.

La sfida che ci si pone davanti di certo non è delle più semplici ma abbiamo la forza e le capacità di combattere il sessismo in tutte le sue forme!

Questa riflessione deriva dalle due giornate di autoformazione tenutesi allo Spazio Autogestito Hurriya di Sociologia. Le due giornate si sono fondamentalmente divise in due parti: in primo luogo ci si è concentrat* sull’individuazione del concetto di sessismo cercando di capire cosa significhi e quali siano le pratiche da contrastare quotidianamente. È stato un momento di autoriflessione e autocritica, partendo dalle proprie esperienze personali, con un particolare focus sul linguaggio e sul modo in cui ci relazioniamo agli e alle altr*, soprattutto nel mondo virtuale dei social networks; la seconda parte dell’autoformazione è invece entrata più sul pratico, provando a individuare un piano politico di risposta al sessismo e ipotizzando alcune possibili iniziative. Per esempio, è stata affrontata la tematica del taboo di essere donna, con una particolare attenzione alla questione della pink tax e della tassazione spropositata dei beni di prima necessità, come gli assorbenti. Inoltre, si è provato a parlare di pratiche di autodifesa autogestita e auto-organizzata che si potrebbero organizzare in modo collettivo. Tutte queste idee cercheranno di trovare a breve un risvolto pratico…